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Conte vuole essere l’anti-Draghi. E nel semestre bianco… Il mosaico di Fusi

Il neo-leader 5 Stelle è sufficientemente abile per poter incarnare vari aspetti e recitare varie parti in commedia, e l’ha già dimostrato. Ma se dovesse davvero schierare il Movimento di traverso al governo Draghi, peraltro con vocazione maggioritaria, rinnegherà il percorso tracciato con Bruxelles?

La domanda vera è una sola: cosa farà, come si comporterà, dove si collocherà Giuseppe Conte una volta che verrà formalmente investito della responsabilità di guidare i Cinquestelle. Certo, sono tutt’altro che indifferenti i nodi del rapporto con Beppe Grillo e i relativi poteri dell’uno e dell’altro: sotto questo profilo, al di là dei tanti boatos che emanano da una prateria sferzata da mille venti come è o appare adesso essere il MoVimento, risulta difficile immaginare che il Garante si faccia meno Elevato e ceda quote sostanziali di sovranità a Giuseppi.

Al dunque il minimo che può accadere è che venga formalizzata una diarchia che di per se sarà fonte di conflittualità e divaricazioni. A meno che Conte non accetti di fare l’esecutore delle volontà di Grillo: è il ruolo che all’inizio della legislatura volevano assegnargli Salvini e Di Maio; e sappiamo com’è andata a finire.

Perciò si ritorna al punto di partenza: che farà Conte leader pentastellato?

La risposta è al tempo stesso semplice e deflagrante: non potrà che essere l’anti Draghi. Conte leader non potrà cioè che trasformarsi nel punto di riferimento di tutta la vasta schiera di cittadini, centri di potere, élites che per un motivo o per l’altro non digeriscono l’agenda del premier né le sue priorità o scelte di campo: interne e internazionali (soprattutto).

Se così sarà, e non si vede come possa essere diversamente, il M5S subirà una torsione non di poco conto. Può perfino essere che decida di uscire dal governo durante il semestre bianco: molto difficilmente, per non dire assolutamente no, potrà accettare una eventuale indicazione per trasferire SuperMario da palazzo Chigi al Colle.

Imboccando una tale direzione la metamorfosi del MoVimento sarebbe quella del Gattopardo, al fine di presentarsi all’elettorato in una veste tale da consentirgli di rinverdire i fasti di inizio legislatura: se non proprio al 32 per cento, vetta siderale e ormai irraggiungibile, limitando i danni e mettendo il proprio fiato sul collo di possibili alleati (il Pd) e di identificati avversari (Salvini).

In realtà è uno schema che Conte vuole perseguire ma con l’obiettivo di recuperare tutte le anime, comprese quelle più primitive, del grillismo avendo come obiettivo dichiarato addirittura il 51 per cento. Ossia la realizzazione del vecchio sogno di Grillo (e dunque le distanze almeno ideali non sono poi così grandi) di governare da solo, senza bisogno di appoggi da parte di nessuno.

Se davvero la strada da imboccare sarà questa, di fatto la torsione che i Cinquestelle dovranno subire sarà doppia. Da un lato, appunto, la necessità di arruolarsi e diventare capofila dell’esercito anti-draghiano con tutto quello che consegue anche a fini di posizionamenti e rapporti di forza interni con l’ala “governista”; dall’altro dismettere l’aura di moderatismo, liberalismo e riscatto dei ceti medi che pure Conte (e Di Maio) sta cercando con veemenza di trasmettere.

Riuscire a tenere tuto insieme: palingenesi del sistema e tutela di chi temeva di perdere sotto l’urto della crisi le posizioni sociali ed economiche acquisite (che poi se ci si riflette bene sono due facce della stessa medaglia) è riuscito una volta. Non è detto che si possa garantire il bis dopo una stagione governativa con alleati opposti ma con il medesimo presidente del Consiglio, che non ha dato i frutti sperati.

In realtà di torsioni ce ne sarebbe perfino una terza, d’immagine e di sostanza. Così riassumibile: può essere Conte il leader che incarna questo sorta di ritorno alle origini, di accoglimento del richiamo della foresta della pancia pentastellata? L’uomo è sufficientemente abile per poter incarnare vari aspetti e recitare varie parti in commedia, e l’ha già dimostrato. Ma questa potrebbe essere troppo onerosa.

Abbiamo volutamente lasciato in fondo la madre di tutte le questioni. Che è la seguente. Se l’unica strada possibile per Conte è diventare l’anti-Draghi, come si sposa un tale obiettivo con il Recovery e i fondi che la Ue intende destinare all’Italia? Com’è noto, infatti, il presidente del Consiglio, indossato l’usbergo consegnatogli da Mattarella, si muove nel solco di condurre in porto riforme essenziali per modernizzare il Paese consentendogli di riprendere il cammino della crescita e dello sviluppo interrotto da vent’anni. Se Conte si mette di traverso, che fine fanno i fondi Ue e che fine fa l’Italia?

Di fatto Draghi incarna agli occhi di Bruxelles la garanzia che un determinato itinerario verrà confermato. Può Conte, qualunque siano le sue scelte, rinnegarlo? O non sarà che a forza di torsioni Conte farà come quei calciatori che dribblano tutti, alla fine anche se stessi?



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