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Cina e Russia, se la Cdu post Merkel balla poco con Biden

Il programma unitario di politica estera presentato dalla Cdu e dalla Csu suona stonato rispetto al concerto delle democrazie europee chiesto da Biden a Carbis Bay e Bruxelles. Cina e Russia sono rivali ma bisogna cooperare, nessun passaggio sui diritti umani e il Nord Stream 2. E un’intervista di Laschet al Financial Times allunga le distanze

Competere e rivaleggiare con Cina e Russia dove è necessario, cooperare “ovunque è possibile”, evitare a tutti i costi “una nuova Guerra Fredda”. Suona così la politica estera della Germania post-Angela Merkel targata Armin Laschet, il segretario e candidato cancelliere della Cdu che svetta nei sondaggi.

Una nota stonata nel concerto diretto dal presidente americano Joe Biden al G7 di Carbis Bay e al summit Nato a Bruxelles, concluso con l’invito agli alleati europei a prendere parte a una “alleanza delle democrazie” per mettere all’angolo Cina e Russia. In una conferenza stampa, la prima insieme dopo mesi di rivalità sulla candidatura alle elezioni di settembre, Laschet e il bavarese a capo della Csu Markus Soeder hanno presentato il programma unitario del fronte conservatore Cdu-Csu.

Impossibile non notare, scorrendo le 140 pagine di documento, un solco profondo rispetto al programma dei Verdi di Annalena Baerbock, l’altra candidata favorita per succedere a Merkel alle elezioni federali, che negli scorsi mesi ha presentato un programma dichiaratamente filo-atlantista e molto severo verso Mosca e Pechino.

Il capitolo conservatore dedicato all’agenda diplomatica è piuttosto stringato e si apre con una proposta inedita: la creazione di un “Consiglio per la sicurezza nazionale” sulla scia di quello americano. Su Cina e Russia i due partiti seguono lo spartito dell’Ue. Sono “rivali sistemici” e serve un approccio condiviso della Nato, ma è “imprescindibile” una forma di collaborazione su più fronti.

La presentazione del programma è stata preceduta, in mattinata, da un’intervista di Laschet al Financial Times che promette di fare molto rumore. A pochi giorni dalla conclusione del tour europeo di Biden, il candidato-cancelliere ha lanciato un monito inaspettato all’inquilino della Casa Bianca. “La domanda è: se parliamo di “contenere” la Cina, questo ci porterà a un nuovo conflitto? Abbiamo davvero bisogno di un nuovo avversario?”.

La conversazione spazia intorno ai più scottanti dossier di politica estera e indica un percorso di continuità fra Laschet e la cancelliera uscente Merkel, non di rado accusata dai “falchi” a Berlino di essere troppo morbida con la Cina. Rimane prudenza, ad esempio, quando si tocca il tema dei diritti umani. “Non sono sicuro che parlare sempre in pubblico, con veemenza e aggressività, della situazione dei diritti umani in un altro Paese comporti davvero miglioramenti sul campo”.

Prudente è anche il programma di Cdu e Csu, che in effetti non fa riferimento esplicito alle violazioni cinesi in Xinjiang, Hong Kong o Tibet, richiamate invece dalla diplomazia americana ai vertici in Regno Unito e Belgio, limitandosi a generici riferimenti alla difesa dei diritti umani dall’aggressione dei regimi autoritari. Generici sono infine i passaggi dedicati a una delle più sensibili pagine dei rapporti transatlantici: la sicurezza delle tecnologie critiche.

Germania e Stati Uniti, si legge nel manifesto, devono proteggere “la proprietà intellettuale, l’alta tecnologia e i dati” da “pericolose dipendenze”. Un riferimento alla Cina, definita “la più grande sfida alla politica estera e di sicurezza”, che però non scende nel dettaglio. Manca, ad esempio, la questione della rete 5G e della partecipazione di aziende cinesi accusate di spionaggio dall’intelligence americana come Huawei e Zte. Da anni un vero e proprio pungolo all’interno dei democristiani che ancora oggi impedisce un approccio comune e trova Laschet nella schiera degli “aperturisti”.

Gli Stati Uniti, recita il documento, “sono il nostro più importante partner politico globale”. “Partner” e “partnership” sono termini ricorrenti nel programma quando si fa riferimento agli Usa, qui invece segnando una distanza con il glossario dell’Ue: al termine del bilaterale con Biden a Bruxelles, la presidente della Commissione Ue Ursula von der Leyen li ha definiti “amici e alleati”.

Anche all’interno del capitolo Russia riemergono tutte le divergenze di approccio fra Stati Uniti e la Germania a trazione cristiano-democratica. L’invasione russa della Crimea è “inaccettabile”, dice Laschet al Financial Times, ma, aggiunge, sarebbe un grave errore sottostimare la Russia, “è il più grande Paese al mondo, una potenza nucleare”. Biden, ragiona il segretario, ha inviato “un segnale molto importante” a Ginevra nel suo bilaterale con Vladimir Putin, “prendendo la Russia con un interlocutore serio”. Il programma unitario presentato da Laschet e Soeder riserva parole al vetriolo per il Cremlino, “una minaccia aperta per gli alleati della Nato” responsabile di “attacchi cyber, disinformazione e propaganda”, che richiede “unità politica” e “deterrenza credibile” da parte di Ue e Nato.

Ancora una volta, però, sono gli “omissis” a fare rumore. Nel testo non c’è infatti alcun riferimento al gasdotto russo Nord Stream 2, uno dei nodi più spinosi nei rapporti fra Berlino e Washington DC. A maggio Biden, con una mossa che ha fatto discutere gli “oltranzisti” al Congresso, ha sospeso le sanzioni del governo americano contro le aziende europee che stanno ultimando la costruzione del gasdotto di Gazprom, ma il timore che il progetto si trasformi in un’arma geopolitica contro l’Ucraina rimane alto a Washington DC. Laschet, da parte sua, non ha mai fatto mistero di essere a favore del condotto, pur ribadendo che, qualora si dovesse trasformare in un mezzo di pressione contro il governo ucraino, “la base dell’accordo per il Nord Stream 2 cesserebbe di esistere”.

 

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