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Documenti falsi dietro agli attentati jihadisti. Perché sono importanti gli arresti di Milano

L’operazione, condotta dalla Digos di Milano, è stata coordinata dalla Direzione centrale della Polizia di prevenzione con il supporto dell’antiterrorismo dell’Europol. Un’operazione che non solo ha smantellato una organizzatissima banda di falsari, ma che promette numerosi sviluppi in diversi Paesi europei sia sul fronte del terrorismo jihadista che della criminalità organizzata

Un’organizzazione che produceva migliaia di documenti falsi e un loro procacciatore di “clienti” che li smistava anche a soggetti legati al terrorismo internazionale o direttamente a foreign fighters. L’operazione “The Caucasian Job” del pool antiterrorismo della procura di Milano, guidato da Alberto Nobili (nella foto), ha portato a sette arresti di cittadini dell’Est europeo: l’operazione, condotta dalla Digos di Milano, è stata coordinata dalla Direzione centrale della Polizia di prevenzione con il supporto dell’antiterrorismo dell’Europol. Un’operazione che non solo ha smantellato una organizzatissima banda di falsari, ma che promette numerosi sviluppi in diversi Paesi europei sia sul fronte del terrorismo jihadista che della criminalità organizzata. Sono almeno una quindicina i foreign fighters di mezza Europa che hanno beneficiato di questi documenti falsi, ma il numero potrebbe essere più alto.

IL RUOLO CENTRALE DI UN CECENO

Elemento di spicco è il ceceno Turko Arsimekov, 35 anni, arrestato a Varese nello scorso novembre, legato a un kosovaro a sua volta in contatto con Kujtimi Fejzulai, l’attentatore austriaco di origine macedone che il 2 novembre scorso a Vienna uccise quattro persone, ne ferì 23 e fu poi ucciso dalla polizia. L’accusa nei confronti degli arrestati è di associazione a delinquere finalizzata alla fabbricazione di documenti falsi e altri reati di falso, nell’ordinanza del gip non viene contestata ad Arsimekov l’associazione con finalità di terrorismo, per la quale potrebbe comunque già essere indagato, salvo ulteriori sviluppi. L’operazione è stata avviata con l’arrivo in Italia del kosovaro a capo dell’organizzazione e la decisione di arrestarlo.

“L’indagine nacque perché l’utenza di uno degli indagati ci fu segnalata dagli austriaci nel 2019 dopo essere emersa in un’operazione antiterrorismo” spiega Diego Parente, a capo della Direzione centrale della Polizia di prevenzione. È il numero di un ceceno, cioè Arsimekov: messo sotto controllo, emerge che nell’ambito di un’organizzazione di falsari, quasi tutti ucraini, è la persona che fa da intermediario per i soggetti ai quali mandare i documenti falsi in Europa e nei Balcani.

LA RETE JIHADISTA

Gli investigatori scoprono una transazione economica tra Arsimekov e un kosovaro e tra quest’ultimo e l’attentatore di Vienna, relativa a un documento di identità da falsificare che però non è mai giunto a destinazione. Infatti, quando il ceceno è arrestato e perquisito a novembre viene trovata traccia che era stato commissionato un documento per Fejzulai (una foto e acconto di un pagamento) non consegnato probabilmente perché non ci sono stati i tempi tecnici. La convinzione del nostro antiterrorismo è che la banda pensava solo ai soldi, producendo almeno un migliaio di documenti in due anni, mentre il ceceno aveva contatti con il mondo jihadista. Dal materiale e dai supporti informatici che gli sequestrarono sono emersi molti documenti intestati a soggetti del circuito terrorista, tra i quali alcuni foreign fighter, citati in diverse indagini europee. Ecco perché secondo Parente Arsimekov “non poteva non esserne consapevole visto che tra l’altro in alcune chat fa riferimento a un documento per un ‘fratello musulmano’”.

IL RUOLO DELL’EUROPOL

“Europol ha strumenti a disposizione di tutti, una piattaforma di eccellenza che consente connessioni altrimenti impensabili”. La soddisfazione per l’esito dell’operazione è evidente nelle parole di Claudio Galzerano, direttore dell’Ectc, European Counter Terrorism Center, l’antiterrorismo dell’Europol. Non è un caso, spiega, che “analoghe operazioni fatte in precedenza in Italia furono chiamate Mosaico 1 e Mosaico 2: oggi la Polizia ha tolto tante tessere dal mosaico con un’operazione di grande effetto che avrà sviluppi sicuri”. Grazie a Europol sono state evidenziate connessioni con ambienti terroristici e criminali in mezza Europa e sarà coinvolto Eurojust: la magistratura italiana, come in altri casi del genere, ha sempre dato supporto all’agenzia giudiziaria europea, questa operazione riguarda inchieste già aperte in varie nazioni e altre potrebbero nascere. A Galzerano piace un paragone calcistico: l’antiterrorismo dell’Europol è come nel calcio lo stadio Santiago Bernabeu di Madrid, “abbiamo strumenti e analisti d’avanguardia, non siamo un campetto di periferia”.

L’inchiesta milanese ha confermato il rischio che viene dall’Est Europa sul fronte del terrorismo. Arsimekov è ceceno e si potrebbe ricordare che Giuliano Delnevo, il primo jihadista italiano, morì nel 2013 in Siria mentre era parte di una falange cecena vicina ad al Qaeda. Gli investigatori si aspettano molti sviluppi, anche legati a foreign fighters di Francia, Germania e di altre nazioni europei, per l’enorme mole di dati recuperata e per la buona cooperazione internazionale.

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