Da un 2 giugno all’altro. L’anno scorso Mattarella scelse Codogno, in provincia di Lodi, per testimoniare una tragedia che molti speravano potesse finire con l’imminente estate. È andata diversamente. A Codogno disse che “in questi luoghi si ritrova oggi la Repubblica” perché lì “è iniziato il nostro percorso di sofferenza”, un percorso che ancora continua e che ha portato speranza con il vaccino e stravolgimenti politici con il governo Draghi. La riflessione di Stefano Vespa
Un anno fa l’Italia si ritrovò a Codogno, quest’anno l’invito è di ricordare che le istituzioni siamo noi stessi.
In attesa del discorso che stasera terrà al Quirinale, le parole del presidente Sergio Mattarella sono un filo che unisce l’Italia nell’era della pandemia da un 2 giugno all’altro.
La Festa nazionale della Repubblica anche quest’anno sarà limitata a poche cerimonie perché il Covid impedisce di nuovo la tradizionale parata ai Fori imperiali e costringe così a riflettere su un’epoca di transizione sanitaria, politica, economica e sociale.
L’anno scorso Mattarella scelse Codogno, in provincia di Lodi, per testimoniare una tragedia che molti speravano potesse finire con l’imminente estate. È andata diversamente.
A Codogno il Presidente disse che “in questi luoghi si ritrova oggi la Repubblica” perché lì “è iniziato il nostro percorso di sofferenza”, un percorso che ancora continua e che ha portato speranza con il vaccino e stravolgimenti politici con il governo Draghi.
Nei giorni scorsi, parlando ancora una volta ai ragazzi attraverso un programma televisivo a loro dedicato, il Presidente ha lanciato messaggi citando la celebre frase di John Kennedy: “Non chiederti cosa può fare il tuo Paese per te. Chiediti cosa puoi fare tu per il tuo Paese”. Nell’Italia di oggi, la frase è diventata un auspicio perché non ci si limiti a chiedere aiuto alle istituzioni pensando invece che “le istituzioni, in fondo, siamo noi stessi”.
Dopo la commozione e l’abbraccio collettivo che l’anno scorso partendo da Codogno arrivarono dovunque, quest’anno Mattarella sta insistendo sull’impegno e sulla necessità di essere protagonisti della ripresa. Nel tradizionale messaggio ai prefetti, ha sottolineato che le celebrazioni sono nel segno “dell’impegno collettivo per il rilancio del Paese e della ricerca di nuove prospettive di sviluppo e modernizzazione”. Vicinanza a chi soffre e gratitudine per chi lavora alla campagna vaccinale per un ritorno alla normalità con uno sguardo alla “opportunità di ampio respiro” grazie agli investimenti europei.
Nel 2021 ricorrono i 160 anni dell’Unità d’Italia, i 75 anni della fondazione della Repubblica, i 20 anni della reintroduzione del 2 giugno come festa nazionale voluta da Carlo Azeglio Ciampi, oltre ai 100 anni della tumulazione del Milite ignoto al Vittoriano. Fu Ciampi a ripescare dal dimenticatoio la parola Patria, tuttora desueta nonostante l’emergenza economico-sociale costringa tutti a “stringersi a coorte”. I cittadini cominciano a sfogarsi tra riaperture di ristoranti e spiagge, si intravede un accenno di ripresa economica mentre i partiti sono alle prese con accordi, inciuci, alleanze più o meno probabili, ognuno convinto di essere il prossimo salvatore della Patria (appunto).
Onoreranno il 2 giugno e Mattarella come si conviene, con quel tanto o poco di retorica declinata in base alle proprie ricette politiche, pensando non tanto a farsi notare in una fase in cui tutto gira intorno a Mario Draghi quanto a vincere le decisive battaglie delle amministrative autunnali.
C’è infine un altro filo che lega l’Italia, la scia delle Frecce tricolori. L’anno scorso attraversò tutta la Penisola dal 25 maggio al 2 giugno, oggi tornerà a sorvolare “solo” l’Altare della Patria: un simbolo, anche per una riflessione.