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Il cyber esercito libico alza il tiro e attacca gli Usa. La reazione dell’ambasciata

Dopo le diffusione incrociata di falsi documenti a scopo di destabilizzazione politica tra Tripoli e Bengasi per la prima volta viene tirato in ballo il neo inviato statunitense Norland. I tweet dell’ambasciata americana con dichiarazioni che avrebbero fatto scalpore. Peccato che erano fake

A pochi giorni di distanza dalla nomina dell’ambasciatore americano in Libia, Richard Norland, come (anche) inviato speciale degli Stati Uniti, avviene un fatto sottovalutato dalla gran parte dei giornalisti libici, abituati a navigare nel mare di fake news quotidiano, ma che rappresenta un salto di qualità nella guerra cibernetica condotta da quello che viene definito “l’esercito elettronico” di Tripoli e Bengasi.

Se in passato infatti venivano coinvolti in questa guerra mediatico-elettronica unicamente esponenti del governo di accordo di unità nazionale libico o della Banca centrale e dell’apparato militare di Khalifa Haftar, ora per la prima volta viene coinvolto anche un rappresentante straniero, l’inviato statunitense appunto.

L’occasione è stata quella dell’incontro al Cairo tra Norland e il presidente del parlamento libico, Aguilah Saleh. Secondo il portavoce del parlamento di Tobruk, Hamid al-Safi, le due parti hanno discusso circa gli effettivi passi compiuti per andare avanti nel lavoro concordato con i risultati della conferenza di Berlino. In questa occasione quindi il rappresentante Usa ha rinnovato il punto di vista di Washington sulla mancanza di una soluzione militare alla crisi libica. Il consigliere per i media di Saleh ha sottolineato che la visita di quest’ultimo al Cairo era basata su un invito ufficiale americano. La fonte ha aggiunto che Norland ha informato Saleh che Washington imporrà sanzioni a coloro che ostacolano le istituzioni libiche e sosterranno l’unificazione dell’establishment militare nel paese. Si è discusso infine della compatibilità della visione statunitense con quella della sua controparte egiziana riguardo all’uscita di tutte le forze straniere e mercenari dalla Libia.

Si tratta quindi di un’occasione ghiotta per le fazioni più estreme a Tripoli e Bengasi, che non vedono di buon occhio un rafforzamento del ruolo degli Stati Uniti in Libia, di intervenire per intorbidire le acque e delegittimare il lavoro di Norland diffondendo una falsa notizia. Per l’occasione è stato usato un falso tweet a firma dell’ambasciata Usa a Tripoli che avrebbe fatto dire al suo diplomatico: “Chiediamo a Khalifa Haftar di uscire dalla scena politica libica e di presentarsi davanti alla magistratura”.

Una dichiarazione che avrebbe suscitato scalpore se fosse stata vera e la reazione indignata dell’est libico. Ma è stata la stessa ambasciata Usa in Libia ad intervenire smentendola categoricamente e inserendola nella categoria delle fake news. “Qualcuno sta cercando di ingannarti: ecco un tempestivo esempio di disinformazione individuata tra gli utenti libici. Questo falso post è stato inviato come immagine, NON come collegamento o incorporamento all’account Twitter dell’ambasciata degli Stati Uniti. Perché? Perché non esiste alcun tweet di questo tipo”, si legge oggi sull’account Twitter dell’ambasciata Usa a Tripoli. L’avvertimento dell’ambasciata Usa è stato rilanciato poche ore dopo, in piena notte, dal sito libico “Libya alHadath”, notoriamente legato al generale Haftar, il quale solo nel titolo accusa “i media dei Fratelli musulmani” di aver fabbricato questo falso tweet.

Che il suo nuovo incarico fosse molto delicato lo si era capito subito. I gruppi della società civile e i partiti democratici nazionali libici avevano subito espresso la loro felicità per la nomina di Norland a inviato speciale degli Stati Uniti in Libia. In una nota avevano affermato che il diplomatico ha lavorato “instancabilmente durante l’ultima fase per consentire al popolo libico di compiere passi verso l’uscita dal tunnel della crisi, formando un’autorità esecutiva unificata e fissando una data per le elezioni presidenziali e parlamentari dirette del 24 dicembre”. Il problema è che da una parte e dall’altra c’è chi non vuole arrivare a queste elezioni e l’ostacolo più grosso riguarda proprio l’uscita dei mercenari dal paese.

Molti osservatori e analisti libici hanno confermato che la nomina di Norland dimostra che Washington gli ha voluto affidare anche compiti che potrebbero non essere stati annunciati. Il ministero degli Affari esteri libico, commentando la nomina di Norland, ha sottolineato l’importanza di adottare una posizione unificata della comunità internazionale che supporti efficacemente il processo politico. Il giornale “al-Quds al-Arabi” ha invece commentato che “con l’esperienza di Norland nei rapporti con la Russia in particolare, diventa chiaro quanto gli Stati Uniti siano disposti a svolgere un ruolo attivo attraverso di lui, soprattutto per quanto riguarda la presenza russa sul terreno, che è diventata preoccupante, ignorando tutte le richieste di uscita e di ritiro”, riferendosi ai mercenari della Wagner.

La diffusione di false notizie è ormai all’ordine del giorno a Tripoli e a Bengasi, come hanno spiegato diversi giornalisti sul posto a “Formiche.net”. Questo modus operandi è esploso in particolare lo scorso novembre, quando si è svolto il forum del dialogo politico di Tunisi che ha portato alla formazione del governo unitario di Abdulhamid al-Dabaiba. In quei giorni venivano fatti circolare dei documenti in apparenza ufficiali, ma in realtà falsi, che mischiavano alcune parti effettivamente in discussione della bozza di accordo con una parte puramente inventato. L’obiettivo era quello di far fallire il dialogo e all’epoca le forze fedeli al generale Haftar erano state accusate di essere i mandanti. Al punto che la stessa Stephanie Williams, la rappresentante speciale “ad interim” del segretario generale delle Nazioni Unite in Libia dell’epoca, è stata costretta ad intervenire scrivendo: “Attenzione alle frodi e alla disinformazione che mirano a interrompere il corso del Foro di dialogo politico”, con un post sul profilo Facebook della missione Unsmil.

Arrivando invece a questi giorni, nei quali il tema più importante riguarda la bozza di bilancio dello Stato 2021 che la prossima settimana il parlamento è chiamata a votare. e dalla quale dipende il futuro del governo Dabaiba, è circolato un documento falso a firma del Supremo Consiglio di Stato nel quale si diceva che era consentito al governo ratificare il bilancio anche senza il via libera della Camera, cosa chiaramente gravissima e provocatoria per i deputati di Tobruk. Un altro documento falso di questi giorni, che si sospetta sia stato diffuso da parti presenti a Tripoli, afferma che il Governatore della Banca centrale libica, al-Sadiq al-Kabir, aveva dato il via libera a finanziare il bilancio dello Stato anche senza il voto del parlamento. Per non parlare delle decine di volte che il portavoce di Dabaiba, Mahmud Hamuda, è intervenuto direttamente scrivendo in privato ai giornalisti per smentire falsi comunicati a lui attribuiti o la veridicità di falsi profili Facebook sorti a nome del suo esecutivo.

Alla guerra dei falsi documenti che circolano tra i giornalisti libici, e che spesso finiscono anche sulla stampa considerata accreditata a Tripoli e Bengasi, va aggiunta la fabbrica di troll dei paesi coinvolti nel conflitto libico, principalmente Russia e Turchia, presenti sui social network che in vario modo cercano di intervenire nella crisi.

Oltre 1,3 milioni di persone hanno seguito una delle pagine Facebook dedicate alla Libia: non saranno tutti libici a seguirla, chiaramente, ma se si considera che il Paese conta circa 7 milioni abitanti la dimensione è chiara. Tra i contenuti veniva spesso sponsorizzata la necessità di “liberare il Paese dai terroristi”, che è una ovvia priorità, ma è anche uno degli slogan fissi del signore della guerra dell’Est Khalifa Haftar, che dalla Cirenaica sta cercando da anni – con le armi – di intralciare il processo di riunificazione e pacificazione pensato dall’Onu. Nella sua missione esistenziale – che ha come obiettivo diventare il nuovo rais – Haftar riceve sostegno dagli Emirati Arabi, dall’Egitto e dalla Russia, nonché ha ricevuto appoggio meno esplicito da parte della Francia.

Nello specifico, per esempio, si parlava di un film su due russi tenuti prigionieri dalle forze del governo Gna di Tripoli durante il conflitto del 2019. I due, accusati di info-ops a favore di un figlio di Muammar Gheddafi, Saif al-Islam, che vorrebbe lanciarsi in politica, sono stati poi liberati, il film su di loro non esiste. Un’altra prerogativa del network digitale era quella di distruggere il processo di dialogo che si è aperto dopo che è stato raggiunto un cessate il fuoco intralibico. Il metodo usato era costruire contenuti falsi a proposito delle attività della Fratellanza musulmana, accusata di essere responsabile di far saltare il tavolo. È vero che l’organizzazione panaraba sta creando problemi perché voleva posti importanti nel futuro del Paese, è altrettanto vero che le realtà dell’Est la ritengono un avversario (quando parlano di terrorismo si riferiscono anche ai Fratelli), ma molti dei contenuti diffusi erano completamente falsi – altri alterati ad uopo.


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