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Il caso Tajani e la famiglia. La versione di Pedrizzi

Lettera aperta del senatore Riccardo Pedrizzi sulle parole del coordinatore nazionale di Forza Italia, Antonio Tajani riguardo il concetto di famiglia

Sono passati dei giorni ma non si attenua la polemica contro Antonio Tajani. Diciamo la verità che la sinistra insorgesse (Azzolina, la ex ministra dell’Istruzione, quella dei banchi a rotelle, tanto per intenderci) e qualche suffraggetta del centrodestra, era scontato, che invece l’aggressione venisse anche dall’interno del centrodestra ove ci si proclama “liberali” è veramente strano ed oltretutto impolitico.

Ma cosa ha detto il Coordinatore nazionale di Forza Italia, Antonio Tajani, di tanto scandaloso: “La famiglia senza figli non esiste, perché ha anche un ruolo sociale, mettere al mondo nuovi individui. Chi per egoismo lo esclude non svolge quel ruolo”? Il parlamentare europeo si riferiva non a chi non può averli, evidentemente i figli, ma a quelli che, per non assumersi responsabilità preferiscono appunto o non fare figli che impedirebbero loro vacanze e divertimenti (avere figli richiede sacrificio), oppure possedere cani e gatti come si vede da tante pubblicità dove si proclama: “Questa è la nostra famiglia”. E poi con l’inverno demografico che ci ha investito parlare di figli – secondo me – fa sempre bene.

La famiglia, la nostra famiglia, quella prevista dalla nostra Costituzione e quella sostenuta e promossa dalla Dottrina della Chiesa, è una comunità di persone formata dagli sposi, dai genitori, dai figli e dai parenti, fondata su un rapporto particolare che non ha eguali nella società e nell’ordinamento giuridico, che è l’amore: prima l’amore tra uomo e donna e poi l’amore tra genitori e figli, tra fratelli e sorelle, tra nonni e nipoti, tra parenti insomma.

La famiglia è costituita perciò dall’ordine della parentela che comprende l’intreccio tra linee verticali di discendenza (nonni, genitori, nipoti) e linee collaterali (zii, cugini).

Alla sua base sta il matrimonio, fondamento di alleanze tra reti di parentela.

Perciò i grandi principi ordinatori di queste due reti sono due: la discendenza, che perpetua valori, linguaggi e regole e le alleanze, che sviluppano l’ambiente psicosociologico che tende a tutelare e salvaguardare la discendenza.

Nel matrimonio e nella famiglia si costituiscono, perciò, una serie ed un complesso di relazioni interpersonali (nuzialità, paternità, maternità, filiazione, fraternità) mediante le quali ogni persona viene introdotta nella “famiglia umana”, cioè nella società.

È proprio questo singolare rapporto relazionale a fare della famiglia una comunità ed a creare, man mano che la famiglia cresce e si sviluppa, una comunione tra i suoi membri sempre più intensa e profonda.

Essere in comunione con gli altri presuppone chiaramente un grande spirito di sacrificio.

È nella famiglia, infatti, che la persona non solo viene generata, ma progressivamente viene introdotta mediante questa educazione, nella comunità umana. (cfr. “Familiaris consortio”, Esortazione apostolica di San Giovanni Paolo II del 22/11/1981).

La cura e l’amore verso i più piccoli, gli ammalati e gli anziani, il servizio reciproco di tutti i giorni, la condivisione dei beni, delle gioie e delle sofferenze possono fare della famiglia una vera e propria scuola di umanità completa e ricca, alla quale possono e debbono partecipare tutti i suoi membri, mettendo a disposizione i propri doni, le capacità, ciascuno esaltando il proprio ruolo e partecipando in base alle proprie responsabilità.

Questa famiglia oltre ad essere oggetto di attacchi indiscriminati di tipo ideologico, se viene valorizzata – e non potrebbe non esserlo – e quando viene valorizzata, lo è solamente quale centro di affetti privati ed intimi, riguardanti la sfera emotiva e sentimentale, senza alcuna rilevanza sociale.

Appartenere ad una famiglia – si dice – oggi non conterebbe nulla, quando si agisce nel sociale e nel pubblico; fuori dalle mura domestiche esistono solo gli individui, da valutare e trattare, indipendentemente dalla loro condizione familiare.

Di contro su questo nucleo si vorrebbero caricare tutte le responsabilità per “produrre” un individuo “sano”, un cittadino socialmente efficiente ed attivo, quindi buono ed utile alla collettività.

Da un canto, dunque, si dice che la famiglia non deve avere alcuna rilevanza sociale, risultando insignificante per l’individuo appartenervi o meno, dall’altro essa sarebbe causa di tutti i mali e quindi la si considera onnipotente, come nel caso delle devianze giovanili e delle malattie mentali.

La famiglia, cioè, viene nello stesso tempo negata e valorizzata, colpevolizzata e caricata di doveri e di compiti a cui da sola non può assolvere.

A questo tipo di modello di famiglia si riferiva giustamente e correttamente Antonio Tajani, rappresentando ed interpretando il pensiero di milioni di italiani.

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