Il presidente del Consiglio presidenziale, Mohammed Menfi, alla vigilia della sua visita in Italia striglia il ministro degli Esteri, Najla al-Mangoush, e annulla un incontro di riconciliazione delle tribù del sud
Ha avuto luogo ieri a Tripoli l’ennesimo scontro interno alle istituzioni libiche, ma questa volta ad andarci di mezzo è stata l’Italia. Il presidente del Consiglio presidenziale libico, Muhammad Al-Menfi, ha messo in guardia il ministro degli Affari esteri del governo di unità nazionale, Najla Al-Mangoush, ammonendola rispetto a quello che ritiene sia il superamento delle sue competenze, l’interferenza con i poteri del Consiglio, il mancato coordinamento con il suo ufficio e il suo tentativo di coinvolgere l’Italia nel dossier di riconciliazione nazionale interno.
È quanto si legge in una lettera urgente di Menfi indirizzata al ministro degli Esteri libico, nella quale ha chiesto di annullare una conferenza libica tra i clan del Fezzan che doveva tenersi in Italia per la riconciliazione nazionale tra le tribù del sud, con una mossa che rivela l’esistenza di divergenze all’interno del campo dell’autorità esecutiva di Tripoli e l’assenza di coordinamento tra le parti libiche al governo. Assenza di coordinamento già riscontrata negli ultimi mesi ma questa volta a farne le spese è stato il nostro paese. Tutto ciò è avvenuto alla vigilia dell’attesa visita di Menfi a Roma prevista per oggi.
Il presidente libico ha denunciato l’esistenza di un accordo tra il ministero degli Affari Esteri libico e la sua controparte italiana, che prevedeva l’invio a Roma di una delegazione di rappresentanti del sud della Libia su invito del ministero degli Affari Esteri italiano per tenere un forum di riconciliazione. Tutto questo sarebbe avvenuto a suo dire senza previo coordinamento con il Consiglio di Presidenza. Menfi ha ricordato nella missiva gli esiti del Forum di dialogo politico libico di Tunisi, che ha affidato al Consiglio di presidenza l’avvio del percorso di riconciliazione nazionale. “Condanniamo e denunciamo questo comportamento del ministero degli Affari Esteri italiano, e ordiniamo di annullare la suddetta conferenza. Chiediamo alla parte italiana di rispettare i principi di sovranità interna, osservando i rapporti di buon vicinato e non ingerenza nelle affari di stato”, ha scritto Menfi. Secondo gli osservatori libici, nel documento il presidente si rivolge all’Italia ma in realtà il messaggio è indirizzato al suo ministero degli Esteri affinché capisca di doversi coordinare con lui per ogni iniziativa.
Menfi si sente scavalcato dal suo ministro su un tema che voleva far suo, considerato che dalla prima settimana dello scorso aprile il Consiglio presidenziale ha annunciato la formazione di un Alto commissariato per la riconciliazione nazionale, la cui missione è porre fine alle differenze e alle inimicizie tra libici accumulate da una guerra di 10 anni. Ora il presidente del Consiglio di presidenza libico teme di subire la concorrenza della ministra Mangoush, nominata in quota Cirenaica, ed è partito per questo con un attacco scomposto che però ha finito per coinvolgere l’Italia.
Non è la prima volta che il presidente libico invia un ammonimento di questo tipo al suo ministro degli Esteri. Le aveva già inviato una lettera analoga lo scorso maggio, nella quale chiedeva di attendere nel prendere alcune decisioni relative al licenziamento e alla nomina di nuovi dipendenti e ambasciatori nelle sedi diplomatiche del Paese. Menfi ha accusato all’epoca il ministro degli Esteri di aver commesso una “flagrante violazione” rimuovendo tre ambasciatori e diplomatici e accelerando la nomina di altri al loro posto.
Eppure l’Italia ha da sempre sosteunto la riconciliazione tra i clan del sud della Libia. In particolare nell’aprile del 2017 il Viminale ha ospitato una riunione maratona di 72 ore che ha portato ad un accordo tra le parti. In quell’occasione è stato decisivo il ruolo del ministro di allora agli Interni, Marco Minniti, con i leader di Tebu, Suleyman e Tuareg, che ha consentito lo stop a una guerra che ha provocato 500 morti in pochi anni.
A quanto si apprende da fonti diplomatiche. La Conferenza sulla riconciliazione delle tribù del Fezzan è stata promossa e organizzata dalla organizzazione no-profit italiana “Ara Pacis”, impegnata da anni nella riconciliazione post-conflitto della regione meridionale del Paese.
L’iniziativa si inserisce nel solco delle iniziative che “Ara Pacis” porta avanti da tempo a favore della stabilizzazione del Fezzan.
Il ministero degli Esteri non ha svolto alcun ruolo nell’organizzazione della Conferenza. L’Ambasciata d’Italia a Tripoli è stata coinvolta per il rilascio dei visti di ingresso ai delegati libici, che sono stati concessi nel rispetto della normativa applicabile.