Più ancora dei programmi, dei ruoli e delle idee, dietro lo scontro fra Beppe Grillo e Giuseppe Conte c’è una questione privata. Questo raccontano gli aneddoti della contesa. Gli insulti, i blitz per mediare, i viaggi in programma e quelli annullati, gli sherpa tornati a bocca asciutta
Va bene, il Movimento, i due mandati, la diarchia e la monarchia, governo o non governo. La verità è che Beppe Grillo e Giuseppe Conte hanno un conto privato in sospeso. Dietro alla pubblica contesa fra il fondatore e il quasi-capo c’è, soprattutto, una questione personale.
Questo raccontano i tanti aneddoti trapelati sulla stampa da giovedì pomeriggio, quando un comizio romano di Grillo agli eletti ha messo nel mirino l’ex premier e avvocato che, offeso, si è ritirato sull’Aventino.
In attesa che Conte proferisca parola dal Tempio di Adriano di Roma, dove ha convocato una conferenza stampa questo pomeriggio, sono i dettagli a far capire qualcosa del percorso accidentato e scosceso del Movimento 2.0.
Il primo a mettere il broncio pubblicamente, in verità, è stato Grillo. Che, ha raccontato Marco Imarisio sul Corriere, non ha preso bene la reazione di Conte al suo show a Montecitorio. Pensava perfino di avergli strappato un sorriso. Così, quando ha letto le prime veline sui malumori del capo in pectore, “voglio pubbliche scuse”, si è offeso lui, di rimando. Trolley in mano, è partito per Genova, mandando a farsi benedire i poveri senatori che cercavano al telefono di portarlo a miti consigli.
Con la stessa velocità Grillo ha annullato il viaggio di ritorno a Roma previsto questo lunedì, un altro blitz per mediare last minute. Conte, alla fine, ha scelto di fare la conferenza stampa. Un altro sgarbo per l’“Elevato”, che questa volta il trolley l’ha disfatto, in attesa della resa dei conti pubblica.
A niente sono serviti gli onorevoli pellegrinaggi dei grillini più vicini all’ex premier, Paola Taverna, Ettore Licheri, Stefano Patuanelli. Nessuno è riuscito a incrinare il “niet” di Conte. Sulle agenzie però fioccano veline dei “pontieri”, gli “sherpa”, i mediatori al lavoro, “non ci saranno attacchi personali a Grillo”, assicurano i fedelissimi.
C’è anche chi sussurra un piano B, per evitare lo scontro frontale. Dalle colonne del Fatto Quotidiano arriva un consiglio non richiesto di Antonio Padellaro: “Dia retta, professor Conte, si goda una meritata vacanza”. Che poi altro non è se non il dilemma morettiano: “Mi si nota più se vengo o non vengo”? Prolunghi pure il suo Aventino, consiglia la firma del Fatto. Saranno loro, i grillini, a tornare in processione, Vate incluso, per invocare il suo ritorno.
Già, ma loro chi? A buttar sale sulle ferite fra Conte e Grillo in queste ore c’è uno degli sport preferiti della politica italiana: la conta. Quanti sono i contiani nel Movimento? Quanti i grillini usque ad mortem? E lui, Conte, vuole farsi un partito suo? Da una parte e dall’altra i parlamentari vicini ai leader escludono lo scenario di una scissione. Sulla tentazione di una nuova forza politica incombe l’esperienza non proprio felice di Scelta Civica, la creatura con cui Mario Monti scese in campo alle elezioni del 2013 lasciando Palazzo Chigi.
Certo è che, per quanto folte siano le truppe dell’ex premier pronte a seguirlo a qualunque costo, un Movimento senza Grillo è difficile da immaginare. “Grillo non è Davide Casaleggio, non riusciranno a eliminarlo – sorride sul Giornale l’ex capo della comunicazione M5S alla Camera Nicola Biondo – Grillo gli ha consegnato (a Conte, ndr) le chiavi della macchina, ma in un certo senso la macchina è sua”.