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Cina o Usa? Quale geopolitica per l’alleanza Pd-M5S. L’interrogativo di Follini

Dallo stato maggiore del Pd ci si sarebbe aspettata una parola forte e chiara sulla geopolitica dell’alleanza, che invece non c’è stata. Diventa allora un po’ più difficile stare insieme senza avere uno straccio di idea comune sulle coordinate del mondo che verrà. Il commento di Marco Follini

Quando si alleano due partiti così dispari di storia, come Pd e M5S, viene da pensare al mito di Pigmalione. O a My Fair Lady, con Letta nella parte di Rex Harrison e Giuseppe Conte in quella di Audrey Hepburn (le mie scuse a entrambi). Insomma si immagina una trasmissione di esperienza, competenza, know how che i detentori del sapere politico e istituzionale mettono a disposizione dei nuovi venuti aiutandoli a orientarsi meglio nel labirinto pubblico in cui hanno appena fatto irruzione.

E invece tra Pd e M5S si sta realizzando un’alleanza asimmetrica e sbilanciata – ma all’incontrario. Un’alleanza nella quale i più esperti e smaliziati si muovono in punta di piedi, quasi intimiditi, come stessero sempre cercando l’approvazione dei loro nuovi compagni di viaggio. Mentre questi ultimi sembrano muoversi con la disinvoltura e la spregiudicatezza che solitamente si ritagliano i veterani dall’alto della loro longevità politica.

La giostra delle candidature locali è un buon esempio di questa asimmetria. Con il neo-leader Conte impegnato in una surreale difesa della sindaca Raggi senza che il Pd riesca mai a dargli sulla voce. E con l’apparato del Pd bolognese (e romano) che sponsorizza a piene mani il candidato che disturba meno i vicini grillini. Geometrie variabili, si sarebbe detto una volta. Quasi sempre però a tutto vantaggio degli ultimi arrivati, resi liberi di scorrazzare qua e là come se l’alleanza con i vicini fosse un optional.

Ma c’è un’altra questione, ben più importante, che grava sul futuro di questa combinazione. Ed è la politica estera. La questione cinese, soprattutto. L’irruzione di Biden sul G7 di Cornovaglia ha reso chiari i nuovi indirizzi occidentali. Si archivia l’egocentrismo dell’era Trump e gli Stati Uniti tornano ad annodare più strettamente il legame atlantico. Cosa di cui non per caso il premier italiano si è mostrato particolarmente compiaciuto.

Ora, al centro di questo rinnovato legame si staglia l’ambizione, ma direi anche il dovere, di concertare una politica comune verso Pechino. È un tema grandioso, che non riguarda solo la competizione economica. C’è una gigantesca e insidiosa incognita strategica che pende sull’equilibrio planetario e che nei prossimi anni rischia di farci sfiorare la soglia del conflitto. Si pensi solo alla questione di Formosa, che prima o poi può diventare qualcosa di più del muro di Berlino nel mondo che verrà.

Ora, che nel bel mezzo di tutto questo, nelle stesse ore, il guru dei 5 Stelle se ne vada a rendere omaggio all’ambasciatore cinese e il neo-leader si defili solo all’ultimo istante da quell’appuntamento accampando la ridicola scusa di un impegno personale rende chiaro che su questo indirizzo strategico non c’è uniformità di vedute nello schieramento, diciamo così, “progressista”. Nè si è ascoltata una sola voce dalle parti del Nazareno che abbia fatto sapere agli adepti del sacro blog che nessuna alleanza è possibile se si va per il mondo in ordine sparso.

Eppure il Pd, che celebra Moro e Berlinguer, dovrebbe sapere che il faticosissimo contatto tra i due partitoni dell’epoca si svolse solo all’indomani della famosa intervista in cui il segretario del Pci dichiarò di sentirsi “più al sicuro” da questa parte del muro. Per non dire degli infiniti esami di atlantismo e di europeismo a cui anni prima fu assoggettato il Psi di Nenni per poter accedere alla stanza dei bottoni.

Ecco, dallo stato maggiore del Pd ci si sarebbe aspettata una parola forte e chiara sulla geopolitica dell’alleanza. Dato che si può convivere pensandola diversamente sui cinghiali che pascolano nelle vie di Roma. Ma diventa un po’ più difficile stare insieme senza avere uno straccio di idea comune sulle coordinate del mondo che verrà.

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