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Se Boris Johnson mescola destra e sinistra. Il mosaico di Fusi

La Gran Bretagna dei nuovi confini e barriere commerciali spazza via l’asfittico dibattito su dove è meglio stare e se c’è ancora un posto politico dove militare. Una bella lezione

Per tutti quelli che hanno messo su il vinile “né di destra né di sinistra” considerandole categorie di archeologia politica, arriva un rimbombo hard rock dalla swinging London che fu e che torna alla ribalta non per i negozi di Carnaby Street bensì per la voglia di confronto ideale.

Succede che Boris Johnson, l’ex ragazzo perennemente scapigliato che viene da una famiglia benestante ultra borghese, si è laureato ad Oxford ma continua ad avere l’allure vincente di figlio del popolo, dopo aver sbaragliato per l’ennesima volta il Labour nelle elezioni amministrative del 6 maggio scorso, va in Parlamento e tira fuori due progetti di legge per difendere il free speech, cioè la libertà di pensiero nelle Università e sui social e, scusate il bisticcio, cancellare la cancel culture, ossia quella simpatica mania per cui è giusto abbattere le statue di Cristoforo Colombo reo di aver schiavizzato i popoli che aveva “scoperto”.

In altri termini, il giochino intellettualmente spocchioso con il quale si giudica con gli occhi e le categorie mentali di oggi, fatti accaduti secoli fa in tutt’altro contesto e situazione. Due misure ovviamente accompagnate da salate multe per chi non le rispetta, che si inseriscono nel solco del conservatorismo britannico con l’obiettivo di salvaguardare ed esaltare la libertà di pensiero, anche quella scomoda, perfino quella provocatoria. Una battaglia a viso aperto che mette nel mirino il politically correct che al contrario minaccia di diventare una gabbia sia mentale che di comportamento per milioni e milioni di persone.

Johnson è un personaggio che da questa parte della Manica insistiamo a considerare bizzarro. Per le sue affermazioni apodittiche, per la sua capigliatura così poco formale per gli inquilini di Downing Street. Dove l’attuale premier britannico è andato ad abitare assieme alla sua compagna Carrie Symonds, classe 1984 (lui ne ha venti di più) senza essere sposati. Non era mai avvenuto. Da sindaco di Londra, Johnson ha reinserito il latino come materia di studio nelle scuole pubbliche inglesi della Greater London, contea cerimoniale di Londra insieme alla Città di Londra.

E ha realizzato vere e proprie autostrade riservate alle biciclette. Insomma cultura e spirito green. Il primo ministro ha sconfitto non solo i laburisti (troppo facile) ma il subdolo virus del Covid; ha dato uno spessore vero alla Brexit e, adesso, rinverdisce i fasti del pensiero liberale classico, che non accetta vincoli e soffocamenti intellettuali. Salvo quando si esprimano in intolleranza.

Anzi, contro ogni tipo di intolleranza, anche quella “corretta” e di moda. Il conservatorismo inglese si riveste così di un’aura – absit iniuria verbis – ideologica, un’autostrada stavolta di pensiero volta a contrastare i fanatismi e le scorciatoie storiche che tanto attraggono. È la destra che le barriere doganali della Brexit non ferma: al contrario sedimenta in un rinvigorito armamentario ideale.

Però c’è anche la sinistra. Eccome se c’è. È sempre dal Regno Unito uno dei suoi guru con l’immagine spiegazzata e appassita ma con la mente per nulla atrofizzata, lancia l’appello: di estremismo si muore. Lo fa Tony Blair con un articolo-manifesto pubblicato su NewStatesman. All’indomani dell’ennesima batosta elettorale, l’ex premier inventore del New Labour spiega con la schiettezza che gli è abituale che il pensiero laburista-socialista “ha bisogno di una decostruzione totale oppure perirà” visto che “i partiti politici non hanno alcun diritto divino di esistere e i partiti progressisti di centro e centro sinistra stanno affrontando l’emarginazione, se non addirittura l’estinzione, in tutto il mondo occidentale”.

La ricetta di Blair – su cui pesa la maledizione delle armi di distruzione di massa di Saddam per giustificare l’invasione: armi mai trovate – è tanto dura quanto lineare: “La questione progressista sta tutta qui. In un’epoca in cui le persone vogliono il cambiamento in un mondo che cambia e un futuro più giusto, migliore e più prospero, i progressisti radicali non sono ragionevoli e quelli ragionevoli non sono radicali. La scelta è quindi tra chi non riesce a ispirare speranza e chi ispira tanta paura quanta speranza”.

Un’analisi di sinistra che viaggia parallela con un’implementazione di pensiero di destra. La Gran Bretagna dei nuovi confini e barriere commerciali spazza via l’asfittico dibattito su dove è meglio stare e se c’è ancora un posto politico dove militare. Una bella lezione. Destra e sinistra che si confrontano culturalmente prima ancora che politicamente. Un messaggio che dovrebbe far riflettere, a fondo, i tanti scettici e “nuovisti” dal pensiero debole. E confuso.


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