Tim Cook ha annunciato il ritorno al lavoro in ufficio da settembre, per tre giorni a settimana. Ma migliaia di dipendenti del meraviglioso quartier generale vogliono continuare a lavorare da remoto. E hanno scritto una lettera in cui espongono tutte le loro fragilità
Apple ha chiesto ai suoi dipendenti di tornare in ufficio tre giorni alla settimana (lunedì, martedì, giovedì) a partire da settembre, lasciando la possibilità di lavorare da remoto nei restanti due giorni e per due settimane ogni anno. Stiamo parlando di dipendenti che guadagnano in media circa 180mila dollari l’anno, il cui luogo di lavoro è “l’astronave”, il quartier generale di recente costruzione e costato 5 miliardi di dollari, in cui si può godere di benefit di ogni tipo – tra cui una gigantesca palestra, due piani di sale yoga, studi medici e dentistici – e consumare cibo a qualunque ora a spese dell’azienda.
Eppure un gruppo di dipendenti ha scritto una lettera a Tim Cook, Ceo della società, considerandola una scelta avventata e sbagliata: “Senza l’inclusività che la flessibilità garantisce, molti di noi sentono di dover scegliere tra le nostre famiglie, il nostro benessere e il fare il nostro lavoro al meglio, oppure essere parte di Apple”. Secondo The Verge, che ha pubblicato il testo, molti avrebbero voluto che Apple facesse come Twitter e Facebook, che hanno detto ai dipendenti che possono lavorare da casa per sempre, anche dopo la fine della pandemia.
“Nell’ultimo anno ci siamo spesso sentiti non solo inascoltati, ma a volte attivamente ignorati”, prosegue la lettera. “Messaggi come, ‘sappiamo che molti di voi sono ansiosi di riconnettersi di persona con i vostri colleghi in ufficio,’ senza riconoscere che ci sono sentimenti direttamente contraddittori tra di noi, ci è sembrato sprezzante e invalidante … Sembra che ci sia una disconnessione tra il modo in cui il team esecutivo pensa al lavoro remoto e le esperienze vissute da molti dei dipendenti della Apple”.
Sembra la guida, quantomeno lessicale, alla nuova generazione fragile, in cui i sentimenti diventano diritti fondamentali. Ma la Silicon Valley ha lasciato che ogni doglianza fosse legittima, e ora si trova a dover gestire la voglia dei suoi lavoratori di non mettere più piede in uffici pensati per essere luoghi di inclusione e benessere. Non è bastato.
La lettera parte da un canale Slack (piattaforma per messaggi tra colleghi) intitolata “sostenitori del lavoro da remoto” che ha circa 2.800 membri. Circa 80 persone sono state coinvolte nella scrittura e nella redazione della nota. Che prosegue con una lunga lista di richieste, tutte volte a definire il lavoro “on-site” come un sopruso sindacale. Non manca la scusa dell’ambiente: “Chiediamo formalmente di conoscere l’impatto ambientale del ritorno al lavoro di persona, e come la flessibilità permanente a distanza potrebbe compensare tale impatto”. E pensare che nel 2017, quando è stato inaugurato, il quartier generale era considerato uno dei luoghi più sostenibili al mondo. Almeno finché i suoi dipendenti non hanno scoperto il lavoro (fr)agile.