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Libia, il contrabbando e la “rabbia del Fezzan”

Il portavoce del movimento “Rabbia del Fezzan” spiega a Formiche.net la crisi che vive la sua regione e i pericoli che ne derivano

Mentre la diplomazia europea si muove a sostegno del governo di Tripoli e a Bengasi si organizzano parate militari, il sud del paese è sempre più un deserto di mafie e Jihad. A denunciarlo è il leader del movimento “Rabbia del Fezzan”, Bashir al-Sheikh, in un colloquio con Formiche.net. Al termine del tour che ha visto il premier libico Abdulhamid al-Dabaiba ad Algeri, Roma e Parigi, emerge sempre di più lo stato di abbandono nel quale versa la popolazione del sud della Libia e in particolare dell’area di confine, usata come base da bande diverse per traffici di vario tipo.

Una delle conseguenze di questa situazione è che in questi giorni i residenti del sud della Libia subiscono una grave carenza di carburante, pur vivendo in un paese ricco di petrolio dove non ci sono però trasporti pubblici. Da giorni non si trova più benzina nel Fezzan a causa del contrabbando di questo prodotto all’estero. E’ possibile rifornirsi solo tramite il mercato nero a prezzi maggiorati e ciò accade sotto gli occhi delle forze di sicurezza che dovrebbero rappresentare lo Stato libico.

“Le quantità di carburante che raggiungono il sud, dai depositi di petrolio situati nella Libia occidentale, vengono rubati e smaltiti prima di arrivare alle stazioni di servizio ufficiali autorizzate dallo stato, sia per contrabbandarli nei paesi confinanti come il Niger e il Ciad, sia per venderli ai cittadini tramite il mercato nero a prezzo raddoppiato”, ha spiegato al-Sheikh.

Il tragitto percorso dal carburante dall’ovest della Libia al sud passa attraverso diverse fasi. Il carburante esce su dei camion dal deposito petrolifero di Misurata ed arriva al deposito petrolifero di Sebha. Secondo il leader del gruppo, che nel 2019 ha occupato per diversi mesi gli impianti petroliferi di al-Sharara, “è lì che sorge il problema. Una volta che il carburante arriva nel deposito di Sebha va direttamente nelle mani dei contrabbandieri che lo inviano nei paesi di confine invece che ai proprietari dei distributori di benzina che dovrebbero fornire carburante ai cittadini a prezzo calmierato. La conseguenza è che anche i rivenditori devono rivolgersi al mercato nero. La benzina quindi che si trova in zona arriva a volte a 4 dinari libici (0,75 centesimi di euro) al litro, mentre il suo prezzo ufficiale non supererebbe i 0,5 dinari”.

Il leader del movimento del Fezzan, al-Sheikh, che vive nella città di Ghat, ha aggiunto che solo una piccola quantità di carburante è arrivata ai distributori ufficiali della sua città, dove le persone si mettono in fila con le loro auto. A volte attendono per diverse ore, una scena che è diventata un appuntamento fisso nella sua zona. Inoltre l’esponente del movimento giovanile del Fezzan ha denunciato l’assenza dello Stato e la mancanza di controllo sui prodotti petroliferi che vengono inviati al sud, aggiungendo che i servizi di sicurezza della regione chiudono un occhio sul contrabbando.

Al-Sheikh ha lanciato un appello all’Italia che in passato era intervenuta sostenendo progetti di sviluppo nella sua regione: “Non si può risolvere il problema dell’immigrazione e delle mafie che attraversano il Sahara senza un sostegno dell’Italia al sud della Libia, in collaborazione con le autorità locali. La Libia è un paese di transito non solo per i migranti ma anche per la criminalità organizzata”.

Per questo nei giorni scorsi gli attivisti del movimento “Rabbia del Fezzan” hanno organizzato un sit-in di protesta, durante il quale hanno chiesto la fornitura di carichi aggiutivi di carburante dalla Tripolitania, invitando il Primo ministro Dabaiba a soddisfare le esigenze dei cittadini. I manifestanti hanno chiesto anche la formazione di un comitato presieduto da un membro del governo per seguire la distribuzione di questo bene anche a Ghat e Qatrun, oltre ad assegnare al comitato militare congiunto “5 + 5” il compito di garantire il trasporto del carburante, proteggere i camionisti e garantire il suo accesso ai cittadini in modo naturale e al suo prezzo reale. La scorsa settimana il presidente della compagnia petrolifera libica National Oil Corporation (Noc), Mustafa Sanallah, durante una visita alla città di Sebha, ha confermato che i contrabbandieri erano i responsabili della mancata consegna di carburante nella regione meridionale.

Il vice primo ministro del governo di unità nazionale, Ramadan Bujnah, ha accompagnato il 30 maggio Sanallah e il presidente del comitato di gestione della Brega Oil Marketing Company, Ibrahim Abu Breda’a, nella città di Sebha nell’ambito di una visita di ispezione nella regione meridionale. La delegazione ha effettuato una visita ispettiva al deposito petrolifero dell’aeroporto internazionale di Sebha e al deposito petrolifero per verificare lo stato di avanzamento delle operazioni di rifornimento di carburante ai due depositi. Sanallah ha promesso che invierà una fornitura di carburante al sud nonostante le “difficoltà” e ha espresso la speranza che la situazione della sicurezza migliori nel Fezzan in modo che il rifornimento possa avvenire senza ostacoli.

Il movimento “Rabbia del Fezzan” è nato nel settembre del 2018 per chiedere sicurezza, lavoro e sviluppo nel sud della Libia. E’ sorto all’onore delle cronache in Libia nel 2019 quando ha occupato e chiuso l’impianto petrolifero di al-Sharara, nel deserto di Murzuq, situato circa 750 chilometri a sud di Tripoli, che produce 300 mila barili di petrolio al giorno. L’impianto è gestito dalla Noc in collaborazione con la spagnola Repsol, la francese Total, l’austriaca OMV e la norvegese Equinor. Le attività di questo campo sono direttamente collegate al vicino impianto petrolifero di El Feel, gestito dalla società Mellitah Oil and Gas, joint-venture paritetica tra Eni e Noc. “Abbiamo intrapreso questa iniziativa dopo che la situazione nel Fezzan era diventata insostenibile e perché lo Stato non reagisce se non viene provocato”, ha spiegato al-Sheikh. Gli impianti sono stati poi riaperti dopo una visita del premier di allora, Fayez al-Sarraj, che aveva promesso una serie di interventi nella regione.

Quello del contrabbando di carburante verso i paesi a sud della Libia è un annoso problema legato alla mancanza di controlli lungo il confine meridionale del paese, alla base anche del traffico di armi, droga e esseri umani che caratterizza quella regione del Sahara. Un rapporto del gruppo di esperti delle Nazioni Unite sulla Libia già nel 2018 aveva esaminato le rotte del contrabbando di carburante, spiegando che la benzina viene trasportata dalla Libia occidentale a Zuwara per andare via terra verso la Tunisia. E’ quello tunisino comunque il mercato principale del contrabbando di benzina libico con 2 milioni di litri portati dall’altra parte del confine nel 2017. In totale però il contrabbando di carburante all’estero costa alla Libia 750 milioni di dollari l’anno.

Il rapporto affermava che i prodotti petroliferi raffinati vengono esportati illegalmente via terra da molte regioni libiche e a diversi livelli, sfruttando la grande differenza dei prezzi agevolati del carburante libico e dei prezzi del carburante nei mercati vicini. Per quanto riguarda la Libia meridionale, il team di esperti ha affermato che, sebbene la situazione vari in base agli sviluppi locali, la maggior parte delle stazioni di servizio sono chiuse o non vendono carburante al prezzo ufficiale e il mercato nero di solito ne contiene abbondanti quantità. L’area tra un checkpoint a 17 chilometri a sud di Sebha e il confine con il Niger ha il monopolio del contrabbando di carburante e altre attività illegali. Ad est, il carburante di contrabbando viene trasportato tramite autocisterne presso la raffineria di al-Sarir e consegnato alle aree minerarie d’oro adiacenti al confine con il Ciad. Il gruppo armato Tebu, affiliato ad Ahmed al-Sharif, controlla la raffineria e la strada per il confine.

Il rapporto del gruppo di esperti sulla Libia ha mostrato che “dal 2011 sono state installate circa 480 stazioni di servizio, la maggior parte delle quali esiste solo su carta”. Il team di esperti ha affermato che “le società di distribuzione hanno perso il controllo di molte delle loro stazioni, soprattutto nell’ovest e nel sud del paese, a causa dell’influenza di gruppi armati”. Funzionari della National Oil Corporation hanno condotto un’ispezione visiva e hanno concluso che 90 per cento delle stazioni in aree remote non riporta alcun segno di identificazione. Alcune di esse sono chiuse al pubblico e i distributori non hanno alcun controllo sulle quantità consegnate e ricevute dai punti vendita. Il rapporto monitorava il meccanismo di distribuzione dei prodotti petroliferi raffinati, in particolare quelli importati, e si occupava anche dell’attività di contrabbando di carburante, affermando che “il contrabbando di carburante da e all’interno della Libia è ancora un’attività fiorente, e i gruppi armati e le reti criminali transnazionali raccolgono grandi profitti dalle esportazioni illegali di prodotti petroliferi raffinati”.

Gli esperti dell’Onu hanno rilevato che una volta importati i prodotti raffinati, la Brega Oil Marketing Company si fa carico dello stoccaggio, della distribuzione e della domanda, rilevando che l’unico criterio applicato nel fornire carburante alle quattro società di distribuzione è che ciascuna fornisca il proprio fabbisogno mensile di carburante. Le autocisterne vengono caricate previo rilascio di una ricevuta nella quale devono essere specificati il ​​numero e l’ubicazione delle stazioni di rifornimento da rifornire e ha aggiunto: “La società Brega non è stata in grado di applicare meccanismi di controllo più forti alle società di distribuzione e il Comitato di crisi del carburante e del gas ha annunciato diverse iniziative, come l’identificazione e la chiusura delle stazioni di servizio coinvolte nelle operazioni di contrabbando, ma nessuna di queste iniziative è stata attuata finora”.

Il Sahara del sud della Libia è una regione infestata dalle mafie ma ancora anche dai gruppi jihadisti. Il 2 giugno le forze libiche fedeli a Khalifa Haftar hanno arrestato 3 importanti esponenti dell’organizzazione terroristica Al-Qaeda nella regione di Tarut, situata nel sud-ovest. Gli uomini della brigata Tariq bin Ziyad hanno colpito una cellula jihadista a 30 chilometri dalla città di Brak Al-Shati, nel sud-ovest della Libia. Durante il raid sono stati arrestati 3 terroristi affiliati ad Al-Qaeda nel Maghreb islamico, tra cui un mauritano. Si tratta dell’ex socio e scorta del terrorista Abdel Moneim Al-Hasnawi, noto come “Abu Talha”, il leader dell’organizzazione terroristica Al-Qaeda in Libia, ucciso dalle forze di Haftar nel 2019. Il terrorista mauritano si muoveva nel deserto libico, approfittando della sua appartenenza a una delle etnie e tribù del sud della Libia, e frequentava la zona di Al-Shati, dove era stato avvistato mentre svolgeva diverse attività, compreso il traffico di esseri umani. Nel gennaio 2019 le forze di Haftar avevano lanciato l’operazione Law Enforcement, minando ai gruppi terroristici, ai trafficanti di esseri umani e di carburante ed espellendo i mercenari ciadiani. Eppure secondo i media libici di recente le organizzazioni terroristiche sono riapparse nelle regioni dell’estremo sud della Libia, dove hanno preso come basi il bacino di Murzuq e le aree di Umm al-Aranib e Tigrahi, e hanno cercato di attaccare alcuni giacimenti petroliferi sotto il controllo delle forze di Bengasi.


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