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Libia, così Dabaiba allunga le mani sulla Tv pubblica

Il premier del Governo di unità nazionale, in carica fino alle elezioni di dicembre, ha abolito la Libyan Media Foundation istituita dal suo predecessore avocando a sé il controllo delle emittenti pubbliche

Il primo ministro del Governo di unità nazionale libico, Abdel Hamid Dabaiba, ha deciso il 15 giugno di annullare la validità del decreto 597 emanato nel 2020 dal Consiglio presidenziale del Governo di accordo nazionale (Gna) del premier Fayez al-Sarraj, che dava vita alla Libyan Media Foundation, coprendo così un vuoto normativo e organizzativo non esistendo in Libia un ministero dell’Informazione.

Invece di dare vita ad un ministero ad hoc sulla gestione dei media pubblici, il Consiglio dei ministri libico ha firmato il decreto n. 116 del 2021 che prevede di sottoporre al controllo diretto del Consiglio dei ministri alcune emittenti televisive libiche che fino a quel momento erano sotto il controllo della Libyan Media Foundation e altre nelle mani di alcuni ministeri, mettendo quindi fine all’esistenza di questa istituzione pensata dall’ex premier al-Sarraj proprio per gestire i media pubblici.

Il decreto prevede che sotto il diretto controllo del Consiglio dei ministri vadano: il canale televisivo libico nazionale, l’Ente generale della stampa, l’agenzia di stampa ufficiale “Lana” e il canale televisivo libico ufficiale di Tripoli. Sotto il controllo invece del ministero dello Sport andrà il canale televisivo libico sportivo. Il ministero della Gioventù controllerà invece il canale televisivo libico per i giovani e la radio dei giovani. Dar al-Ifta inoltre, l’ente ministeriale che emana pareri giuridici islamici, controllerà l’emittente televisiva religiosa al-Hidaya mentre il ministero degli Awqaf, che gestisce le moschee del Paese, la radio del Corano. Infine al ministero della Cultura andrà il controllo della Tv ufficiale in lingua berbera. Il decreto ha inoltre deciso lo scioglimento del Centro per la ricerca e gli studi sui media, del Libya Satellite Channel, del Libya News Channel, del New Media Development Center, di Radio Al Shorouk e Radio Libya. Secondo l’articolo 4 del decreto sarà costituito un comitato tecnico e amministrativo per assegnare i dipendenti dagli enti chiusi nelle altre emittenti secondo le loro specializzazioni. Secondo lo stesso articolo, sarà costituita una commissione per fare l’inventario dei beni immobili e mobili dei media chiusi e preparare una proposta per distribuirli negli altri.

La decisione è stata subito criticata dai media libici che trasmettono da Bengasi, per il fatto che il premier al-Dabaiba possa accentrare a sé il controllo dei media pubblici. In particolare viene contestato il fatto che l’ex Muftì libico al-Sadiq al-Ghariani, che risiede in Turchia pur visitando spesso la sua città natale Tajura senza problemi essendo molto popolare nella zona, allargherà in questo modo la sua influenza sui media libici. Secondo gli osservatori della Cirenaica al-Ghariani, che sostiene le milizie islamiste di Tripoli, oltre a controllare già la Tv satellitare al-Tanasuh, che trasmette da Tajurah con uffici a Istanbul ed è accusata di incitare alla violenza, ora potrà avere una forte influenza anche sulla tv religiosa pubblica al-Hidaya.

Ma secondo chi è addentro al mondo delle Tv libiche c’è ben altro dietro questo provvedimento. Spiega a Formiche.net l’analista libico Ali Alwindi, che ha lavorato a lungo in queste emittenti televisive, che “Dabaiba viene criticato dai giornalisti locali per il fatto di non aver creato un ministero dell’Informazione. La maggior parte dei giornalisti libici chiedeva la rimozione di Muhammad Omar Baaio dalla carica di presidente della Libyan Media Foundation, per i suoi modi autoreferenziali di agire, ma voleva che l’ente rimanesse in piedi, soprattutto alla luce dell’assenza di un ministero dedicato. Ora invece non ci sono enti di riferimento e queste emittenti faranno capo direttamente al Consiglio dei ministri o ai vari ministeri”.

Nel settembre del 2020 Sarraj aveva emanato il decreto 597 per costituire la Libyan Media Foundation, che aveva personalità giuridica ed era indipendente dal punto di vista finanziario pur essendo affiliata al Consiglio dei ministri del Gna con sede a Tripoli. In quell’occasione Sarraj aveva anche deciso di nominare lo scrittore e giornalista Baaio alla carica di presidente della Libyan Media Foundation con il decreto 598 del 2020.

Si tratta però di un giornalista spesso al centro di polemiche a Tripoli e malvisto da alcune formazioni armate locali oltre che dai suoi colleghi per i modi con i quali porta avanti il suo lavoro. Nell’ottobre del 2020 infatti la Brigata dei rivoluzionari di Tripoli lo aveva rapito dopo che Baaio aveva diffuso sui social media la registrazione di una telefonata ricevuta poco prima da parte del capo della Brigata, Ayoub Bouras, denunciando di essere stato minacciato. “In un momento in cui le campagne della Confraternita dei Fratelli musulmani sono aumentate dopo che ho denunciato Suleiman Dougha con l’accusa di furto di 35 milioni di dinari (25 milioni di dollari) e la mia lotta contro la corruzione nei media, oggi ho ricevuto un messaggio audio minaccioso da Ayoub Bouras, comandante della Brigata rivoluzionari di Tripoli”, ha detto Baaio. Poco dopo, sempre su Facebook, la Brigata dei rivoluzionari di Tripoli aveva postato la foto di Baaio dietro al vessillo della milizia scattata all’interno della loro sede. Solo un mese prima, il 10 settembre di quell’anno, Sarraj aveva messo il contestato giornalista a capo della Libyan Media Foundation nonostante un membro dello stesso Consiglio di presidenza, Mohamed Hammari Zayed, aveva considerato la nomina “illegale” e aveva chiesto che fosse revocata.


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