Ingerenza o giusta rivendicazione? Agostino Giovagnoli, storico dell’Università Cattolica di Milano, legge la mossa della Segreteria di Stato vaticana sul ddl Zan. La nota di Gallagher per la Farnesina è legittima, ci sono dettagli della legge da chiarire. La Cei? È stata scavalcata, difficile capire le ragioni. E papa Francesco ha inviato un messaggio anche a Berlino e Washington DC…
Intromissione indebita o legittima preoccupazione? Come leggere la nota della Segreteria di Stato vaticana consegnata alla Farnesina da monsignor Paul Gallagher per frenare il Ddl Zan? E perché papa Francesco ha scelto di muoversi scavalcando la Conferenza episcopale italiana, che pure sul tema dell’identità di genere si è molto esposta in questi mesi? Lo abbiamo chiesto ad Agostino Giovagnoli, docente di Storia contemporanea all’Università Cattolica del Sacro Cuore.
È ingerenza?
Dal punto di vista giuridico certamente no. La Santa Sede solleva una questione su un accordo bilaterale con il governo italiano che deve essere modificato con il consenso di entrambe le parti. Sul piano formale, dunque, è un atto perfettamente legittimo. Si può discutere, semmai, della sua opportunità politica.
Ci sono precedenti?
Con ogni probabilità ce ne sono decine, ma la maggior parte è rimasta lontana dai riflettori. Un caso risale alla legge sul divorzio del 1970. Al governo furono inviate alcune note del Consiglio Affari pubblici della Santa Sede, oggi rappresentato da monsignor Gallagher. Tutto questo mentre l’iter per la proposta di legge era ancora aperto. Il tentativo non ha sortito effetti.
Lo Stato italiano può ignorare una nota della Santa Sede?
No, una risposta formale è imprescindibile. Il governo può anche limitarsi a rispondere che la libertà della Chiesa sui punti richiamati nella nota è garantita dalla Costituzione italiana, e che il ddl Zan non viola la Costituzione.
Ma per la Segreteria di Stato viola il Concordato. È così?
È legittimo sollevare il dubbio. L’obiezione mossa dalla Chiesa tocca la libertà d’opinione e di pensiero, tutelate già dalla Costituzione italiana. Già nei mesi scorsi sono state avanzate remore simili e non solo da parte di cattolici. Alcune di queste sono fondate.
Ad esempio?
Il Ddl Zan prevede una giornata nazionale contro la discriminazione e il pregiudizio. Manca però una definizione del pregiudizio sull’identità di genere. Dichiarare che “tutti gli ebrei sono avari” è un grave pregiudizio discriminatorio. Ma sostenere che l’identità di genere non deve negare la differenza sessuale è un’opinione legittima. Parliamo di dettagli tecnici, che però richiedono un chiarimento.
C’è un’alternativa: rivedere il concordato. Si può fare?
Mi sembra un passo drastico. Qui semmai si pone un problema di interpretazione di alcuni punti controversi che, così prevede l’intesa, può essere affidata a una commissione paritetica fra Stato italiano e Santa Sede. Ma per giustificare politicamente un simile intervento servirebbe un’ondata nazionale di indignazione contro la presunta interferenza del Vaticano che al momento non vedo.
Perché si è mossa la Segreteria di Stato?
Probabilmente è stata una scelta ponderata del papa. C’è un appiglio formale: spetta alla Segreteria di Stato occuparsi dei rapporti con uno Stato straniero. Poi c’è il piano sostanziale: si poteva scegliere un metodo e un canale diverso. Lo stesso presidente della Cei, il cardinale Gualtiero Bassetti, si è più volte pronunciato sul Ddl Zan. Il Vaticano ha scelto di inviare un segnale di chiarezza e compattezza più forte.
Non è un modo per esautorare la Cei?
È un fatto che la Cei sia stata scavalcata, difficile saperne il motivo. Forse la Santa Sede ha voluto rafforzare le posizioni prese nei mesi scorsi dai vescovi, ritenute troppo deboli. Forse invece ha cercato di mettere a tacere le voci critiche contro Bassetti e un approccio considerato indulgente. Siamo nel campo della speculazione.
Crolla il cliché di Francesco “papa progressista”?
Ha detto bene, è un cliché. Sui temi etici e bioetici il pontificato di Francesco presenta molti tratti di continuità con il suo predecessore, penso al sacerdozio o alla famiglia, nonostante alcune aperture che pure ci sono state e sono significative. L’etichetta di “progressista” è riduttiva e fuorviante.
La mossa del Vaticano invia un messaggio in codice alla Chiesa tedesca e americana?
Non è da escludere che ci sia l’intenzione di indicare una via mediana fra i due estremi, da una parte le dure prese di posizione della chiesa in Germania a favore di un nuovo approccio alle questioni di genere e dall’altra l’irrigidimento della gerarchia americana sui temi bioetici.
Negli Stati Uniti i vescovi potrebbero votare a favore di un documento che nega la comunione ai politici che, come il presidente Joe Biden, danno il loro assenso a politiche pro-aborto. Si arriverà a uno strappo?
Difficile dirlo. Mi sembra una scelta non difendibile da una prospettiva pastorale, anche perché Biden ha sempre dichiarato di essere personalmente contrario all’aborto, e avrebbe un impatto politico imprevedibile. Più probabile che il documento finale indichi una direzione evitando di fare nomi e cognomi.