Che senso può avere ricordare Gianni De Michelis a due anni dalla sua scomparsa? Se ne parlerà in un webinar giovedì alle 18,30 con Stefano Parisi, che gli fu collaboratore, Paolo Franchi del Corriere, Stefania Craxi, vicepresidente della commissione Esteri del Senato, Giampiero Massolo, presidente di Ispi e di Fincantieri, e le conclusioni di Maurizio Sacconi
Ricordare Gianni De Michelis a due anni dalla scomparsa significa offrire opportunità di riflessione ai decisori di oggi sulle sue lezioni di metodo e di merito. “Prevedere per provvedere” è stata una capacità costante nella sua vita pubblica. Le visioni e le intuizioni cui il tempo si è incaricato di dare valore nascevano non dall’arte divinatoria ma da una pratica fatta di infinite letture e di ascolto insistito di testimoni “privilegiati”.
Nel merito, la dimensione sovranazionale è stata immanente in ogni sua considerazione dedicata ai compiti e al destino di un’Italia naturalmente incardinata nella comunità occidentale e aperta alle relazioni verso sud e verso est. Non da sola ma inesorabilmente parte costitutiva di una Unione europea il cui processo vedeva evolversi verso un assetto confederale di Stati sovrani ma capaci di delegare oltre alla moneta anche la “spada” e la “feluca”.
Gianni aveva attivamente partecipato alla definizione del trattato di Maastricht con Guido Carli e Giulio Andreotti concorrendo in particolare alla relativizzazione del vincolo del debito e alla condivisione della unificazione tedesca. Aveva intuito prima di altri la caduta del comunismo come conseguenza della fine delle barriere indotta a sua volta dalle tecnologie dell’informazione.
Questa visione lo aveva condotto al sogno della coincidenza tra Europa politica ed Europa geografica allargando in questo modo l’influenza atlantica. Anzi, la preveggenza delle possibili derive e tensioni che avrebbero potuto ulteriormente prodursi in medio oriente lo portavano ad azzardare la scommessa della inclusione nel progetto europeo di Israele e della Turchia.
In questo grande spazio l’Italia e il suo amato nord-est avrebbero potuto svolgere un ruolo specifico per distribuire lo sviluppo, accelerare la integrazione con l’area balcanica e centro europea, aprire tutto il continente alle relazioni con la sponda sud del mediterraneo dalla quale, disse già nel 1984, sarebbero “giunti a nuoto” grandi flussi migratori. Il mancato ascolto di queste intuizioni ha fatto perdere all’Europa e all’Italia straordinarie opportunità determinando tragici fattori di crisi che non sarà facile risolvere.
Di questo discuteremo domani giovedì alle 18,30 in un webinar promosso da Ricostruire di Stefano Parisi che gli fu collaboratore e al quale parteciperanno Paolo Franchi del Corriere, Stefania Craxi, vicepresidente della commissione Esteri del Senato, Giampiero Massolo, presidente di ISPI e di Fincantieri.