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Perché ricordare i grandi incendi del 2018

Finora in Europa l’entità degli incendi boschivi non è ancora così grande da incidere in modo significativo sul potenziale di risorse delle foreste europee in totale. Però tali foreste sono abbastanza ben protette dal fuoco fino a quando la perdita di legname non avrà raggiunto un livello che influirà seriamente sulle possibilità di raccolta e di relativa commercializzazione. L’analisi di Giancarlo Elia Valori

L’estate del 2018 ha portato enormi perdite all’economia globale che devono ancora essere calcolate. Secondo Impact Forecasting, centro per lo sviluppo di modelli di disastro della società Aon Benfield, le perdite economiche dei soli agricoltori tedeschi potrebbero ammontare a 2,2 miliardi di euro (2,9 miliardi di dollari), e le perdite totali dei Paesi europei colpiti dagli incendi potrebbero superare i 4 miliardi.

A lungo termine, Europa e Usa devono ancora valutare il costo degli incendi. Secondo gli analisti, solo Carr Fire (23 luglio-agosto 2018), che è diventato uno dei dieci incendi boschivi più distruttivi registrati in California, ha causato perdite di circa 200 milioni di dollari, oltre ad un importo di circa 160 milioni per costi di localizzazione ed eliminazione del fuoco.

Oltre a Carr Fire, nello stesso periodo in California sono infuriati anche Mendocino Complex Fire, Nelson Fire e Holy Fire. I vigili del fuoco hanno operato per due mesi sconfiggendo gl’incendi solo sul finire del settembre 2018.
In Europa, gli incendi più distruttivi si sono propagati in Portogallo, Svezia e Grecia. Qui, gli incendi hanno anche riportato a galla i casi di abusivismo edilizio a Mati, da alcuni additati come possibili cause (dirette o indirette) di un incendio doloso. Si ritiene infatti che gli incendi possano esser scoppiati per speculazioni edilizie o con l’obiettivo di saccheggiare le case abbandonate.

Gli analisti di Aon Benfield hanno definito quest’ultimo “l’incendio più mortale in Europa dal 1900”. Le autorità hanno confermato che almeno 92 persone sono morte, almeno 905 strutture sono state distrutte in Attica e 740 danneggiate.

I danni degli incendi boschivi in Svezia sono stati stimati in oltre 100 milioni di dollari. Al culmine degli incendi del luglio 2018, il numero telefonico di emergenza ha ricevuto 13mila chiamate al giorno.

L’area degli incendi era di circa 20 mila ettari. Il Paese ha persino chiesto ulteriore assistenza antincendio all’Unione europea e all’inizio di agosto la Commissione europea ha annunciato che più di 360 vigili del fuoco, sette aerei, sei elicotteri e 67 veicoli erano stati mobilitati per aiutare la Svezia. È stata la più grande operazione civile di incendi boschivi in Europa in un decennio e la maggiore in termini di dispiegamento di personale. Sono state eseguite 815 ore di voli aerei e 8.822 scarichi di acqua nei centri di combustione.

L’Ue ha coordinato l’assistenza collettiva alla Svezia, fornita dai governi di Italia, Francia, Germania, Lituania, Danimarca, Portogallo e Polonia. Per sostenere i vigili del fuoco di questi Paesi europei sono stati stanziati 1,15 milioni di euro per le spese di viaggio. Anche Austria, Repubblica Ceca e Turchia hanno offerto il proprio aiuto.
Inoltre, nell’ambito del programma Copernicus dell’Ue sono state prodotte 37 mappe satellitari. Si noti che il meccanismo di protezione civile dell’Ue si applica a 34 Stati europei (28 Stati membri dell’Ue, Repubblica di Macedonia, Islanda, Norvegia, Montenegro, Serbia e Turchia). La commissione ha osservato che gli incendi boschivi distruttivi stanno diventando quasi un fenomeno comune in Europa, poiché le cause del loro verificarsi sono associate al cambiamento climatico globale.

Riportare alle memoria eventi che sembrano lontani, data le velocizzazione di comunicazione dei nostri tempi, significa riflettere che tre anni non sono un tempo da dimenticare specie perché le conseguenze le paghiamo e le pagheremo oggi, da un giorno all’altro e in maniera inattesa.

Del resto non possiamo stupirci del fatto che quest’anno la primavera non è esistita, con la maggior parte della gente a chiedersi ebetemente il perché.

Stiamo affrontando una nuova realtà in quanto dobbiamo imparare da queste tragedie e adoperarci per rafforzare un meccanismo non solo di protezione civile, ma pure di prevenzione in modo da essere collettivamente più preparati a combattere tali fenomeni e rispondere in modo più efficace ai numerosi disastri del continente.

Non dimenticando di comminare sanzioni penali ai delinquenti che appiccano incendi per favorire il proprio miserabile orizzonte: individui che ai nostri tempi la passano perlopiù liscia a pretesto di essere psicolabili in genere per “colpa della società”, come hanno insegnavano i sessantottini mille anni addietro.

La ragione principale dell’aumento della portata degli incendi boschivi sia nel mondo nel suo insieme che in Europa è il cambiamento climatico: periodi di caldo anormale e la siccità diventano più lunghi e intensi, quindi, con incendi sempre più difficili da affrontare.

Come sappiamo ciò si è manifestato chiaramente anche in altri incendi catastrofici in Germania, Gran Bretagna, Brasile (2019 e 2020) e in molti altri Paesi e regioni del mondo, e il nostro Paese non fa eccezione. Il rischio di incendio dovuto al cambiamento climatico sta crescendo più velocemente di quanto i servizi antincendio boschivi, anche quelli più professionali e ben attrezzati, abbiano il tempo di adattarsi a tali mutamenti.

Gli scienziati dell’Università di Oxford hanno attirato l’attenzione sul cambiamento climatico globale. Le temperature senza precedenti osservate durante l’estate del 2018 sono un risultato diretto del cambiamento climatico.

I ricercatori hanno analizzato i dati delle stazioni meteorologiche nell’Europa settentrionale – Finlandia, Danimarca, Irlanda, Paesi Bassi, Norvegia e Svezia – e hanno confrontato le letture della temperatura con i record storici e hanno notato che l’ondata di caldo 2018 è stata senza precedenti.

Il pianeta può e deve contenere la crescente probabilità di eventi meteorologici estremi limitando il più possibile le emissioni di gas serra. Gli incendi boschivi, a loro volta, sono un’ulteriore fonte di gas serra. Normalmente, le foreste assorbono anidride carbonica, ma a causa della combustione del legno, questa viene emessa in grandi volumi e influisce sul riscaldamento globale, che a sua volta porta a nuovi incendi boschivi in un ciclo uroborico.

In California, un successivo incendio, scoppiato l’8 novembre 2018, ha distrutto circa settemila edifici in quattro giorni e il fuoco ha coperto un’area di 80mila ettari. Trentuno persone sono morte e 150mila residenti in California sono stati evacuati.

Per cui il discorso non è solo limitato al modello meteorologico del lungo periodo, ma pertiene alla sicurezza delle persone e all’impatto negativo economico.

Le perdite da incendi boschivi in Europa e in Usa, come accennato in precedenza, ammontano a centinaia di milioni di dollari ed euro. Sono in pericolo le riserve forestali del pianeta Terra.

Finora in Europa, l’entità degli incendi boschivi non è ancora così grande da incidere in modo significativo sul potenziale di risorse delle foreste europee in totale. Però tali foreste europee – dal Portogallo alla Russia – sono abbastanza ben protette dal fuoco fino a quando la perdita di legname non avrà raggiunto un livello che influirà seriamente sulle possibilità di raccolta, e di relativa commercializzazione.

La silvicoltura intensiva ha un margine piuttosto ampio di sicurezza e redditività economica; forse tra uno o due decenni, se gli incendi cresceranno perlomeno nel nostro Continente, essi inizieranno a influenzare esizialmente i risultati della predetta attività sulla scala dei grandi Paesi forestali europei, non dimenticando che esso Continente ha pur sempre una superficie limitata, non essendo altro che una penisola esigua d’Eurasia.

Al contrario gli incendi in California sono stati principalmente causati dalla siccità e dai forti venti, che contribuiscono alla propagazione del fuoco, situazione favorita dalla centralità interoceanica del Continente americano.

Tuttavia, gli esperti notano – come abbiamo prima sottolineato – che nella maggior parte dei casi, la causa principale del suo verificarsi è il fattore umano fra imbecillità e calcolo doloso: un mozzicone di sigaretta abbandonato, una bottiglia di vetro rotta, che può funzionare come una lente.

Ad esempio, in Russia sempre nella lunga estate calda 2018, le foreste sono state bruciate in Jakuzia e nel territorio di Krasnojarsk, Novosibirsk e Tomsk ossia in regioni scarsamente popolate, però v’è stata anche colpa umana. Alla fine di agosto, più di 14,6 milioni di ettari sono stati coperti dal fuoco. Greenpeace ha osservato che si trattava di circa la metà dell’intero Regno Unito.

Ma in Russia gl’incendiari non sono poi catturati per avere lo psicologo accanto a cui raccontare la loro infanzia edipica in un patio di un a casa famiglia, ma scontano pene severe a monito di stupidità e bassezze.

Sin dal 2015 le stesse azioni commesse nell’ambito di un regime speciale di sicurezza antincendio implicano un aumento delle multe per i cittadini fino a 4mila rubli e per le persone giuridiche fino a mezzo milione: ad esempio quali gli incendi derivanti dalla pratica dell’uso del suolo e delle foreste (tipo la combustione volontaria di erba secca, stoppie, foglie, residui di abbattimento e materiali combustibili simili in aree naturali).

Se poi sono distrutte vite o beni altrui o viene arrecato danno alla salute dei cittadini, si passa al penale a carico degli autori dell’incendio, i quali pagheranno il filo senza psicologo. Per non parlare poi dei piromani, sulla cui sorte in Russia lascio il lettore riflettere.


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