Libia, Iran ma anche Sahel, migrazioni, terrorismo. L’incontro fra Luigi Di Maio ed Antony Blinken a Roma può porre le basi per un’intesa che mette l’Italia alla testa del pivot europeo nel Mediterraneo allargato. Con Cina e Russia dovremo tracciare linee rosse. La road map di Giovanni Castellaneta, già ambasciatore italiano a Washington DC
Il rilancio delle relazioni bilaterali tra Stati Uniti e Italia rimane al centro della scena internazionale. L’arrivo a Roma del Segretario di Stato Antony Blinken è infatti l’ultima tappa – ma anche la più importante – di una missione presso le principali capitali europee (Berlino, Parigi, e appunto Roma) che culminerà con la partecipazione al vertice dei Ministri degli Esteri del G20, in programma a Matera il 29 giugno.
Un viaggio il cui terreno è stato preparato adeguatamente dal volo di Biden in Europa di qualche settimana fa che, tra il G7 di Carbis Bay e il vertice Nato, è stato un’occasione preziosissima per suggellare la ripresa dell’alleanza transatlantica dopo che i quattro anni di Presidenza Trump avevano contribuito ad allontanare significativamente le due sponde dell’Oceano.
La missione di Blinken ha per l’appunto lo scopo di fornire seguiti concreti alle enunciazioni fatte da Biden nelle scorse settimane, contribuendo a cambiare la rotta della politica estera statunitense raddrizzando la barra del timone verso l’Europa. L’Italia riveste un ruolo chiave in questo ribilanciamento, non soltanto in virtù dei rapporti di storica amicizia tra Roma e Washington, ma anche grazie alla grande autorevolezza sul piano internazionale di Mario Draghi e alle prospettive di durata del suo Governo: due fattori che contribuiscono a renderci automaticamente più partecipi di questa nuova stagione diplomatica.
In tema di politica estera, le priorità principali per il nostro Paese sono sempre le stesse, ovvero quelle che riguardano il nostro ruolo nel Mediterraneo allargato. A cominciare dalla Libia, dossier cruciale per la stabilità geopolitica dell’intera regione e anche dell’Africa sub-sahariana con riferimento alle rotte dei migranti.
Dopo gli scarsi risultati della Conferenza di Berlino, un effettivo rilancio delle trattative per stabilizzare l’area portandola a libere elezioni entro la fine dell’anno potrebbe passare proprio dall’Italia anche per riequilibrare i rapporti con Turchia, Egitto ed Emirati Arabi, le altre potenze esterne che si dimostrano più attive nella crisi libica. Uno scenario nel quale gli Stati Uniti – come ha ribadito Draghi nel suo intervento in Senato alcuni giorni fa – non hanno interesse ad essere coinvolti direttamente, e nel quale dunque l’Italia potrebbe avere buon gioco a reclamare un ruolo di primo piano.
Il secondo dossier principale è quello iraniano. In questo contesto, il formato “5+1” sembra ormai consolidato, anche se l’Italia è sempre stata più o meno coinvolta. Dopo l’elezione del conservatore Raisi, l’interesse reciproco di entrambe le parti (Iran e potenze occidentali) è quello di trovare un punto di incontro per fare uscire Teheran da una pericolosa situazione di isolamento internazionale puntando ad un graduale ammorbidimento delle sanzioni che hanno colpito non solo l’economia iraniana ma anche gli interessi delle tante aziende italiane abituate a fare affari con la Repubblica islamica.
Ovviamente nel colloquio che Blinken avrà con il suo omologo non potranno mancare riferimenti ai due grandi rivali degli Stati Uniti, Russia e Cina. L’Italia non ha interesse ad aumentare il livello dello scontro con Mosca e Pechino, con cui invece vuole mantenere rapporti cordiali pur nel quadro di valori atlantici e democratici che sono stati riaffermati da Draghi con nettezza.
Il nostro ruolo potrebbe essere dunque quello di aiutare gli Usa a definire la relazione con la Russia su basi di maggiore stabilità e prevedibilità: chiaramente Putin non potrà diventare un “amico” dell’America ma, in quanto “avversario”, è importante definire delle “linee rosse” che non vengano travalicate in modo da impostare il rapporto con la Russia su basi di una coesistenza pacifica. Lo stesso obiettivo dovrebbe essere perseguito con la Cina, nei confronti della quale però l’Italia può spendere una minore influenza.
Comunque vadano gli incontri in programma, la scelta di Blinken come Segretario di Stato è di per sé indicativa della volontà di Biden di rilanciare i rapporti con l’Europa. È uno dei maggiori esperti di relazioni internazionali ed era solito frequentare i circoli diplomatici di Washington anche quando non ricopriva incarichi pubblici. Inoltre, la sua ottima intesa personale con Jake Sullivan, Consigliere per la Sicurezza Nazionale, è un altro grande “asset” che può rafforzare ulteriormente la proiezione internazionale degli Usa. Su questo, va dato merito a Biden di aver composto una squadra di ministri affiatati e non in competizione tra loro.
In vista della Ministeriale G20, possiamo dunque dire una volta di più che l’Italia ha di fronte a sé un’importante occasione. In un anno di scadenze elettorali importanti in Germania (con la Merkel che passerà il testimone a ottobre) e Francia (con un Macron sempre più in difficoltà in vista delle Presidenziali dell’anno prossimo) l’Italia di Mario Draghi si propone come interlocutore affidabile e stabile. Di Maio dovrebbe fare leva su questi argomenti per rilanciare il ruolo del nostro Paese come amico degli Stati Uniti, protagonista in Europa e nel Mediterraneo.