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Draghi e draghetti. Piepoli dà le pagelle alla politica italiana

Dieci punti di gradimento in meno in due mesi non sono spiccioli. Nicola Piepoli, decano dei sondaggisti italiani, spiega il rapporto tra gli italiani e il governo Draghi: troppi litigi (inutili) fra partiti, troppi ostacoli sul percorso. E un’incognita Lega che può decidere le sorti della legislatura

Giuseppe Conte è come Mario Draghi, un civil servant. Solo dieci volte più piccolo”. Nicola Piepoli è il decano dei sondaggisti italiani e civil servant si sente anche lui. Solo che, ci confida, a lungo andare anche i “servitori” del Paese stufano un po’. Tant’è che a tre mesi dall’atterraggio di “Super Mario” a Palazzo Chigi l’entusiasmo lascia spazio a un filo di rassegnazione.

Perfino lui, l’uomo da Francoforte, ha subito un po’ l’impatto con il ginepraio della politica romana, di segreterie e segretari. “Draghi sta mettendo in riga i partiti, peccato che gli italiani non ci credano. Pensano che sia un governo come gli altri, e che tale resterà. Ha solo una differenza, i soldi del Recovery”.

Parlano i numeri: “Due mesi fa la fiducia del governo era sopra il 50%, ora è intorno al 40%. Non è scontento, è disamore”. Per cosa? “Una stanchezza di fondo, come quella che, dicono, sopraggiunge al settimo anno di matrimonio. Dovuta al Covid, alle restrizioni, a una frustrazione che porta all’esplosione di piazza a Milano, per l’Inter. Panem et circenses, gli italiani ora non chiedono altro”.

Si diceva, caduto il Conte-bis, che il “sistema Draghi” avrebbe domato, addomesticato i partiti italiani. E invece qualcuno ha saputo adattarsi, altri no, dice Piepoli. “Il Pd è il partito che meglio si è adattato, i Cinque Stelle quelli più a disagio”. Perché? “Soffrono per le lotte intestine, le stilettate reciproche. Ora come ora, sono un partito estraneo alla governabilità”. E Conte? “Fatica anche lui, perché è un uomo d’ordine che deve governare un disordine senza precedenti. Senza di lui, quell’ecosistema politico è destinato a disgregarsi. Può salvarlo, ma loro devono riconoscerlo”.

La vera spada di Damocle sul governo, però, si chiama Lega. Che forse litiga meno al suo interno, ma ingaggia un duello al giorno con tutti gli altri, da Enrico Letta a Giorgia Meloni. Il duello con il neo-segretario dem, spiega Piepoli, finirà in pareggio. “La guerra la vince chi non la fa. Se continuano a sfidarsi e punzecchiarsi perdono entrambi. Perdono l’occasione di salvare il Paese e metterci sopra la firma”.

Che dire invece dei fratelli coltelli nel centrodestra? “Lo scontro con FdI è più di facciata, Salvini e Meloni si stanno spartendo i compiti, è un gioco di ruoli necessario. Si dividono il mercato elettorale, pressano il governo, uno da dentro, l’altra da fuori. Il centrodestra ha la maggioranza dei voti degli italiani, se litigano hanno solo da perdere”.

Chiudiamo con una provocazione: e se fosse lui, Mario Draghi, la figura giusta per guidare il centrodestra una volta finita l’emergenza? E se si facesse tentare dalla politica come Conte? “Neanche per idea. Conte è una persona brillante, come Draghi. Ma è un draghetto, non ha la stessa forza di pensiero. Draghi lo vedo con una sola casacca, il tricolore”.

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