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Ilva, ma non solo, lo Stato nell’economia serve. Parla Di Taranto

L’economista e docente di storia dell’economia: a Taranto era necessario l’intervento pubblico, una volta risolti i problemi si potrà restituire l’acciaieria a un libero mercato ma regolamentato. Ma il Patto di Stabilità…

Ha ragione Mario Draghi quando dice che l’Italia è in una fase nuova, che la ripresa c’è e si sente. Insomma che con buone probabilità il peggio è alle spalle. Ma, alt, non è ancora tempo per lo Stato di tirare i remi in barca, di fare passi indietro, soprattutto nell’industria. Anche se le sfide sono molte, a cominciare da quell’Ilva prossima al ritorno in mano pubblica ma di nuovo sull’orlo del baratro dopo la sentenza della Corte d’Assise che, sebbene non ancora esecutiva, ha disposto la confisca degli impianti (sull’acciaieria incombe il parere del Consiglio di Stato, che potrebbe decidere di spegnere gli altiforni). Legge così l’attuale momento Giuseppe Di Taranto, economista e docente di storico dell’economia e delle imprese alla Luiss.

Dal premier una ventata di ottimismo sulla rinascita del Paese dopo il buio della pandemia. Eccesso di zelo o sano realismo?

Direi la seconda, condivido pienamente la lettura di Draghi. Questo è il momento di creare le opportunità e abbandonare le incertezze. Oggi l’Istat ci ha detto che nel primo trimestre il Pil è cresciuto dello 0,1%, quando la previsione era negativa. E ieri Bankitalia ha detto che a fine anno dovremmo agguantare una crescita del 4%. In più la fiducia dei consumatori si sta portando sui livelli pre-crisi. Ecco, questi dati ci dicono che Draghi non pecca di eccesso di ottimismo. Anzi.

A proposito di Bankitalia. Ieri il governatore Visco ha messo in guardia dall’eccessiva avanzata dello Stato nell’economia e nell’industria, come dimostrano i casi Alitalia, Ilva. Lei che dice?

La storia dell’economia insegna che lo Stato deve essere presente nei periodi di crisi dentro l’economia. Ma è evidente che una volta che l’obiettivo è stato raggiunto, bisogna lasciare spazio al libero mercato. Un libero mercato regolamentato, altrimenti si corre il rischio di ripetere quei disastri che ben conosciamo. E ne abbiamo visto molti fino ad oggi.

All’Ilva i disastri non li ha fatti certo lo Stato, non in questi ultimi anni almeno visto che la privatizzazione risale al 1995. Ora su Taranto aleggiano nuove nubi, proprio quando lo Stato sta per tornare padrone dell’acciaio. Riuscirà a rilanciare una volta per tutte la più grande acciaieria d’Europa?

Nei casi come l’Ilva è fondamentale l’intervento dello Stato, che deve e può risanare una situazione per poi restituire l’asset al mercato. Vede, persino l’Europa è arrivata a capirlo, ammorbidendo e non poco le regole sull’intervento pubblico. E lo abbiamo visto anche con Alitalia, dove l’ingresso dello Stato è stato permesso. Non dimentichiamoci mai che a Taranto, ma non solo, ci sono decine di migliaia di famiglie che solo un intervento pubblico e ben calibrato può proteggere e tenere lontane dalla strada.

La stessa Europa che ha messo in stand by il Patto di Stabilità. O sbaglio?

Esattamente quella. Però dobbiamo essere onesti con noi stessi, il Fiscal Compact è stato sospeso ma non cambiato, cosa che chiedono quasi tutti i Paesi membri da anni. Persino Christine Lagarde ha chiesto un cambio del Patto, così come lo ha chiesto la Commissione Ue, peccato che finora le regole siano solo sospese ma non certo modificate. La verità è che nel 2023 il Patto tornerà e con parametri di finanza pubblica stravolti a causa della pandemia.

In compenso potremmo avere finalmente quel debito federale invocato da più parti e di cui gli eurobond sono lo strumento…

Ma magari! Il debito federale, condiviso, è la migliore espressione della nuova Europa. Quella è l’architettura che serve, ci voleva il Recovery Fund per arrivare a questo. La mutualizzazione del debito non è stata fatta finora perché non prevista da Maastricht. Ma adesso la musica è cambiata. Avremo il debito comunitario, ma sul Fiscal Compact non posso essere così ottimista.

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