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In Libia parte la campagna elettorale senza la certezza delle elezioni

L’unico vero competitor di Basghagha tra chi è già in campo è l’ex vicepresidente del Consiglio di presidenza libico, Ahmed Maitiq. Ma si muovono dietro le quinte anche Khalifa Haftar e Saif al-Islam Gheddafi, nonostante non appaia in pubblico ormai da una decina di anni e non si sappia dove si trovi effettivamente

Nonostante gli ostacoli ancora presenti sul cammino che porta alle elezioni politiche e presidenziali del 24 dicembre, i candidati alle presidenziali sono già scesi in campo dando vita alla loro campagna elettorale.

In Libia le istituzioni militari restano divise, così come la via costiera è ancora chiusa e le milizie di mercenari stranieri sono ancora presenti ad est come ad ovest del paese. Eppure nonostante questo, nonostante le difficoltà dei politici di raggiungere un accordo sulla base costituzionale che dovrebbe aprire la strada allo svolgimento delle elezioni il 24 dicembre 2021, e il mancato accordo sulla nomina delle cariche sovrane tra parlamento e Consiglio di Stato, un folto gruppo di politici è già sceso in campo dando vita alla loro campagna elettorale per le presidenziali.

Il primo e più esposto tra i politici che si candida per la guida del paese è il ministro degli Interni dell’ex Governo di Accordo Nazionale libico, Fathi Bashagha. Dopo la delusione della sconfitta della sua lista, alleata con quella del presidente Aguilah Saleh a guidare il governo unitario in questa fase di transizione in sede di Forum di Dialogo politico a Tunisi, l’esponente politico considerato legato ai Fratelli musulmani ha intrapreso una tournée europea nell’ambito di una campagna elettorale anticipata, che lo ha portato prima a Parigi, poi a Roma, Bruxelles, Londra e Amsterdam e che si è conclusa a Berlino. Durante la sua visita di tre giorni a Roma ha incontrato leader politici e ha tenuto incontri con alcuni think tank, rilasciando anche interviste alla stampa.

In un’intervista al quotidiano francese “L’Opinion”, Bashagha ha messo in dubbio le intenzioni del governo di unità nazionale di arrivare a queste elezioni, affermando che “l’attuale governo non intende attuare la road map per uscire dalla crisi”. Ha sostenuto che non ci sono contrasti tra il presidente del Consiglio presidenziale, Muhammad al-Menfi e il premier Abdulhamid al-Dabaiba, “anche se quest’ultimo cerca di garantire il suo governo, sebbene ci sia la pressione popolare e il sostegno della comunità internazionale per attuare la road map”. Bashagha ha inoltre aggiunto che “l’istituzione di una nuova autorità frutto delle elezioni è l’unica in grado di imporre il ritiro dei combattenti stranieri dalla Libia”.

L’unico vero competitor di Basghagha tra coloro i quali sono in campo in questa fase è l’ex vicepresidente del Consiglio di presidenza libico, Ahmed Maitiq. Considerato quello che ha maggiori possibilità di vincere al momento in quanto è l’unico che pur essendo di Misurata, dell’ovest, gode di un forte credito anche nell’est del paese. Lo prova il fatto che un sito di informazione di Bengasi, “al-Marsad“, considerato vicino alle forze di Khalifa Haftar, dia spesso notizia delle sue attività politiche tese a garantire lo svolgimento delle elezioni entro la data prevista.

In un post su Facebook di recente Maitiq ha affermato che la Missione di sostegno delle Nazioni Unite in Libia chiede di accelerare l’installazione delle strutture necessarie per lo svolgimento delle elezioni entro le scadenze specificate. Il timore infatti e che siano proprio i membri del parlamento e del Consiglio di Stato a non volere il voto per garantire i loro seggi, e per questo il politico di Misurata ha scritto: “Noi libici ci chiediamo dove sia il problema oggi nel nostro Paese: nei suoi organi esecutivi o legislativi?”.

Un altro candidato è il capo del blocco “Ihya Libia”, Aref Al-Nayed, noto per essere stato ambasciatore libico negli Emirati Arabi Uniti da giugno 2011 a ottobre 2016 e quindi particolarmente legato ad Abu Dhabi. Si tratta quindi di politici che non nascondono la loro intenzione di candidarsi alla presidenza della Libia dopo che sono rimasti fuori dall’attuale governo. Alcuni come Maiteeg hanno compiuto questa scelta intenzionalmente per potersi candidare alle elezioni di dicembre 2021. Il 4 febbraio scorso infatti, il politico di Misurata ha ritirato la sua candidatura durante il Forum di dialogo politico di Tunisi per consentire il giorno dopo la vittoria della lista di al-Dabaiba, consapevole del fatto che se fosse stato eletto non avrebbe potuto poi presentarsi alle elezioni del 2021, come promesso in sede di presentazione delle liste al dialogo di Tunisi sponsorizzato dall’Onu.

A causa del mancato raggiungimento di un accordo sulla base costituzionale da adottare prima delle elezioni da parte del Forum di dialogo, l’ambiguità domina la scena politica in attesa del primo luglio prossimo, data fissata per il completamento della legge elettorale, dopo le sessioni del dialogo. Queste ultime sono in una fase di stallo e non trovano un accordo sulla decisione di eleggere il prossimo presidente del paese direttamente o indirettamente o se svolgere il referendum sulla costituzione prima della data del 24 dicembre o dopo.

Questa divisione nella scena libica ha suscitato la preoccupazione del capo dell’Organizzazione per le elezioni nazionali, Imad al-Sayeh, che ha sottolineato la mancanza di chiarezza nella decisione politica e ha affermato: “Nel caso in cui le leggi necessarie non vengano approvate entro l’inizio del prossimo luglio, cambieremo il nostro piano per attuare il diritto al voto a causa dell’insufficienza di tempo richiesta per organizzare le elezioni”.

Al-Sayeh, ha affermato che lo svolgimento delle elezioni nel suo Paese dipende dalla creazione di un ambiente giuridico adatto e dall’accordo sulla base costituzionale da trovare prima di luglio. Nonostante le incertezze della classe politica libica, la sua commissione ha completato quasi il 90 per cento dei preparativi della sua attrezzatura tecnica per le prossime elezioni, aspettandosi che il numero di libici idonei a votare entro la fine di quest’anno raggiungerà i 3 milioni. Il presidente del comitato chiamato a organizzare le elezioni in Libia ha annunciato all’emittente “Libya al-Ahrar” che tutto sarà pronto entro il 15 giugno.

Pur dipendendo tutto questo dal contributo finanziario del governo che non potrà esserci se prima il parlamento di Tobruk non approverà il bilancio dello Stato 2021. La Sezione di supporto logistico della commissione elettorale libica ha ricevuto nei giorni scorsi due spedizioni di materiale elettorale. Si tratta di materiale necessario per il processo di registrazione degli elettori, in vista dell’appuntamento del 24 dicembre. Fa sapere l’ufficio stampa della commissione elettorale libica che continuano i preparativi per garantire le operazioni di spedizione e stampa e per fornire i materiali necessari per avviare il processo di registrazione degli elettori. L’apertura del registro degli elettori è atteso nei prossimi giorni.

Nonostante i preparativi in corso incombe sul processo elettorale la preoccupazione per ciò che faranno altri candidati che ancora non hanno palesato la loro volontà di scendere in campo politicamente, seguendo la via democratica, ma che da tempo manifestano la loro intenzione di assumere la guida del paese. Il primo è il generale Khalifa Haftar il quale resta al momento l’uomo forte della Cirenaica. Il 29 maggio ha tenuto una parata militare nella base aerea di Benina, presentata come la più grande della storia della Libia, allo scopo di dimostrare di essere ancora presente nella scena politica libica.

L’altro è invece il figlio del colonnello libico, Saif al-Islam Gheddafi, il quale ultimamente tramite i media libici che lo sostengono, come l’emittente satellitare “Libya al-Ghad” e i numerosi gruppi sui social gheddafiani, viene presentato come un candidato per le prossime presidenziali in Libia nonostante non appaia in pubblico ormai da una decina di anni e non si sappia dove si trovi effettivamente.



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