Washington e Londra aggiornano la Carta atlantica del 1941 e promettono di rilanciare commercio, cooperazione tecnologica e viaggi. Pechino teme un fronte comune che coinvolga anche l’Europa
Boris Johnson, a cui si sa va stretta la definizione di special relationship per indicare i rapporti tra il Regno Unito e gli Stati Uniti, ha un eroe, che è anche un suo precedessore come primo ministro del governo di suo maestà, la regina Elisabetta II: Winston Churchill, che 80 anni fa firmò con il presidente statunitense Franklin Delano Roosevelt l’Atlantic Charter che gettò le basi per le Nazioni Unite e la Nato.
“Mentre il mondo è un luogo molto diverso rispetto al 1941, i valori condivisi da Regno Unito e Stati Uniti sono rimasti gli stessi”. Da queste righe nasce la nuova Carta atlantica firmata alla vigilia del G7 a presidenza britannica dal primo ministro Johnson e dal presidente statunitense Joe Biden. “Proprio come i nostri Paesi hanno lavorato insieme per ricostruire il mondo dopo la Seconda guerra mondiale, così anche noi uniremo le nostre forze davanti alle enormi sfide che affronta oggi il pianeta”, ha spiegato Downing Street.
“Ci sarà un aggiornamento della Carta atlantica, che ha 80 anni”, ha detto ai giornalisti Jake Sullivan, consigliere per la sicurezza nazionale del presidente Biden. “Quindi, ci sarà una dichiarazione aggiornata dei principi tra gli Stati Uniti e il Regno Unito, società libere e popoli liberi, che parla di ciò in cui crediamo in questo XXI secolo”.
Nel documento vengono citate la difesa della democrazia, la sicurezza collettiva e la necessità di un commercio equo e sostenibile. Ma c’è spazio anche per l’impegno a combattere le moderne sfide: le minacce cibernetiche, il cambiamento climatico e il build back better , cioè ripartire più forti di prima, dopo la pandemia.
Se prima della partenza di Biden per l’Europa, la Casa Bianca ha riassunto la missione in tre “c” – Covid-19, clima e Cina –, i prossimi passi di Washington e Londra sono contenuti in altrettante “t”: trade, cioè il commercio da rafforzare con l’auspico britannico di risolvere presto la disputa Boeing-Airbus; la tecnologia su cui investire assieme abbattendo gli ostacoli; il turismo da rilanciare.
Il tutto nonostante le tensioni tra Johnson, l’artefice della Brexit, e Biden, europeista convinto di origini irlandesi. A dividerli proprio la questione irlandese: secondo Washington il governo di Londra sta mettendo a rischio il processo di pace in Irlanda del Nord. Secondo quanto rivelato dal Times di Londra, Yael Lempert, numero due e attualmente capo dell’ambasciata statunitense a Londra, avrebbe detto davanti a David Frost, sottosegretario per la Brexit britannico, che il governo di Londra starebbe “infiammando” le tensioni in Irlanda e in Europa con la sua opposizione ai controlli doganali sulle merci in transito tra Gran Bretagna e Irlanda del Nord, contrariamente a quanto invece previsto nel protocollo nordirlandese.
La diplomatica avrebbe però anche spiegato che se il Regno Unito accetterà le richieste di seguire gli standard europee in materia agricola e di allevamento allora il presidente Biden si sarebbe “personalmente assicurato” che la questione “non avrebbe intaccato negativamente le possibilità di raggiungere un accordo di libero scambio commerciale tra Stati Uniti e Regno Unito”.
Ma come quella del 1941, anche la Carta atlantica del 2021 ha risonanze internazionali. Basti pensare che quella di 80 anni ha spianato la strada all’Organizzazione mondiale del commercio su cui oggi, dopo le picconate dell’ex presidente statunitense Donald Trump, si discute per un aggiornamento.
L’impatto globale, riassunto dal Guardian con un titolo che parla di “echi di tempi di guerra”, è evidenziato, in controluce, anche da un articolo pubblicato sul Global Times, uno dei più potenti organi della propaganda del Partito comunista cinese in lingua inglese. Il titolo dice già molto: “La nuova ‘Carta atlantica’ interpreta male la situazione attuale e rischia di destabilizzare l’Europa”. E suggerisce qualcosa anche il ricordo di quando Biden definì Johnson un “clone fisico ed emotivo” di Trump.
Il timore a Pechino sembra essere quello di rivedere quanto accaduto 80 anni fa con la special relationship usata come leva per ricostruire l’Europa. Ma questa volta per frenare l’ascesa cinese.