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Balle di Seta. Se la Cina usa l’Italia per la propaganda

Lunedì sera una telefonata (chiesta da Pechino) fra Luigi Di Maio e il ministro degli Esteri cinese Wang Yi. Il governo cinese dichiara: l’Italia sostiene e rilancia la Via della Seta. Ma quella conversazione non c’è mai stata. Ecco l’ultima puntata della propaganda di partito

Ci devono essere problemi di linea fra Roma e Pechino. Nella serata di lunedì il ministro degli Esteri italiano Luigi Di Maio ha sentito al telefono l’omologo cinese Wang Yi. L’appuntamento è stato chiesto dal ministero degli Affari esteri cinese e, come da protocollo, ha trovato l’assenso della Farnesina. Nelle ore successive alla chiamata però succede qualcosa. I media di Stato cinesi diffondono una versione della conversazione che, a quanto risulta a Formiche.net, non corrisponde alla realtà.

Merito del comunicato della diplomazia cinese, che dà una notizia: “La parte italiana spera di promuovere la costruzione della “Via della Seta” con la Cina”. Peccato che nel comunicato del ministero degli Esteri italiano non vi sia traccia della frase in questione. La nota della Farnesina si limita a due dichiarazioni. “Il Ministro degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale, Luigi Di Maio, ha avuto un colloquio telefonico con il suo omologo cinese, Wang Yi. In agenda, le relazioni bilaterali tra Italia e Cina, il rispetto dei diritti umani e la collaborazione in ambito G20”.

Nello specifico, Di Maio avrebbe parlato con Wang del rilancio dell’export bilaterale e della presidenza italiana del G20, cui il ministro cinese sarà invitato per un intervento in video-conferenza. Ma avrebbe anche toccato per esteso il tema del rispetto dei diritti umani in Cina, dalla situazione degli uiguri in Xinjiang all’autonomia di Hong Kong, sottolineando le conclusioni del vertice del G7 a Carbis Bay.

Il comunicato finale della prima kermesse per il premier italiano Mario Draghi e il presidente americano Joe Biden si è chiuso infatti con un severo monito a Pechino: “Richiamiamo la Cina al rispetto dei diritti umani e delle libertà fondamentali, soprattutto in relazione allo Xinjiang e a quei diritti, libertà e quell’alto livello di autonomia per Hong Kong contenuti nella Dichiarazione congiunta anglo-cinese e nella Legge Base”. Allo stesso copione si è attenuto Di Maio. Ma nella nota diffusa dal governo cinese non c’è ombra delle sue parole.

“Di Maio ha detto che le relazioni fra Italia e Cina sono forti e continue, proprio come fra due amici” – recita il comunicato dai toni propagandistici – ringrazia la Cina per il suo supporto alla presidenza italiana del G20”. “Di fronte a una situazione internazionale complessa e impegnativa, l’Italia è pronta a condurre un dialogo e una cooperazione efficaci con la Cina all’interno di un quadro multilaterale e a mettere in pratica il multilateralismo, che beneficerà non solo i due rispettivi popoli ma il mondo intero”, continua la nota cinese. La difesa del “multilateralismo” contrapposto al presunto “unilateralismo” statunitense è un tema ricorrente nella propaganda internazionale del Partito comunista cinese.

Non è la prima volta che l’Italia viene usata dalla Cina per fare pubblicità alla nuova Via della Seta. Da quando il governo Conte-1 ha firmato il memorandum d’adesione nel 2019 i media di Stato cinesi hanno spesso chiamato in causa l’Italia, primo Paese G7 a firmare l’intesa, come “esempio” da seguire per i Paesi occidentali ancora in bilico. Questa volta però la strumentalizzazione ha colto di sorpresa gli ambienti diplomatici italiani, perché la cooperazione sulla Belt and Road initiative (Bri) “non è stata neanche toccata nella telefonata”, assicura una fonte a Formiche.net.

La forzatura del ministero cinese ha dato il via a un ping pong di propaganda sui media di Stato, a partire dall’agenzia Xinhua che ha rilanciato con grande evidenza il comunicato. Su twitter il corrispondente del giornale governativo China Daily per l’Europa Chen Weihua commenta sarcastico: “Dunque Biden è stato preso in giro”.

Il richiamo di Di Maio al rispetto dei diritti umani e la scelta di non menzionare la Via della Seta nella telefonata con Wang sono un segno del riposizionamento avviato da Draghi a Palazzo Chigi su alcuni dei più scivolosi dossier della politica internazionale. Dal G7 il premier ha aperto a una revisione del memorandum per la Bri. Un altro memorandum d’intesa fra i due Paesi in vigore dal 2010, ha anticipato Formiche.net, sta per essere rinnovato e, fra i settori di cooperazione, viene citato anche il piano infrastrutturale di Xi Jinping. Ma è un passaggio formale e “dovuto”, assicurano fonti diplomatiche, che nulla ha a che vedere con la pubblicità, anzi la propaganda, della Via della Seta.

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