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L’insostenibile leggerezza del Contismo. Il mosaico di Fusi

La possibilità di strappare la creatura al suo creatore si è rivelata impresa improba perfino per un personaggio abile e manovriero come Giuseppe Conte. Di qui la domanda: può esistere un contismo senza MoVimento Cinque Stelle? Il mosaico di Carlo Fusi

Adesso, dopo che i due lottatori di Sumo, come li avevamo definiti l’ultima volta su queste colonne, cioè Giuseppe Conte e Beppe Grillo, se le sono suonate di brutto e l’ex premier è a un passo dall’essere buttato fuori dal ring pentastellato, la cosa da augurarsi meno di tutte sarebbe un rattoppo dell’ultimo minuto che lascerebbe aperte le ferite e avrebbe la consistenza del filo di bava di un ragno.

Si vedrà. Proviamo comunque a scrutare nella palla di vetro degli scenari politici post-apocalittici, per capire che succederebbe nel caso di rottura definitiva tra l’Elevato e l’avvocato del popolo nonché fortissimo punto di riferimento delle forze progressiste (Zingaretti dixit).

Il primo dato riguarda il doppio interrogativo che avevamo avanzato la volta scorsa: può esistere un grillismo senza Grillo o un Contismo senza MoVimento? Il primo quesito è risolto: la risposta è no.

La calata dell’ex comico a Roma tra i parlamentari a Cinque Stelle per spiegare che lui è il Garante, non un attrezzo da riproduzione maschile, conferma quel che era noto ed evidente a tutti, compreso l’ex premier a cui era stato affidato il compito di rimettere in sesto una barca piena di buchi, soprattutto elettorali.

E cioè che Beppe considera il M5S una sua creatura di cui detiene in esclusiva il copyright. Chiunque altro, seppur in posizione apicale, non può che svolgere il compito di esecutore di direttive che restano in mano al Fondatore. Se è così bene, altrimenti vedere al lemma Vaffa per uno, Vaffa per tutti.

Conte non poteva non aver intuito come stessero le cose. Ha provato lo stesso perché trovarsi una forza politica già bell’e costituita da guidare è molto più agevole che costruirsene una propria: servono soldi, strutture, agibilità politica, apparati comunicativi, leadership.

Però la possibilità di strappare la creatura al suo creatore si è rivelata impresa improba perfino per un personaggio abile e manovriero come lui. Dunque adesso si pone il secondo interrogativo: può esistere un contismo senza MoVimento? Detto in altri termini: può esistere un altro partito personale (perché questo e non altro sarebbe “Con Te” o come si chiamerebbe) capace di svuotare quelli esistenti, in particolare i più vicini, Pd e grillini?

Qui la risposta è più complicata, e i precedenti di figure dotate di grande popolarità nei sondaggi e nei salotti che hanno tentato la roulette politica non sono esaltanti.  Il meno che si può dire è che, come un riflesso condizionato, chi si sente sotto attacco di consensi tende a fare muro e impedire incursioni. Tradotto: se Conte fa un suo partito, i primi avversari sarebbero proprio Pd e i Cinquestelle “lealisti”: è la politica bellezza. Quella del mors tua vita mea.

E veniamo al punto più delicato e gravido di conseguenze. Cioè cosa accadrebbe al governo Draghi, se ne risultasse indebolito oppure rinforzato, da una scissione nel M5S e dalla sfilata di Giuseppi con indosso il vestito  – cucito con perizia sartoriale da Travaglio, Casalino &co – della vendetta verso chi lo ha detronizzato.

Com’è noto, anche Draghi gode di un consenso crescente perché i risultati della sua azione di governo sono innegabili. Gli è riconosciuta una autorevolezza e un prestigio dentro e ancor più fuori dei confini nazionali che rappresenta un piedistallo corposo e strutturato. Il suo compito è di rendere operativo il Recovery attraverso il Piano di resilienza e gli investimenti che prevede. Se venisse sfiduciato, l’intero castello di disponibilità europea andrebbe in frantumi. Soprattutto le ingenti risorse messe a disposizione da Bruxelles risulterebbero compromesse.

Un partito di impostazione terzomondista-madurista-equadoregno (l’ex presidente Rafael Correa è “un esempio” per il fondatore) l’ha capito e infatti i bene informati parlano di un rapporto continuo tra Grillo (“Macché banchiere di dio: è un grillino”) e SuperMario.

Il neo partito di Conte, sempre che nasca e si capisca cosa vuole fare e come, dovrebbe invece mettere a repentaglio la semina col pericolo di non vedere mai il raccolto. Certo i Conti-boys digrignano i denti sostenendo che se l’Europa è così benevola con l’Italia il merito è dell’ex premier, non di quello attuale. Ma se l’ex butta a mare l’attuale, che tipo di accoglienza avrebbe nel consesso Ue? Complicato immaginare tappeti rossi; più credibile un’alzata di scudi e la richiesta di “pagare i debiti”. Davvero Conte vuol giocare questa carta? Forse sarebbe una responsabilità troppo grande per le sua spalle e perfino per quelle dei suo aficionados.



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