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Alternativa c’è, al Copasir. Se Dibba soccorre Salvini

Un comunicato della formazione di ex grillini “Alternativa C’è”, che fa riferimento (anche se informalmente) ad Alessandro Di Battista, tuona: il Copasir è da sciogliere, la presidenza di Urso (FdI) non è valida. Un assist inaspettato alla Lega, che chiede lo stesso da settimane…

Fermi tutti, è successo davvero. Alessandro Di Battista corre in aiuto di Matteo Salvini. Non è una cover band del governo gialloverde ma poco ci manca. Un comunicato dei grillini dissidenti riuniti sotto l’ombrello di “Alternativa c’è”, formazione che conta una quindicina di parlamentari fra Camera e Senato, irrompe sulle agenzie.

A mezz’ora dalla riunione del Copasir, il comitato di controllo degli 007 che eleggerà presidente il senatore di Giorgia Meloni Adolfo Urso, gli ex pentastellati tuonano furibondi: “Estromettere le forze di opposizione dal Copasir è un atto eversivo che mina la vita democratica della Repubblica”. “Stiamo assistendo a una conclamata violazione della legge col benestare dei presidenti Fico e Casellati”, si legge in un comunicato della componente guidata da ex volti noti del grillismo come Pino Cabras e Yana Ehm.

“La legge che regola i Servizi (legge 124/2007) parla chiaro: i membri del Copasir devono essere nominati dai presidente delle Camere ‘garantendo comunque la rappresentanza paritaria della maggioranza e delle opposizioni. Oggi, invece, 9 membri su 10 appartengono alla maggioranza di governo e solo una forza di opposizione vi è rappresentata”.

In buona sostanza: una sedia a Palazzo San Macuto spetta anche a noi. Quindi bisogna sciogliere il comitato, e farne uno nuovo di zecca. Proprio come chiede Salvini con tutta la Lega, che dopo mesi di braccio di ferro con Fratelli d’Italia ha fatto dimettere il presidente Raffaele Volpi e il senatore Paolo Arrigoni nella speranza di provocare un effetto-domino.

Invece è andata diversamente: con una scrollata di spalle Pd, Cinque Stelle e Forza Italia sono rimasti al loro posto e hanno dato il via libera all’elezione di Urso. Quando tutto sembrava perduto, ecco giungere un inaspettato aiuto. Gli ex grillini reclamano un posto nel comitato che tiene d’occhio gli 007 italiani. E tirano per la giacchetta un ex collega, il presidente della Camera Roberto Fico, perché faccia qualcosa.

“Chiediamo che, con l’attuale composizione, non si proceda all’elezione del presidente. Sarebbe illegittimo e in palese contrasto con l’articolo 30 della legge 124/2007. La legge impone che siano i presidenti di Camera e Senato a nominare i componenti del Copasir. Ci appelliamo quindi ai presidenti Fico e Casellati affinché intervengano per applicare la legge e per garantire i diritti delle opposizioni e la regolarità delle procedure democratiche”.

Proprio come hanno fatto ininterrottamente da febbraio le truppe meloniane, gli ex pentastellati si appellano alla legge. Che in effetti chiede di garantire “la rappresentanza paritaria della maggioranza e delle opposizioni”. Non fa riferimento cioè a “gruppi di opposizione”, che sarebbe tutta un’altra storia. La strada per formare un gruppo a sé, per i transfughi grillini, è tutta in salita. I numeri si possono anche trovare, il problema è il simbolo, condizione necessaria per fare il grande passo.

A fine febbraio, con lo schieramento di dissidenti ancora in fasce, si era fatto avanti Antonio Di Pietro, pronto a cedere il gabbiano di Italia dei Valori per formare un gruppo al Senato, ma alla fine non se ne è fatto niente. Con o senza simbolo, c’è un bottino da assalire: le commissioni di garanzia. “Non solo Vigilanza Rai – mormorava già a febbraio Cabras – vorremmo dire qualcosa anche su Copasir e Cassa depositi e prestiti”.

Promessa mantenuta. “È necessario procedere quanto prima alla nomina di un nuovo Copasir in cui le opposizioni, compresa L’Alternativa C’è, siano rappresentate da 5 membri su 10. In caso contrario chiederemo a gran voce l’intervento del Presidente della Repubblica e della Corte Costituzionale”, sibilano ora gli espulsi del Movimento.

Dietro la formazione, formalmente, non c’è “Dibba”, che conduce la sua guerra solitaria al governo Draghi ed è pronto a ripartire per un reportage sudamericano. Ma non è un mistero che i grillini riorganizzatisi in Parlamento pendano dalle sue labbra. Solo due giorni fa, in uno sfogo su Facebook, Di Battista definiva Salvini “il mio principale avversario”. Per essere nemici, non se la passano poi così male…

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