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Sul ddl Zan vorrei una Chiesa più cattolica, cioè più universale. Parla il prof. Consorti

Il ddl Zan può certamente essere migliorato, ma bisogna tenere presente che si innesta su una fattispecie che già esiste, e che prevede una pena più grave se il reato è commesso per motivi di odio contro alcune identità sensibili alla discriminazione. La tutela delle identità più deboli costituisce un principio di civiltà giuridica. Conversazione con il giurista cattolico Pierluigi Conforti, docente all’Università di Pisa e presidente dell’Associazione dei docenti universitari di diritto canonico ed ecclesiastico

Giurista cattolico di chiara fama, il professor Pierluigi Consorti conosce bene il diritto a differenza di chi gli chiede chiarimenti sulla nota verbale della Santa Sede in merito alla legge Zan. E così accetta di partire dalla sua rilevanza chiarendo che nella diplomazia il passo è delicato e rilevante: il successivo è la nota di protesta.

Dunque non è un fatto irrilevante, ma neanche senza precedenti. Un precedente lo ricorda e riguardava gli enti ecclesiastici. Lo Stato italiano chiedeva gli statuti delle parrocchie, e fu necessario spiegare che, sebbene enti ecclesiastici, le parrocchie non hanno statuto. Ci si capì. Ora è diverso, perché di mezzo c’è una legge in discussione che vorrebbe estendere a ulteriori tipologie identitarie la protezione speciale contro atti d’odio già riconosciuta per le identità etniche, religiose e razziali.

Ovviamente è difficile parlare di una nota di cui si conosce solo qualche frase citata tra virgolette, ma la sua impressione è che ci sia un equivoco, legato alla possibilità che affermare verità antropologiche confessate dalla Chiesa possa equivalere all’istigazione a commettere atti violenti. La Chiesa ha una sua dottrina, che prevede il matrimonio solo tra un uomo e una donna a fini procreativi. Ribadire, o per meglio dire proclamare questa certezza può creare problemi? Lui è convinto di no, ma crede che questo sia il punto.

La Chiesa è da poco uscita da una lunga epoca di discriminazione degli omosessuali, ma non ha ancora maturato una posizione egualitaria, e teme che proclamare la sua tradizionale visione della famiglia potrebbe apparire un’istigazione alla violenza contro gli omosessuali.

Per il professor Consorti chiaramente non è così. Sa bene che il problema sotteso a quello ufficiale è la permanenza di singoli che ancora discriminano, anche nell’episcopato, come si può leggere anche in questi giorni su tutti i giornali, e ritengono l’omosessualità una perversione, un peccato. Certamente non c’è istigazione all’odio, ma preoccupazione per l’affermazione di un modello antropologico non condiviso. Il suo ragionamento lo riassumo a parole mie così: è lecito dire che i liguri sono attenti al denaro, ma non posso per questo dire che i liguri vanno eliminati perché accumulano tutto il denaro nazionale. Esprimere un’opinione è lecito, esprimerla per istigare alla violenza no.

Dunque qui entra il problema dell’identità. Se si vuole risolvere il problema dell’odio verso gli appartenenti al mondo Lgbt bisogna capire che non ci sono alternative all’allargare anche a loro favore la protezione contro l’odio già accordata ad altre dimensioni identitarie. Colpire una persona è già un reato, ma colpirla in quanto ebrea o nero o immigrato è più grave in quanto esprime l’odio verso una certa identità. Ad esempio, nessuno deve essere picchiato per strada, ma un conto è picchiare un automobilista perché ci ha tagliato la strada, un conto picchiarlo perché è ebreo.

Il ddl Zan può certamente essere migliorato, ma bisogna tenere presente che si innesta su una fattispecie che già esiste, e che prevede una pena più grave se il reato è commesso per motivi di odio contro alcune identità sensibili alla discriminazione. La tutela delle identità più deboli costituisce un principio di civiltà giuridica. La Costituzione dice che “tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali”, questo significa che l’identità sessuale, religiosa, linguistica va protetta dalle discriminazioni e dalla violenza.

Da cattolico il professor Consorti solleva il problema della doppia morale di molti cattolici, che “predicano bene e razzolano male”, ma avverte anche l’importanza del fatto che, a quanto si sa, sulla questione della tutela penale la nota verbale – a suo avviso poco fondata – non presenterebbe eccezioni. Questo è un elemento positivo, mentre a suo avviso non si capisce quale problema avrebbero le scuole cattoliche a partecipare a iniziative previste nella giornata contro l’omotransfobia. Seguendo il suo ragionamento, bisogna distinguere tra la libertà di esternazione del pensiero sulla famiglia e sulla sessualità etero – che nessuno mette in discussione – e la necessità di perseguire chi istighi all’odio contro gli omosessuali.

Così tutta la conversazione finisce sulla delicatezza del tema dell’identità. In realtà, ciascuno vive un’identità plurale che non può essere ridotta ad un solo aggettivo, ciascuno è se stesso. Eppure certe identità sono state discriminate e hanno chiesto di essere riconosciute come tali per rivendicare il diritto di essere se stessi. È successo per l’orgoglio di essere donne, o neri, o gay. La questione del “pride” è complessa. Riguarda il passato, ma coinvolge anche il nostro presente, e il nostro senso inclusivo di comunità civile, che rispetta le diversità.

In definitiva il professor Consorti coglie la necessità di un approfondimento di certi temi, ma anche l’esigenza di una Chiesa che su questi aspetti si presenti più cattolica, cioè più universale.



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