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È finalmente l’ora dell’Idrogeno? L’analisi di Valori

L’Idrogeno è l’elemento chimico più abbondante nell’universo. Esso, tuttavia, in natura non è disponibile allo stato puro in forma gassosa, ma “vive” soltanto legato ad altri elementi. Tuttavia la separazione dell’idrogeno dall’ossigeno e dal carbonio non è un processo semplice e a basso costo…

Dopo decenni di dibattiti ad alto tasso di “inquinamento ideologico”, grazie anche alla spinta paradossale impressa dalle conseguenze economiche della pandemia da Covid-19, finalmente è stato posto in cima alla scala delle priorità di tutti i governi dei Paesi più industrializzati del mondo il tema della promozione della rinascita economica che sia fortemente caratterizzata non solo dall’innovazione tecnologica ma anche da un forte, concreto e visibile impegno nella tutela dell’ambiente.

Nell’ultimo G20 dedicato proprio allo sviluppo sostenibile, Europa, Cina e Stati Uniti hanno concordato di intraprendere sforzi comuni e coordinati per conseguire l’obiettivo della progressiva “decarbonizzazione” del pianeta impegnandosi ad abbattere l’uso dei combustibili fossili nella produzione di energia, a favore delle energie rinnovabili estratte dall’aria, dal sole e dal mare.

Il “Green Deal” progettato sulla carta da anni dall’Unione europea si avvia a diventare realtà da quando è stato inserito nel “recovery plan”, il gigantesco impegno finanziario destinato nei prossimi anni ad aiutare le economie dei paesi di tutto il Vecchio continente a uscire dalle sabbie mobili della pandemia.

Al nostro Paese sono destinati ben 47 miliardi di euro da spendere nella ricerca e nello sfruttamento di fonti di energia non inquinanti che ci affranchino dall’uso dei combustibili fossili e ci consentano di crescere senza danneggiare l’ecosistema e l’equilibrio climatico.

La Cina, dopo decenni di crescita economica straordinaria, che è costata tuttavia un prezzo elevatissimo in termini di inquinamento ambientale, ha deciso di sviluppare ulteriormente le iniziative di crescita sostenibile intraprese nell’ambito del 13° piano quinquennale, iniziative concrete che le hanno consentito di abbattere del12% la quantità di CO2 emessa nell’atmosfera, con il 14° piano quinquennale, 2020/2025, un progetto ambizioso ma raggiungibile di realizzazione di una “civiltà ecologica”.

In proposito il presidente Xi Jinping, nel corso di un ufficio politico del Comitato Centrale del Partito comunista cinese dedicato allo “studio collettivo sul tema della realizzazione della civiltà ecologica”, ha dichiarato senza mezzi termini che” bisogna considerare la riduzione delle emissioni di carbonio come la direzione strategica del 14° piano quinquennale per promuovere la riduzione dell’inquinamento e delle emissioni di carbonio e portare avanti la trasformazione del modello di sviluppo economico e sociale verde per realizzare l’obiettivo del miglioramento qualitativo dell’ambiente ecologico”.

Che queste non siano semplici formule e parole di un furbo politicante che ha fiutato il vento della “modernità” è testimoniato dall’impegno reale e incisivo che la dirigenza cinese ha assunto nel campo delle energie rinnovabili grazie all’impegno in prima persona del giovane e dinamico ministro delle Risorse Energetiche, Lu Hao, che vuole fare di Shenzhen un centro pilota della ricerca e sviluppo nella produzione di energia dal mare attraverso il National Ocean Technology Centre.

Proprio a Shenzhen si è tenuta all’inizio di quest’anno l’Expo per Economia Marittima, durante la quale sono stati illustrati i progressi nella ricerca e nella produzione di energia a partire dal moto ondoso e si è proposto il tema centrale dell’uso dell’Idrogeno come potenziale fonte di energia pulita.

L’Idrogeno è l’elemento chimico più abbondante nell’universo.

Esso, tuttavia, in natura non è disponibile allo stato puro in forma gassosa, ma “vive” soltanto legato ad altri elementi, come l’ossigeno nell’acqua (due atomi di idrogeno e uno di ossigeno, H2O) e il metano (un atomo di carbonio e 4 di idrogeno, CH4). A cosa può servire l’idrogeno una volta staccato dai suoi compagni nell’acqua e nel gas?

La risposta è semplice: si tratta di un gas leggero, più leggero dell’aria, non dotato di alcuna caratteristica tossica che, se opportunamente estratto e immagazzinato, può fornire energia per il riscaldamento delle abitazioni, per la propulsione delle automobili, dei treni, degli aerei e di tutti gli altri mezzi di locomozione terrestre e che potenzialmente può sostituire tutte le attuali fonti di energia non rinnovabili, come il carbone o il petrolio, per fornire energia pulita a tutti i processi di produzione industriale.

Tuttavia la separazione dell’idrogeno dall’ossigeno e dal carbonio non è un processo semplice e a basso costo: intanto la sua estrazione dal metano, per arrivare al cosiddetto “idrogeno grigio”, richiede enormi quantità di energia tradizionale e quindi è fonte di produzione collaterale di gas serra e di inquinamento.

Per produrre, invece, idrogeno “pulito”, il cosiddetto “idrogeno verde”, occorre estrarlo dall’acqua, staccandolo dall’ossigeno, con l’elettrolisi. Questa tuttavia ha il difetto che per poter funzionare ha bisogno di grandi quantità di energia elettrica e, quindi, per produrre energia pulita dall’idrogeno ci si trova oggi nella situazione paradossale di dover consumare comunque grandi quantità di energia elettrica con costi elevati e altrettanto elevata emissione di CO2.

Questo paradosso ha frenato la produzione di idrogeno industriale, fin quando si è fatta strada l’idea di creare un ciclo di produzione di idrogeno “verde” usando energie rinnovabili come quella eolica, solare o marina.

Con l’uso di quest’ultimo strumento, particolare, si viene a creare un ciclo virtuoso e semplicissimo: dall’acqua del mare si estrae l’idrogeno e per la produzione di energia necessaria per l’elettrolisi dell’acqua si usa quella prodotta dal moto ondoso e dalle correnti marine.

L’idrogeno è una fonte di energia rinnovabile praticamente inesauribile e la sua produzione su scala industriale può risolvere una volta per tutte la “dialettica” tra sviluppo e ambiente.

L’Unione europea ha già pianificato, nell’estate dello scorso anno, una prima implementazione del “Green Deal” con un progetto di investimenti per 470 miliardi di euro denominato “strategia per l’energia dall’idrogeno” che mira a porre le condizioni per consentire a tutti i partner continentali di produrre idrogeno “verde” con l’elettrolisi per arrivare, nel 2024, alla produzione annuale di almeno un milione di tonnellate di idrogeno allo stato gassoso, con l’uso generalizzato di apparecchi per l’elettrolisi con la potenza singola di 100 megawatt.

Come detto, per il nostro Paese il “Recovery plan” prevede uno stanziamento di 47 miliardi di euro da destinare alla ricerca e sviluppo delle energie rinnovabili e in particolare, come da recenti dichiarazioni del ministro alla transizione ecologica, Roberto Cingolani, nel settore della produzione di idrogeno “verde”. Anche altri Paesi europei scommettono sul futuro dell’idrogeno.

La Spagna ha già stanziato dal proprio budget nazionale 1,5 miliardi di euro per la produzione nazionale di idrogeno nei prossimi due anni, mentre il Portogallo vuole investire buona parte dei 186 miliardi a lui destinati dal “Recovery plan” proprio in progetti dedicati alla produzione di idrogeno verde a basso costo.

Il nostro Paese è all’avanguardia nella ricerca di strumenti di produzione dell’energia marina. Il Politecnico di Torino, grazie al supporto di Eni, Cdp, Fincantieri e Terna, ha sviluppato una tecnologia all’avanguardia nella produzione di energia a partire dal moto ondoso.

Si tratta dell’ISWEC (Inertial Sea Waves Energy Converter), una macchina alloggiata all’interno di uno scafo di circa 15 metri di lunghezza che, grazie a un sistema di giroscopi e di sensori è in grado di produrre annualmente 250 megawatt di energia “verde”, occupando un’area marina di soli 150 metri quadri, senza alcun impatto negativo sull’ecosistema.

L’Italia può ben dire di essere all’avanguardia nella ricerca e produzione di energia dal moto delle onde marine e quindi può, a buon diritto, essere in prima fila nella schiera di chi intende produrre idrogeno “verde” utilizzando per l’energia necessaria all’elettrolisi, quella scaturita dal moto ondoso: un ciclo virtuoso e potenzialmente protagonista di una prossima rivoluzione industriale.

Questo spiega l’attenzione e l’interesse del ministero delle Risorse Energetiche della Cina e del suo capo, Lu Hao, verso l’Italia e verso alcune realtà imprenditoriali del nostro Paese. Lu Hao ha trasformato la città di Shenzhen in quella che viene definita una “città centrale oceanica globale” e che si avvia a diventare, grazie anche a una joint venture, propiziata dell’International World Group, tra l’italiana Eldor e il National Ocean Technology Centre cinese, il centro pilota mondiale per la produzione di energia pulita dalle onde del mare.

In un futuro non lontano, se ci sarà l’intelligente sostegno di tutte le istituzioni italiane – a partire dal ministero della Transizione ecologica – il nostro Paese e la Cina potranno, insieme ad altri partner europei e- forse- con il sostegno per quanto sospettoso degli Stati Uniti di Biden, avviare e sviluppare la rivoluzione della “blue economy”, l’economia che parte dal mare, l’ultimo grido in fatto produzione di energia intelligente, pulita e sostenibile.


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