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Ceferin non ascolta, Boris vede i Draghi

La proposta Draghi-Merkel di spostare la finale degli Europei in un Paese in cui i contagi non sono in risalita (non a Wembley, per capirci) è stata ignorata da Ceferin: Johnson ha silurato la Superlega e il capo della Uefa gli deve tutto. Ma ora si apre un precedente per la riapertura della Premier molto pericoloso…

Draghi è un comunicatore eccezionale. Dice cose semplici e dirette che se fossero proposte dalla maggior parte degli attori della politica, anche fuori da Cinecittà, suonerebbero come campane nel deserto. Il Presidente del Consiglio ci ricorda che dire lavoro agile è molto più fico che dire smartworking e che giocare la finale degli Europei in un posto dove il tasso di positività da Covid 19 scende anziché salire, sarebbe più intelligente. Forse gli inglesi si sono risentiti, tanto per l’invito del nostro premier ad usare termini in lingua italiana quanto per quello rivolto alla Uefa a pensare seriamente di cambiare il paese che ospiterà la finale degli Europei.

Vero è che Draghi da tifoso della Roma nasconda a fatica l’entusiasmo per la nostra Selezione che pare essere metafora di come il popolo italiano dovrebbe comportarsi con i soldi del Recovery Fund: coesione, piedi per terra, serietà e concretezza. Ma Draghi non ha chiesto di far disputare la finale a Roma, bensì di evitare il suo svolgimento a Londra considerato che si trova ancora in una fase emergenziale e che potrebbe essere svolta in qualunque paese europeo battente bandiera bianca, come le zone in cui il Covid è in calo.

Il Presidente Uefa, Alexander Ceferin, già ferito gravemente dal tentativo del nuovo Super torneo globale, la Superleague, questa volta mutuando le parti, non può fare sgarri a Wembley nemmeno in nome della pandemia da Covid 19 e della variante indiana perché farebbe provare al povero Boris Johnson, salvatore della Champions, lo stesso tradimento personale raccontato a reti unificate in occasione dell’annuncio della vituperata Superlega ordito anche dall’ex amico Andrea Agnelli.

Boris non parla, fa parlare gli altri e rilancia. Oliver Dowden, segretario di Stato con deleghe allo sport, al digitale, ai media e alla cultura, addirittura vuole portare 60.000 spettatori a Wembley nelle fasi finali, creando un precedente difficile da gestire in vista della ripresa della Premier League se la risalita dei contagi dalle parti di Londra non accennasse a rallentare.

Sostanzialmente i tifosi inglesi, se venisse conservata la linea degli Europei di Wembley, dalla fine di Agosto potranno rivendicare senza se e senza ma la frequentazione degli stadi, tra gli altri, di Manchester, United e City; di Londra, Tottenham Chelsea Arsenal, di Liverpool; banalmente le sei squadre che hanno minato la realizzazione della Superlega uscendone prima degli altri e lasciando in pantaloncini molto corti le italiane e le spagnole. Certo è che Ceferin vorrebbe poter garantire uguale trattamento a chi in Europa disputerà Champions, Europa e Conference League. E non potrà farlo perché ogni paese avrà il suo tasso di contagio. Esattamente come oggi.

Gli Europei itineranti concepiti da Platini prima che venisse crocifisso nei tribunali per essere poi scagionato da qualunque accusa, sono stati pensati per dare l’idea di un’Europa unita agli occhi del mondo, sotto l’egida di un ente organizzatore e regolatorio terzo che si chiama Uefa: Union of European Football Associations. Peccato che nel frattempo la Gran Bretagna, anzi, l’Inghilterra, si sia chiamata fuori trattando peraltro anche con Draghi la buonuscita quando da Presidente della BCE dovette gestire anch’egli la defezione inglese che minava la stabilità monetaria dell’Unione Europea.

Ha ragione Giovanni Malagò quando aggettiva di buon senso le parole del Presidente Draghi sebbene difficilmente possano avere seguito concreto. Fa bene il presidente Gravina, membro dell’Uefa, a prestare il suo silenzio-assenso alle parole del Premier.

Resta agli atti che mentre il mondo della politica europea osserva preoccupato la risalita dei contagi soprattutto tra i giovani nel Regno Unito, gli inglesi precisano indirettamente che essendo fuori dall’Europa non solo non rinunciano al diritto acquisito di veder disputarsi la finale a Wembley, ma sono pronti ad aumentare la presenza negli stadi. Una versione fumo di Londra dell’io so’ io del Marchese del Grillo.

Il neo sposo Boris ha festeggiato il suo addio al celibato godendo per aver fatto infrangere i sogni della Superlega, coronato il matrimonio in Cornovaglia davanti ai grandi del mondo e stabilito che il viaggio di nozze potesse iniziare a Downing street e terminare a Wembley l’11 Luglio ipotizzando un brindisi a tutta birra con i padroni di casa vittoriosi del torneo. Chissà che la Merkel non porti quella bavarese di birra per festeggiare i suoi ragazzi o Draghi non porti il Franciacorta per brindare con Mancini; o, solo per questa volta, ci accontenteremmo anche dello champagne di Macron.

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