Agenda ricca per i ministri della Difesa dell’Unione europea riuniti a Bruxelles: Sahel, Ucraina, Libia, Mozambico e il percorso per l’atteso “Strategic compass”. Presente anche il segretario generale della Nato, Stoltenberg, che incassa l’apertura della Pesco a Stati Uniti, Norvegia e Canada sulla mobilità militare. E per Guerini è “il momento del salto di qualità della presenza in Africa”
La Difesa europea entra nel vivo. Oggi, a Bruxelles, l’Alto rappresentante Josep Borrell ha riunito i ministri della Difesa per discutere degli impegni dell’Ue, Sahel in testa, e dare ulteriore impulso al processo sullo “Strategic Compass”, l’attesa bussola strategica che dovrà mettere ordine tra priorità e obiettivi facendovi convergere i Paesi membri. Con Lorenzo Guerini e colleghi c’era anche Jens Stoltenberg, segretario generale della Nato, sia per la consuete collaborazione tra le due organizzazioni, sia per accogliere il via libera alla partecipazione di Stati Uniti, Canada e Norvegia al progetto Pesco dedicato alla mobilità militare. È il sintomo dell’apertura della Difesa comune ai partner extra-Ue, un tema su cui l’Italia ha lavorato molto e continua a lavorare.
IL CONTESTO
Il Consiglio odierno è arrivato a un paio di settimane dal vertice informale a Lisbona, tutto dedicato allo Strategic Compass, e organizzato dalla presidenza di turno portoghese. A febbraio, il Consiglio europeo (il primo di Mario Draghi) aveva trattato il tema, dando il massimo input istituzionale per seguire il tracciato già individuato. La scorsa settimana, il Parlamento europeo ha approvato definitivamente il Fondo europeo per la Difesa (Edf), dotato di 7,9 miliardi di euro fino al 2027 per co-finanziare progetti di ricerca e sviluppo in campo militare. Tutti i segnali indicano dunque che la Difesa europea sta davvero entrando nel vivo. Oggi, l’agenda per i ministri era densa: prima il consiglio direttivo dell’Agenzia europea per la difesa (Eda), e poi il consiglio del Centro satellitare Ue. Nella riunione ministeriale, ha detto Borrell, si è porta “attenzione a ciò che sta accadendo al confine ucraino e al confine russo” e “alla situazione nel Sahel, che non sta migliorando”.
TRA SAHEL…
Si lavora a dare omogeneità a una molteplicità di missioni già in campo nella regione. Tra loro, extra Ue, anche la task force Takuba promossa dalla Francia, a cui partecipa anche l’Italia, con l’obiettivo di fronteggiare il terrorismo jihadista che imperversa nell’area. Il nostro Paese è impegnato a trovare maggiore coordinamento con le altre missioni, a partire dall’integrazione dell’impegno tedesco “Gazzelle” nella Eutm Mali, e nel coordinamento con la Eutm Somalia. “Sul tema della nostra presenza in Africa – ha detto Guerini – credo sia il momento per un salto di qualità dell’impegno dell’Unione europea, attraverso una strategia che veda la disponibilità di risorse adeguate e la promozione di un’azione sinergica e sistemica che comprenda tutte le iniziative europee di sicurezza e difesa, a livello multilaterale e bilaterale, in armonia con l’insieme degli altri strumenti di cooperazione e di assistenza politica ed economica che sono il suo punto di forza”.
… E LIBIA
L’interesse italiano è la lotta al terrorismo e la stabilizzazione dell’area, funzionale anche alla pacificazione della Libia. Oggi a Bruxelles si è parlato anche dell’operazione EuNavFor-Med Irini, guidata dall’ammiraglio Fabio Agostini, il cui mandato è stato da poco rinnovato per due anni. Non è un segreto che l’Italia stia cercando di assicurare all’operazione dotazioni più rilevanti, nonché per modularla affinché, oltre all’embargo di armi, lavori su capacity building, in particolare nell’addestramento a Guardia costiera e Marina libiche. Oggi Guerini ha auspicato “una maggiore contribuzione da parte di tutti” e ha evidenziato l’esigenza di “sviluppare ulteriormente il dialogo e la cooperazione con il nuovo Governo di unità nazionale libico”.
LE FORZE NECESSARIE
A fornire un quadro strategico comune per tutto questo arriverà lo Strategic compass. “L’approccio integrato alle crisi, attraverso un efficace coordinamento tra le attività militari di Politica comune di sicurezza e difesa e quelle civili, deve rappresentare la cifra distintiva dell’Unione europea”, ha detto Guerini. “È importante in questo senso garantirci la disponibilità di una adeguata capacità di livello strategico per la pianificazione e la condotta delle missioni ed operazioni”. Parole simili a quelle del generale Claudio Graziano, presidente del Comitato militare dell’Ue: “Affinché l’intero progetto di gestione delle crisi dell’Ue sia credibile, il requisito minimo, ma imperativo fondamentale, sarà la possibilità di disporre di una forza prontamente dispiegabile, completamente interoperabile e dotata di elementi di combattimento, logistica, trasporto e Ict”.
LA MOBILITÀ MILITARE
La presenza di Stoltenberg alla riunione odierna è servita a certificare che la Difesa europea procede come complementare alla Nato. Oltre le consuete dichiarazioni, a dimostrarlo è arrivata l’approvazione del Consiglio dell’Ue per l’invito a Usa, Canada e Norvegia ad aderire al progetto Pesco “Military Mobility”, che segue la richiesta dei tre Paesi. È l’unico tra i 47 programmi Pesco già avviati a vedere la partecipazione di ben 25 Paesi, cioè tutti quelli che hanno aderito alla Pesco stessa. A guida olandese, punta a semplificare e standardizzare le procedure per i trasporti militare all’interno dei confini europei. Si tratta di snellire le procedure burocratiche per i passaggi lungo tutte le linee di comunicazione, ma anche di verificare l’adeguatezza delle infrastrutture. Evidentemente, il tema interessa la Nato, intenzionata a migliorare la capacità di proiezione delle forze in Europa. Lo scorso novembre, la prima edizione della revisione coordinata annuale sulla difesa (Card) dell’Ue, collocava la mobilità militare tra le “sei capacità cruciali”, insieme a velivoli del futuro e carri armati di nuova generazione. Come loro, anche la “military mobility” è ritenuta “di forte impatto”.
UNA “CAPACITÀ CRUCIALE”
Lo è da tempo, tanto che la Commissione aveva proposto (ormai nel lontano 2018) ben 6,5 miliardi di euro per lo strumento della “Connecting Europe Facility”, nell’ambito del bilancio settennale 2021-2027. Poi, i vari negoziati al Consiglio europeo, l’hanno portata a 1,5 miliardi. A consentire l’ingresso di Usa, Canada e Norvegia c’è il regolamento approvato a inizio novembre dal Consiglio dell’Ue. Consente la partecipazione “eccezionale” ai progetti Pesco per Paesi esterni all’Unione. Lo possono fare “su invito”, stante il rispetto di alcune condizioni “legali, politiche e sostanziali”. Quelle politiche riguardano soprattutto la condivisione dei principi dell’Ue e della piena convergenza agli interessi di sicurezza e difesa dell’Unione e degli Stati membri. Quelle sostanziali parlano di “fornire un valore aggiunto al progetto” in termini expertise tecnico o capacità in più, incluso supporto operativo o finanziario. Gli aspetti legali riguardano invece la necessità di un accordo sulla sicurezza delle informazioni che lo Stato terzo deve avere con l’Ue (e con l’Agenzia europea per la Difesa, Eda, se coinvolta). Nonostante la complessità delle procedure, per la “mobilità militare non dovrebbero esserci particolari problemi”, soprattutto considerando che l’argomento è da anni al centro di approfondimenti in seno alla Nato tra Paesi europei e Stati Uniti.