Esce “Giulio Andreotti e l’intelligence. La guerra fredda in Italia e nel mondo” (Rubbettino). Il curatore Mario Caligiuri: “Studiare la sua vicenda significa comprendere in profondità la storia della Repubblica”
“Giulio Andreotti e l’intelligence. La guerra fredda in Italia e nel mondo” è il titolo del testo curato da Mario Caligiuri appena dato alle stampe da Rubbettino. Il volume si inserisce nell’ambito degli approfondimenti storici e scientifici che l’Università della Calabria sta promuovendo per fare diventare l’intelligence materia di studio nelle università del nostro Paese.
Dopo “Cossiga e l’intelligence” del 2011 e “Aldo Moro e l’intelligence. Il senso dello Stato e le responsabilità del potere” del 2018, adesso viene approfondita la figura di Giulio Andreotti. È in preparazione un ulteriore studio su “Enrico Mattei e l’intelligence”.
Il saggio su Andreotti contiene contributi di Vera Capperucci della Luiss “Guido Carli” di Roma, Tito Forcellese dell’Università di Teramo, Paolo Gheda dell’Università della Valle d’Aosta, Luca Micheletta dell’Università “La Sapienza” di Roma, Giacomo Pacini, ricercatore e saggista, Luca Riccardi dell’Università di Cassino e Federico Scarano dell’Università della Campania “Luigi Vanvitelli”.
Così illustra il volume il curatore Mario Caligiuri dell’Università della Calabria e presidente della Società Italiana di Intelligence: “A più di cento anni dalla nascita, Giulio Andreotti continua a suscitare opinioni molto discordanti. In questo volume viene affrontato con un approccio scientifico il tema delicatissimo e sostanzialmente inedito dei suoi rapporti con l’intelligence. Prima da sottosegretario alla presidenza del Consiglio dei ministri e poi progressivamente da ministro della Difesa, capo del governo e ministro degli Esteri ha rapporti costanti con i servizi segreti. Iniziano dal 1947, quando viene delegato da Alcide De Gasperi come direttore dell’Ufficio zone di confine quando Trieste era ancora contesa e la Nato dava vita a organizzazione di resistenza in caso di invasione sovietica. Proseguono poi negli anni Cinquanta e Sessanta da responsabile del ministero della Difesa nel confronto costante con il comparto militare, impegnato pure in complesse forniture di carri armati tedeschi a Israele. Da presidente del Consiglio deve affrontare prima l’emergenza del terrorismo con l’apice dell’omicidio di Aldo Moro e poi il crollo del muro di Berlino, che segna la fine della guerra fredda combattuta principalmente attraverso lo spionaggio internazionale. Da ministro degli Esteri, dopo il bombardamento di Lampedusa del 1986 interrompe le relazioni diplomatiche con la Libia, mantenute aperte attraverso i servizi per garantire la fornitura del petrolio indispensabile per l’Italia. Inoltre, grazie alle analisi dell’intelligence, spesso speculari ai giudizi degli ambasciatori, osserva le trasformazioni della politica sovietica, comprendendo in anticipo che la fine mondo bipolare avrebbe potuto costituire ‘un disastro’. Consapevole del ruolo fondamentale dei tempi dell’informazione, è lui che rende pubblica nel 1974 la circostanza che Guido Giannettini era un informatore del Sid e nel 1990 dichiara in Parlamento l’esistenza di Gladio. Chiamato in causa in innumerevoli e complesse vicende politiche e giudiziarie, Andreotti si è servito dei servizi o li ha utilizzati nell’interesse del Paese? A tale quesito di fondo, prova a fornire le prime risposte questo volume, che raccoglie i saggi di autorevoli storici italiani. Dal quadro che emerge, studiare la vicenda di Andreotti significa comprendere in profondità la storia della Repubblica, soprattutto per verificare la fondatezza di una sua ironica osservazioni maturata nella temperie di quegli anni: ‘A volte penso che sarebbe meglio sospendere per un paio d’anni l’attività di tutti i servizi, forse le cose si rimetterebbero a posto’”.