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È tornata l’emergenza immigrazione e la maggioranza si spacca

La ministra Lamorgese ha richiesto alla commissaria Ue Johansson un meccanismo temporaneo di solidarietà tra gli Stati europei per ricollocare le persone soccorse in mare. Enrico Letta vuole trasformare Irini in una missione per il salvataggio in mare. Proposta subito rigettata dalla Lega. Tutti gli aggiornamenti

Facciamo un esempio per inquadrare il tema dell’immigrazione da un’angolatura precisa. Nel 2019 i cittadini del Bangladesh che vivono in Italia hanno mandato alle loro famiglie d’origine 856 milioni di euro, scesi a 707 l’anno scorso. In entrambi gli anni, nella classifica seguono la Romania (che però è uno Stato membro dell’Unione europea) e quattro paesi asiatici: Filippine, Pakistan, India a Sri Lanka.

Si tratta di rimesse che arrivano sia da immigrati regolarmente residenti in Italia sia da quelli irregolari e sono tracciabili solo i bonifici attraverso banche e money transfer. Per quale motivo il governo del Bangladesh dovrebbe riprendersi i propri cittadini irregolari senza aiuti economici a fronte della rinuncia a cospicue rimesse e guadagnandoci un disoccupato in più? Naturalmente per nessun motivo questo banale esempio vale per la quasi totalità di migranti che lasciano molti paesi africani sperando nell’Italia e nell’Europa.

Lamorgese chiede solidarietà

Un meccanismo temporaneo di solidarietà tra gli Stati europei per ricollocare le persone soccorse in mare è la richiesta che il ministro dell’Interno, Luciana Lamorgese, ha presentato al commissario per gli Affari interni, Ylva Johansson, in un colloquio telefonico. A questo obiettivo immediato dovrà seguire, nelle intenzioni italiane, un nuovo patto sull’immigrazione e l’asilo. La Johansson si augura ora una solidarietà europea nei confronti dell’Italia “davanti a questa enorme quantità di persone che arrivano in pochissimo tempo” anche se tutti sono consapevoli che è più difficile in periodo di pandemia. Contatti con gli Stati membri sono in corso da parte della Commissione.

Il massiccio arrivo a Lampedusa negli ultimi giorni ha fatto scattare l’allarme rosso anche se si sapeva che il problema stava per esplodere. Secondo i dati del Viminale, fino alla mattina di oggi (10 maggio) sono arrivate 12.894 persone rispetto alle 4.184 dell’anno scorso e alle 1.009 del 2019. Solo nella giornata di domenica ne sono arrivate 1.950. Il centro di accoglienza scoppia, avendo ospitato fino a circa 2.200 persone rispetto a una capienza di 200, e a fatica si stanno spostando centinaia di migranti in hotspot di altre località siciliane e su navi Covid per la quarantena.

La gran parte arriva dalla Tunisia, con 1.716 arrivi, nonostante gli sforzi del governo di Tunisi che solo tra l’8 e il 9 maggio ha fermato 215 persone per metà tunisine e per metà provenienti da vari Stati africani. Seguono la Costa d’Avorio con 1.292 e il Bangladesh con 1.216. Inoltre la Guardia costiera libica ha fermato 700 persone mentre cinque, tra le quali un bambino, sono annegate per il capovolgimento della loro barca.

La cabina di regia

Si parla di un coordinamento che coinvolga la presidenza del Consiglio e i ministeri di Interno, Difesa ed Esteri che rischia di ottenere scarsi risultati se l’Unione europea non passerà ai fatti. L’anno scorso la gran parte degli arrivi avveniva con piccole barche dalla Tunisia, impossibili da fermare, nelle scorse settimane navi di Ong hanno ripreso a raccogliere migranti in mare mentre negli ultimi giorni stiamo assistendo a sbarchi molto numerosi (e quindi ben organizzati) su imbarcazioni di fortuna.

La Tunisia ha una crisi economica acuita dalla pandemia che sta bloccando anche i voli che riportavano dall’Italia alcune centinaia di migranti ogni mese e il 20 maggio il ministro Lamorgese sarà di nuovo a Tunisi con il commissario Johansson, che non potrà limitarsi a esprimere comprensione: si cercherà un accordo finalizzato a frenare le partenze e aumentare i rimpatri in cambio di un sostegno economico al quale contribuirà anche l’Europa.

La Libia, invece, resta preda di una disgregazione che favorisce i trafficanti nonostante le buone intenzioni del Governo di unità nazionale il cui ministro degli Affari esteri, Najla Al-Mangoush, farà visite bilaterali nei Paesi confinanti da cui originano i flussi migratori per cercare accordi finalizzati a rimpatri organizzati e puntando a strutture regionali per contrastare il contrabbando e la tratta di esseri umani. E’ evidente che anche in questo caso ci sarà bisogno di aiuti economici.

Visioni opposte nel governo

Mario Draghi deve maneggiare un problema gigantesco: un conto è far pesare la propria autorevolezza per convincere finalmente gli altri Stati a fare il loro dovere, riattivando come minimo l’accordo di Malta per arrivare poi a una redistribuzione vera, un altro conto è trovare la quadra tra visioni opposte. Se Giorgia Meloni dall’opposizione può rilanciare facilmente il blocco navale (inattuabile), Matteo Salvini ed Enrico Letta parlano linguaggi inconciliabili.

Il leader leghista, forte dell’esperienza al Viminale, ha sollecitato un vertice con Draghi e Lamorgese spiegando che chiederà al presidente del Consiglio che “l’Italia si comporti come Spagna, Grecia e Francia” perché “gli altri Paesi non stanno aspettando l’Europa, ma stanno difendendo i loro territori con pieno diritto. Il presidente Draghi dice che meritiamo rispetto e anche sul fronte dell’immigrazione meritiamo rispetto”.

La linea del Pd e i dubbi del suo elettorato

Parlando di questi temi in un’intervista a Formiche.net nel novembre 2019, Lia Quartapelle, capogruppo Pd nella commissione Esteri della Camera, disse che durante la campagna elettorale del 2018 il suo partito cercava di spiegare quanto di buono avesse fatto l’allora ministro Marco Minniti e la risposta era: “Però è arrivato troppo tardi”. Oggi Letta rilancia l’idea alla base della vecchia missione Mare nostrum varata quando era presidente del Consiglio chiedendo che la missione Eunavfor Med Irini (comandata dall’ammiraglio Fabio Agostini) venga trasformata per diventare “la missione che consente di gestire il salvataggio in mare”.

Dunque non più una missione per far rispettare l’embargo sulle armi, ma una vera missione Sar, ricerca e soccorso, perché “l’Europa deve fare di tutto per far sì che queste regole vengano rispettate, come quelle di ricollocamento e di gestione”. Proposta subito definita una provocazione dal sottosegretario leghista all’Interno Nicola Molteni. Detto che è quasi impossibile che l’Ue cambi le regole d’ingaggio perché nessuno Stato vuole più migranti, resta il dubbio che il nuovo segretario del Pd non abbia capito che buona parte dei suoi elettori la pensa come quelli di diversi altri partiti. In ogni caso, Draghi dovrà mediare tra chi vuole frenare le partenze e chi ipotizza un’accoglienza massiccia.

I migranti climatici

Nei prossimi giorni il governo dovrà gestire l’emergenza quotidiana, ma si parla ancora poco di quello che accadrà nei prossimi mesi quando saranno presentate le prime domande di asilo da parte dei migranti climatici, cioè di coloro che fuggono da siccità e carestie come moltissimi africani, il tipico “migrante economico” che nessun governo occidentale ha mai voluto accogliere per evidenti impossibilità.

Oggi invece è previsto dalla nuova normativa approvata lo scorso dicembre dal Conte II modificando i decreti sicurezza di Salvini, normativa che ha inoltre reintrodotto la vecchia protezione umanitaria chiamata “speciale”. Quella legge fu approvata a malincuore dal Movimento 5 stelle, che nel governo precedente era con Salvini, e forse non è chiara al capogruppo di Forza Italia al Senato, Anna Maria Bernini, che chiede l’immediato rimpatrio dei migranti economici oltre a proporre a sua volta una rimodulazione della missione Irini davanti alla Libia per bloccare il traffico di esseri umani. Un blocco navale senza dirlo perché si è al governo. Grande è la confusione sotto il cielo.



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