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Il potere è uno spazio inquieto. Il nuovo libro di D’Ambrosio

Per gentile concessione dell’editore Castelvecchi pubblichiamo una parte dell’introduzione del nuovo libro (che esce in contemporanea anche in spagnolo) di Rocco D’Ambrosio, docente di Filosofia politica, dove si affronta il potere dal punto di vista antropologico ed etico: chi esercita il potere è prima di tutto uomo o donna, con tutto il suo carico fisico, intellettuale ed emotivo

Capire ed esercitare il potere è esperienza per persone mature, umanamente e professionalmente adulte e, tale esperienza, può senza esitazione essere definita un’impresa ardua. Lo è perché i suoi sentieri sono traversi, indiretti e tortuosi, come fa dire Shakespeare a Enrico IV, quando si appresta a trasmettere il regno a suo figlio:

«Iddio sa, figlio mio,
per quali sentieri traversi, e per quali vie indirette e tortuose,
io sia pervenuto a questa corona.
Ed io medesimo so anche troppo bene
quanto inquieta ha posato sul mio capo».

Le corone inquiete pesano sulle teste di coloro che detengono il potere, creano problemi a coloro che si rapportano ad esso, lasciano spesso senza parole coloro che cercano d’interpretarlo. Il potere, infatti, ha in sé un fondo d’inquietudine, che turba, sia chi lo vive per realizzare giustizia e pace, sia chi, come il personaggio shakespeariano, ha usato tanti trucchi, astuzie e delitti per ottenerlo e, ne continua ad usare, per conservarlo.

Certo l’inquietudine non è la sola caratteristica del potere: ce ne sono diverse altre e vanno sempre studiati aspetti della scena e degli attori, ciò che si nasconde dietro la scena o, meglio, al vissuto di chi la attraversa, specie nei suoi aspetti formativi. Il legame intrinseco tra l’essere del leader e dei membri dell’istituzione o gruppo, il loro bagaglio formativo porta a comprendere quanto la validità delle analisi sul potere sia strettamente connessa alla loro spendibilità in campo educativo. Esse non sono pure analisi tecniche, che mirano al miglior funzionamento delle istituzioni, né tanto meno un machiavellico vademecum per ottenere e conservare il potere. Detto altrimenti, il capire il potere deve essere di aiuto a chi si occupa e preoccupa di formare i leader e i collaboratori, a cui questi fa riferimento e, attraverso questi, portare un contributo valido al vivere bene di tutti.

La forza e l’efficacia di ogni studio sul potere è strettamente dipendente dall’attenzione al dato antropologico ed educativo: genitori, educatori, insegnanti, politici, magistrati, dirigenti d’azienda o di pubblica amministrazione, sindacalisti, responsabili di comunità di fede religiosa, di associazioni o organismi nazionali o internazionali, leader di una qualsivoglia comunità sono spesso classe dirigente di basso profilo, perché hanno ricevuto una formazione insufficiente. Ciò significa che bisogna ritornare a scommettere sulla formazione personale, sociale, comunitaria e politica, in tutte le agenzie educative – famiglia, scuola, università, partiti, associazionismo, comunità di credenti – privilegiando la qualità alla quantità, sia di contenuti che di strategie. Una valida formazione non solo abbassa il livello di inquietudine e di paura in tutti, leader e non, ma risana il potere, circoscrivendolo entro i confini che gli sono propri.

Lo studiare il potere, il formarsi per esercitarlo, il verificare continuamente la sua qualità umana ed etica, ci portano a prendere sempre più coscienza di quanto il potere sia una parabola umana per eccellenza. O di quanto, per mantenere il linguaggio teatrale, il potere sia, a seconda dei casi, tragedia o commedia nella vita di ogni persona umana; rappresentazione comunque profonda, pregnante, rivelatrice, affascinante.

Tutto quello che abbiamo vissuto finora, in piena pandemia, ha prodotto meno danni dove i responsabili delle varie istituzioni, con la collaborazione dei cittadini, sono stati persone mature umanamente ed eticamente, sufficientemente competenti e disposte a farsi aiutare, e risolvere le varie emergenze, da scienziati ed esperti. Ma ha prodotto più danni dove i responsabili sono stati immaturi, riprovevoli dal punto di vista etico e incompetenti. E tante sono state le domande, che in piena crisi, ci siamo posti sul senso del potere. Per diverse di esse questo saggio offre una risposta.

Il tentativo di rispondere alle domande fondamentali sul potere non appartiene, quindi, solo alla ricerca scientifica, ma anche alla vita quotidiana, alla semplice esperienza che ognuno di noi ha nelle varie istituzioni in cui è inserito, da quelle più semplici come la famiglia o una piccola associazione a quelle più complesse come aziende, scuole, università, associazioni, comunità di credenti, sindacati, partiti politici, strutture burocratiche, organismi nazionali ed internazionali. Ovunque s’incontrano forme di potere.

Le riflessioni del saggio sono divise in tre capitoli: 1. La natura del potere; 2. Nelle mani di chi ha potere; 3. Lontani o vicini al potere. È un itinerario che vuole prima di tutto precisare alcuni contenuti fondativi dal punto di vista teorico, e poi passare ad analizzare la prassi concreta di coloro che detengono un potere nelle varie istituzioni, per concludere con uno sguardo a coloro che affiancano e si relazionano frequentemente ai leader. Ovviamente senza la pretesa di essere esaustivi in materia così complessa e delicata: il potere, infatti, è veramente una scena inquieta.


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