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Conte e Grillo, storia di un parricidio. Parla Diamanti (Youtrend)

Un ultimatum: o me o lui. Giuseppe Conte parla alla base e ai parlamentari del Movimento. A Grillo il ruolo di garante e padre nobile, ma l’ex premier vuole “i pieni poteri”, dice il co-fondatore di Youtrend Giovanni Diamanti. Nel mirino c’è anche Di Maio. Lo teme, ecco perché

O lui, o me. Se non è un golpe, poco ci manca. Giuseppe Conte lancia un appello alla base e alle truppe parlamentari: volete me o Beppe Grillo? Si chiude così, con un aut aut che sa di ultimatum, il primo round fra il Vate e il capo-in-pectore per il controllo del nuovo Movimento Cinque Stelle. C’è ancora un piccolo spazio per negoziare, ma è una strettoia, spiega a Formiche.net Giovanni Diamanti, co-fondatore di Youtrend.

Sarà il Movimento Cinque Stelle il nuovo Partito di Conte?

Questa è la direzione. Conte ha chiesto i pieni poteri. E a Grillo un passo di lato, che suona più come un passo indietro. Vuole una leadership piena, incontrastata. Non sarà facile liberarsi del fondatore.

Ha messo la base e i parlamentari di fronte a una scelta. Non è un azzardo chiedere di mettere da parte Grillo?

Certamente è un azzardo andare contro il padre fondatore del Movimento, che nei momenti più duri ha fatto da collettore del consenso. Conte ha la maggioranza del gruppo dirigente, ma Grillo ha ancora un grande peso. Nessuno gli ha mai fatto una guerra così esplicita. Anche se il fondatore non era l’unico bersaglio.

Cioè?

In modo indiretto, in conferenza stampa Conte ha attaccato anche Luigi Di Maio. Quando ha chiesto pieni poteri e un controllo diretto del Movimento, ha chiesto di toglierli alla sua personalità più autorevole nel governo.

C’è margine per negoziare?

Ne ha lasciato poco, i toni sono molto duri. Non ha rotto del tutto, poteva farlo. Né a lui, né a Grillo conviene lo strappo. Conte cercherà una formula ibrida per salvare la forma e non umiliare l’avversario interno. Nella sostanza, ripeto, ha chiesto i pieni poteri.

Forse c’è anche il timore di lanciarsi nell’avventura di un partito personale. O no?

I precedenti non sono felici. Se avesse voluto dar vita al famoso Partito di Conte lo avrebbe fatto prima di accettare la leadership del Movimento, appena uscito da Palazzo Chigi.

Al Tempio di Adriano Conte ha lanciato diverse frecciatine al Pd. Gli alleati “fedeli” non si toccano. Se vince lui l’alleanza diventa strutturale?

Su questo fronte il discorso di Conte ha riservato qualche sorpresa, posizionandosi più vicino al Pd di quanto non immaginassimo. Forse è semplice tattica, una mossa per mettere in difficoltà Di Maio. Forse è strategia: sono in arrivo le elezioni amministrative e queste parole, specie a Roma, possono fare la differenza.

Sogna ancora la guida del campo progressista?

Conte non vuole essere un semplice capo-partito. Preferisce la veste del leader istituzionale, che gli ha fruttato un immenso consenso in questi anni. Per questo cerca di parlare a un pubblico il più ampio possibile, non solo progressista, e sottolinea di continuo che agli italiani “non interessano le questioni di partito”.

Fra le condizioni poste a Grillo, una è stata chiarissima: la comunicazione non si tocca. Torna l’era Casalino?

Nel Movimento la comunicazione è strategica, più centrale che in qualsiasi altro partito. Dopotutto è stato fondato da un’agenzia di comunicazione, la Casaleggio Associati. Grillo vuole continuare su quella scia, Conte ha altri piani. Il metodo Casalino, che è uno spin doctor puro, personalizza la comunicazione, ne fa il perno dell’azione politica. Un’altra conferma che il Partito di Conte è già in fase di gestazione.

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