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Cina, Russia, Sahel. Fra esteri e difesa, il Pd svela la sua road map

Nel panel organizzato dal Partito Democratico, tante sono state le letture proposte delle vecchie e nuove minacce che minano la sicurezza nazionale. Dalla cyber minaccia al terrorismo. I conflitti sul Mediterraneo, i cambiamenti climatici, gli interessi di Cina e Russia e il ruolo (precario) dell’Unione europea

Sicurezza nazionale e insidie, terrorismo, scenari internazionali, cambiamenti geopolitici. Il ruolo dell’Unione europea, gli Stati Uniti sotto la presidenza Biden, le ombre di Russia e Cina che si allungano. Infine, la contingenza del G7. Il Pd, per il panel organizzato ieri pomeriggio dal dal titolo Tra vecchie e nuove minacce, come cambiano le priorità della sicurezza nazionale, ha puntato su relatori di altissimo profilo.

Dal presidente di Europa Atlantica Andrea Manciulli, passando per il presidente del Cesi Andrea Margelletti, il direttore dell’Ecfr Roma Arturo Varvelli, la docente de La Sapienza Alessia Melcangi, il Responsabile del programma Difesa dello IAI Alessandro Marrone e il presidente della commissione esteri alla Camera Piero Fassino. A moderare il dibattito, la giornalista de La Stampa Francesca Sforza.

L’introduzione è affidata alla deputata Lia Quartapelle, responsabile Europa, Affari internazionali e cooperazione allo sviluppo del Pd, che incardina il suo ragionamento partendo proprio dal summit in corso in Cornovaglia. Sul quale, dice la dem, “ci sono molte aspettative, specie perché riapre la prospettiva di quella collaborazione transatlantica di cui si sentiva la necessità”. Su questo è evidente che il cambio di presidenza negli Usa, da Trump a Biden, ha ripristinato “un asse che per noi ha un valore fondamentale”.

Quartapelle è convinta, scendendo sul tema del dibattito che la presenza di Biden “ci permetterà di affrontare nel modo corretto il confronto sulle minacce alla sicurezza nazionale. Ma il confronto non basta, occorre risolvere i problemi, sfruttando anche la struttura e la credibilità del premier Mario Draghi grazie al quale l’Italia giocherà un ruolo da protagonista”. Evitando poi “sbandamenti pericolosi, protesi verso la Cina, a cui abbiamo assistito durante il primo governo guidato da Giuseppe Conte”.

Nel dirimere queste problematiche, quale deve essere il ruolo dell’Europa? Una prima risposta arriva da Manciulli che osserva come in questi anni, a ben guardare, si sia assistito “a una progressiva perdita di influenza dell’Occidente e dell’Europa. Anche per questo dunque è auspicabile che l’asse transatlantico si rafforzi”. Anche perché le minacce e le insidie per la sicurezza “sono profondamente mutate, specie nel metodo e occorre prenderne coscienza”.

La minaccia cyber, “che ha rotto le maglie delle minacce ‘classiche’”. E su questo un triste primato ce l’ha il terrorismo. “Dal Daesh ad Al Qaeda, lo jihadismo che si è radicato negli stati in cui si sono verificati sconvolgimenti geopolitici rilevanti: dall’Iraq alla Siria”. Poi i nuovi problemi: dal cambiamento climatico con le sue ripercussioni sui flussi migratori, lo scioglimento dell’Artico “su cui si sono concentrate le attenzioni di Cina e Russia” e, non meno importante, lo scenario del Mediterraneo.

Compagine quest’ultima che Margelletti definisce “tumultuosa, ricca di incognite”. Con la quale però il nostro Paese dovrà fare i conti, in particolare su quanto andrà a verificarsi “nell’Africa Sub Sahariana”. Tuttavia, la conclusione a cui giunge il presidente del Cesi è che la cagione dei rischi a cui l’Occidente è esposto sia da imputare “agli occidentali stessi: disuniti, privi di una strategia comune, anche sul piano europeo”. A parlare di minacce “ibride” è invece Arturo Varvelli.

“L’attenzione deve essere alta non solo sui fattori esterni, bensì su quelli interni. In particolare relativamente al terrorismo”. Problematica quest’ultima “spesso risolvibile mettendo in campo seri progetti di integrazione”. Tornando alle minacce, specialmente per quelle legate all’economia, la variabile Cinese a detta di Varvelli è imprescindibile.

“La Cina sarà un rivale sistemico. Ed è per questo che occorre sfruttare la fase del governo Draghi (che ha già imposto veti importanti verso il paese del Dragone), per costruire una seria politica per la tutela dell’interesse nazionale”. Questa, secondo Varvelli, “è un’occasione da sfruttare anche per il Pd”.

Melcangi dal canto suo conferma che “il tema della sicurezza nazionale è sempre più complesso. Occorre per questo ripensare a una nuova architettura di sicurezza. Occorre una visione unitaria, di condivisone e respiro europeo”. Proprio per sciogliere alcuni dei nodi sul Mediterraneo.  “Un quadro frammentato, attraversato da pesanti fattori di instabilità e turbolenza”. Secondo Marrone, però, “nel Mediterraneo non si può contare sugli Stati Uniti. Ed è evidente che negli spazi vuoti lasciati dagli Usa si inseriscono altri attori”. In sostanza, tuttavia, “gli interessi nazionali dell’Italia sono riassumibili con un duraturo legame transatlantico, facendo affidamento alla compagine europea e a una politica nazionale più autonoma”.

La conclusione di Piero Fassino parte da un assunto: “La politica di sicurezza non è più scindibile dalla politica estera. Una conclusione a cui, l’Ue, è arrivata solamente qualche tempo fa”. Sull’affaccio mediterraneo, il presidente della commissione esteri alla Camera ha un’idea ben precisa: “Non abbiamo più uno strumento di governance multilaterale del Mediterraneo. Ogni paese è più libero e ciascuno persegue i propri interessi”.

In questo senso la Turchia di Erdogan ne è l’esempio più lampante. La conclusione è che occorra “progetto di ricostruzione di governance multilaterale”. Proponendo una lettura non perfettamente collimante con quella di Marrone, Fassino afferma che “il rapporto transatlantico con gli Usa deve essere rinsaldato, tanto più che il ruolo dell’America sul Mediterraneo è di primaria importanza, anche per le politiche comuni che deve attivare l’Ue”.

Dopo un excursus sui temi legati a terrorismo “la guerra senza bandiere e senza territorio”, sui cambiamenti climatici e sulle problematiche ambientali, arriva il passaggio dirimente sui diritti umani. “Una questione – dice Fassino – rimarcata con forza anche dal presidente Biden, anche nei confronti della Cina. Dunque, serve indagare il rapporto che intercorre fra identità e diritti”.

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