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L’energy-diplomacy di Berlino? Dopo il nordafrica, rotta sui Balcani

Il gettone da 50 milioni per il Green Transport a Tirana rientra nella strategia di insieme tedesca, che si pone come alternativa allo strapotere cinese in quella macro area

Dopo Tunisia e Marocco, l’Albania. Berlino continua con la sua energy-diplomacy in chiave geopolitica e punta forte sui Balcani. Ha concesso una fiche da 50 milioni per finanziare il progetto Green Transport a Tirana per introdurre un sistema di trasporto urbano ecologico e climatico. Ma oltre l’intervento in sé, spicca la strategia di insieme tedesca, che si pone come alternativa allo strapotere cinese in quella macro area.

QUI ALBANIA

L’accordo è stato siglato tra i due governi per un finanziamento da 50 milioni di euro, tramite la Banca Tedesca di Sviluppo (KfW). Lo stanziamento economico è stato deciso dopo una lunga fase di analisi costata 1,7 milioni secondo cui l’alta velocità dei trasporti pubblici a Tirana porterà benefici in vari ambiti. La partnership tra Germania e Albania è datata 1988, anno in cui l’azione della KfW ha preso avvio: fino ad oggi ha movimentato più di un miliardo di euro in settori strategici come la gestione dei rifiuti, lo sviluppo sostenibile e l’approvvigionamento idrico. Al momento Berlino è il principale donatore nel paese delle Aquile. Anche per questa ragione guardando oltre il singolo progetto green si intravede la direzione di marcia intrapresa dalla Germania nel costone balcanico.

QUI BALCANI

In un altro settore, come quello del dossier serbo-albanese, ad esempio, Berlino ha fatto sapere di non condividere l’opzione di uno scambio territoriale tra serbi e albanesi (“L’integrità territoriale degli stati dei Balcani occidentali è già un dato di fatto e non può essere cambiata”, ha precisato la cancelliera Angela Merkel). L’idea fatta circolare nelle scorse settimane suggeriva la creazione di una Grande Serbia, una Grande Albania e una Grande Croazia proprio al fine di sanare le tensioni nazionali che ostacolano l’integrazione dell’UE nella regione. Il no tedesco è stato suggellato anche dal ministro degli esteri Maas (“L’idea che le cose possano essere risolte con nuove linee su una mappa non è solo irrealistica, ma è anche pericoloso iniziare questa discussione”).

SCENARI

Una partita, quella balcanica, che si lega a doppia mandata ad altri due macro temi intimamente connessi: l’allargamento dell’Ue a est e le intromissioni dei super players come Cina, Turchia e Russia. Ragion per cui l’energia e, in modo particolare, l’energy-diplomacy in chiave geopolitica mira anche (o soprattutto) a impedire uno strapotere di altri soggetti che in alcuni paesi è oggettivo. Altri due esempi sono indicativi della complessità generale del tema Balcani: appare complicato effettuare un censimento nella Macedonia del Nord. Il motivo? Le passate tensioni tra la maggioranza macedone e la minoranza etnica albanese hanno impedito la registrazione della popolazione in un paese in cui i diritti dipendono dalla rappresentanza numerica. Inoltre in Kosovo spunta un nuovo allarme: secondo il presidente serbo Aleksandar Vučić una grande potenza sta lanciando una richiesta di ritirare la Forza KFOR e la Missione delle Nazioni Unite (UNMIK) della NATO dal Kosovo, chiedendo al contempo al segretario generale della NATO Jens Stoltenberg di intervenire.

Il tema scivola fisiologicamente sulle mire cinesi nei Balcani, dove la Cina con la Belt and Road Initiative punta a influenzare le più importanti rotte commerciali del mondo. Le sue azioni in Montenegro, Macedonia del Nord e Serbia secondo Maas rischiano di far perdere all’Ue i Balcani occidentali. Sotto la presidenza Vučić, la Serbia ha registrato il record di cooperazione con la Cina, con almeno 10 miliardi di dollari di investimenti cinesi diretti nel paese, in meno di un decennio.

twitter@FDepalo



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