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Non solo QAnon, la Memetic Warfare è un mostro a tante teste. Eccole

Di Arije Antinori

Il terzo e ultimo capitolo della ricerca di Arije Antinori, professore di Criminologia e Sociologia della Devianza alla Sapienza di Roma, sulla Memetic Warfare e sulla sua policefalia: QAnon, White Supremacy, Proud Boys, Boogaloo Bois e Bujahidden. Per capire quanto sia vitale predisporre tutte le risorse necessarie per mitigare e prevenire la “radicalizzazione informazionale”

Quello che segue è il terzo e ultimo capitolo del paper su “Memetic Warfare” di Arije Antinori. 

Qui potete trovare le due parti precedenti: I CapitoloII Capitolo 

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Avvertenza: le immagini contenute in questo articolo sono state convertite in bassa qualità e marchiate con il watermark “contenuto violento” per impedirne l’ulteriore diffusione a scopo propagandistico. Sono proposte ai lettori di Formiche.net per capire di cosa si parla quando il prof. Antinori spiega il fenomeno oggetto della sua ricerca accademica. Abbiamo scelto quelli meno scioccanti e violenti (figuratevi il resto)

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POLICEFALIA MEMETICA

Il Memetic Warfare estremistico-violento pro-Trump è animato da diverse identità subculturali, tra cui QAnon, White Supremacy, Proud Boys, Boogaloo Bois e Bujahidden, non sempre convergenti su tematiche specifiche, ma che comunque si ritrovano nella condivisione del medesimo Nemico e nella coltivazione della violenza estremistica.

Queste diverse anime si sovrappongono in modo esplosivo alla trasversalità evangelico-apocalittica di impronta nazionalistico-conservativa che rivendica la centralità della “vera cristianità bianca americana”. Così, la religione e l’estremismo, si fondono nel movimento connettivo trovando nella “cultura dell’arma” un sistema solidale di credenze e di pratiche condivise giacché, come ampiamente memetizzato, la società armata è la migliore società e i born-again sono pronti a sacrificarsi per il trionfo del Bene sul Male.

I pedofili governano il mondo, questo è il pensiero dei Patrioti, come amano definirsi i QAnon trumpiani, i quali ricordano che il Deep State sarà presto travolto dal Trumpnado e dallo Storm, la Tempesta degli Anons, i militanti QAnon. Sono molti i patchwork di post governativi e estratti QAnon in cui si evidenzia, argomentando la presenza occulta di messaggi in codice rivolti allo Storm, che ne determinerebbero l’azione sul campo attraverso la necessità e/o opportunità tattica di agire in corrispondenza di un preciso segnale.

Quella Anon è senza dubbio la matrice più “internazionalista”, nel senso di guardare all’estero e promuovere QAnon al di fuori dei confini nazionali. Si intende, infatti, disseminare l’idea del complotto globale anti-Trump citando i vari Paesi europei, tra cui l’Italia, coinvolti in crisi politiche, economiche e sociali che sarebbero espressione della corruzione e dell’infiltrazione del Deep State.

Vi è l’intento di trasformare la realtà politica, elaborando e disseminando narrazioni che, invocando l’intervento di patrioti, veterani e miliziani, mobilitino alla marcia contro il Nemico. La parola d’ordine è #WWG1WGA, Where We Go One, We Go All, l’hashtag usato per incitare alla compattazione, all’azione organizzata che deve condurre al The Great Awakening, il Grande Risveglio della società. Si celebra la presenza QAnon all’interno delle forze armate e del Law Enforcement. Nei loro memi gli Anons utilizzando metafore e simboli tratti dal romanzo Alice nel Paese delle Meraviglie, invitano a partecipare attivamente sui board 4chan, dove si porta avanti il progetto di uploading del materiale presente su 8chan prima della sua chiusura nel 2019 a seguito delle stragi di El Paso e Dayton.

Il movimento QAnon è sicuramente quello più cross-platform. Qui, infatti, viene ripresa l’esperienza talk radio americana, applicandola al digitale attraverso l’apertura di in un network di tv e canali indipendenti online, tra cui Disclose, Foxhole, ma anche Twitch e Pilled, GabTV, Rumble, Clouthub che, attraverso una serrata programmazione, propongono dirette e podcast cospirazionistici. Tra i social più utilizzati, prima Facebook e  Twitter, poi Parler, ora Telegram, MeWe e Gab, ma non solo.

Si ripetono i memi iconico-religiosi, come quello in cui Gesù, con gli occhi fiammeggianti – in stile The Boys, celebre serie tv americana con protagonisti  dei supereroi celatamente crudeli e vendicativi -, parla dallo scranno presidenziale, brandendo la pistola verso l’alto. Questi memi sono tutti caratterizzati da citazioni bibliche. La quotidiana caccia alla volpe promossa dai QAnon nei confronti dei membri della lobby pedofila attraverso la pubblicazione e condivisione di tracciati aerei, elenco eventi Dem, podcasting, immagini “catturate” all’interno dei covi dove verrebbero tenuti prigionieri i giovani rapiti, la gematria cabalistica applicata a video, foto, post e dichiarazioni, in particolare di Trump, mostra attraverso assemblaggi caotici e rappresentazioni grafiche, come il complotto ai danni di Trump sia concreto, reale.

Molti memi sono espressione del fronte No-Vax, o della resistenza alla menzogna del virus, della pandemia, che celerebbe il progetto di sottomettere, controllare e addomesticare i cittadini americani attraverso l’uso asfissiante della la mascherina protettiva. Il Deep State, la pandemia, la clonazione umana, il lizardismo, il terrapiattismo e il sistema orwelliano sono le principali tematizzazioni complottistiche attraverso cui il Nemico è rappresentato dalla lobby Dem, dal sistema dei media e dalle industrie farmacologiche. I comics vengono usati per supportare la tesi lizardiana, per evidenziare la minaccia della vaccinazione Covid, attraverso cui si intende trasformare l’umanità. Tutto ciò rappresenta l’essenza del neo-cospirazionismo (cyber-)sociale come “cospireazionesimo”, il conceto con cui intendo evidenziare  la matrice cospirazionistica, la modalità espressiva attraverso la reazione tattico-violenta eterodiretta favorita dall’information disorder, e la pseudo-ideologia ultraconfessionale.

Per quanto riguarda invece la memetica suprematista, si ricorda di celebrare il The day of the rope, il giorno in cui verranno impiccati i traditori della razza. Per i Suprematisti, Il Presidente Biden è il Fraudfather, il Padrino di Antifa, ironizzando sulla violenza espressa da Antifa che sarebbe solo un’idea, secondo quanto affermato dal Presidente Biden nel corso di uno dei duelli elettorali.  Viene ribadito più volte che Gli ebrei controllano i media con l’obiettivo di manipolare la popolazione americana. Il fronte suprematista bianco continua incessantemente a targettizzare il movimento BLM.

Alla t-shirt nera riportante lo slogan I can’t breath – qui associato esclusivamente al mondo afroamericano – si risponde con una t-shirt bianca I can’t speak, ponendo quindi sullo stesso piano la supposta censura da parte dei media e l’omicidio Floyd.  In un meme stile comics, una giovane ragazza afroamericana chiede alla sua coetanea bionda caucasica cosa sia questo odore, e la seconda risponde sapone, alludendo così alla scarsa igiene della razza inferiore. Si celebra la strage islamofoba di Christchurch, nel 2019 in Nuova Zelanda, riproducendo in modo cartoonizzato le scene dell’attacco videoregistrato in presa diretta dall’attentatore. I versetti della Bibbia vengono usati per incitare alla guerra, ad unirsi come un esercito crociato fatto di tanti Pepe The Frog.

Un’altro gruppo memeticamente molto attivo è quello dei Proud Boys intenti a diffondere i loro  principi chiave: minima presenza governativa, massima libertà, correttezza anti-politica, lotta alla droga, frontiere chiuse, responsabilità anti-razziale, anti-razzismo, pro-free speech, pro-armi, glorificazione dell’impresa, venerazione della casalinga e ripristino dello spirito sciovinista occidentale. Sono numerose le foto e i selfie memetizzati dai Ragazzi, sempre rigorosamente in assetto tattico, con il volto coperto dal passamontagna e spesso patch naziste sui giubbotti antiproiettile.

In uno dei tanto memi Proud, un miliziano armato, ricorda che non puoi votare per uscire dal tuo genocidio, ragazzo. Ci vuole qualcosa di più delle parole. I Proud Boys pregano Dio perché li sostenga tanto nella loro battaglia per la restaurazione dei valori tradizionali, quanto nella guerra santa contro il Male. È necessario rivendicare l’orgoglio di essere americani, senza rimorsi di essere pro-armi, pro-vita, pro-militari, pro-Dio, pro-conservative. Vengono condivisi post e memi patriottici dove svetta la bandiera di Gadsden con l’effige del serpente e lo slogan Don’t tread on me, non calperstarmi. L’imperativo è rifondare l’America attraverso i valori più arcaicamente radicati nella Corn Belt.

Dammi la libertà o dammi un grande igloo, questo invece il motto dei Boogaloo Bois che devono essere considerati i padri della memetica estremistico-violenta statunitense. Vogliamo essere lasciati soli, liberi, per questo ci chiamano estremisti, affermano inneggiando a Thomas Jefferson che diviene Thomas Boogerson.

La loro matrice insurrezionalista si esplicita attraverso la retorica iper-nazionalistica della resa dei conti con polizia e militari, dell’insurrezione violenta che condurrà alla grande guerra civile statunitense. Insomma, il peggio deve ancora venire!. La loro onda memetica sostiene un immaginario violento in cui la Guerra di Indipendenza, declinata quasi esclusivamente come Rivoluzionaria, ha un ruolo centrale insieme alla difesa armata della proprietà privata, del micro-territorio. Pepe The Frog con il naso rosso, il papillon e la parrucca rainbow – a testimoniare l'”identità ventaglio” del gruppo – è il protagonista di memi in cui è impegnato in operazioni di guerriglia armata contro le istituzioni.

L’infosfera si satura di coloratissimi neon e glitch memi antisistemici che hanno come target principale delle loro narrazioni il Federal Bureau of Investigation (FBI) e le altre agenzie governative. Si cerca, inoltre, di depistare l’attività di monitoraggio e infiltrazione, creando in continuazione false flag relative all’annuncio di fantomatiche adunate, azioni e marce in tutto il Paese, in quanto non c’è alcuna soluzione politica. In diversi memi viene rappresentata l’involuzione della società americana in quattro tappe, dal 2007 al 2024, periodo in cui si è prodotta/si sta producendo la radicalizzazione dei giovani in combattenti. Quindi, si ricorda, mostrando un branco di procioni, che la morte sta arrivando, mangia la spazzatura, sii libero.

I Boogaloo Meme Makers sono gli attivisti memetici del gruppo che provvedono a disseminare slogan come, Un dio, nessun padrone!, Non puoi uccidere un’idea! e Uccideteli tutti!.

Un’entità di particolare interesse all’interno del fenomeno Boogaloo, è quella che si autodefinisce come Bojahidden, il nucleo più duro, intransigente e militarizzato dei Boogaloo Bois, che chiama alle armi gli altri combattenti affermando: Noi siamo i boojahidden, vogliamo porre fine alla tirannia, vogliamo libertà e autonomia, i nostri diritti non sono negoziabili, non saremo governati, non ci arrenderemo  mai, promettiamo questo. Si definiscono Boojahidden, alludendo al valore dell’esperienza della guerriglia islamica, dei combattenti del jihad in difesa dell’Islam. Essi si rappresentano come il baluardo armato del caos anarchico-violento. I loro memi sono delle continue chiamate alle armi, attraverso un visual storytelling, in cui la scala Defcon, viene memetizzata: al livello 5 Tempo di Pace e Memi, segue il 4 Disordini nella pace & produzione di Memi, per poi giungere al livello 1 Rivoluzione.

Proud Boys e Boogaloo Bois veicolano, attraverso il Memetic Warfare, la loro rete di podcaster e una quantità consistente di foto, istruzioni e manuali sull’uso di armi, tra cui le pubblicazioni open indipendenti riconducibili alla tradizione più violenta dell’anarchismo, nonché specifici manuali tattico-operativi per Boogaloos o Preppers – survivalisti, fortemente radicati nell’apocalittismo -. Vengono condivise numerose infografiche sul confezionamento e posizionamento esplosivo, tutorial sulla fabbricazione di inneschi e trappole, nonché file stampa 3D e polymer casting di oggetti e componenti di utilizzo tattico-militare.

Infine, si segnala il progressivo aumento di memi centrati sull’identità violenta Doomer Boy, o Twinkjak, graficamente basata sulla ridefinizione del celebre personaggio Wojak utilizzato dall’alt-right, come un giovane ragazzo caucasico, vestito di nero, che infelice si aggira di notte per le strade, assistendo senza alcuna speranza al collasso della grandezza dell’Occidente, all’interno di una società priva di tradizione e morale. Insomma, un insieme di marginalità, depressione, propensione al suicidio e nichilismo distruttivo, in cui la pandemia viene più volte evocata come ulteriore degrado della società intorno a lui. Vi è da sottolineare che diversi aspetti e atteggiamenti del Doomer verso la vita appaiono vicini al fragile mindset di molti adolescenti, giovani Millennials e post-Millennials. Ritengo che ciò imponga una seria riflessione sulla radicalizzazione estremistica e sulla vulnerabilità alla radicalizzazione violenta delle giovani generazioni, nell’incertezza e insicurezza dell’attuale scenario di crisi.

 

CONCLUSIONI

Abbiamo creato memi. Non ci siamo chiesti perché. Il nostro Paese ha chiamato, e noi siamo stati orgogliosi, recita uno dei memi del mash-up connettivo estremistico che ha animato le “violent smart mobs” sul campo, come nel caso del recente assalto a Capitol Hill, lasciando inoltre intravedere la possibile – e temo non troppo remota – evoluzione di queste nello Swarm Wolf. L’efficacia del Memetic Warfare lascia intendere quanto si debba (ri-)definire il panorama della comunicazione strategica nell’ecosistema (cyber-)sociale.

Nel seguire lo scenario USA, ciò che non bisogna affatto sottovalutare, è il peso della paura, dell’angoscia e dell’insicurezza che l’elezione del Presidente Biden ha determinato all’interno del movimento pro-Trump. Qui, le matrici post-politiche – cospirazionistica, esoterica, religiosa e ideologico-salvifica – saranno chiamate sul lungo termine a sostenere il conflitto, caratterizzando in maniera crescente l’identità estremistico-violenta del movimento, in un’evoluzione sempre più aggressiva del Memetic Warfare per sostenere il “Teep” – Trump Extremist Evangelical Patriots – State, soprattutto nell’ipotesi che si voglia trasformare MAGA – il partito del Leone secondo le narrazioni memetiche -, in un terzo attore in grado di provocare destabilizzazioni profonde del bipolarismo statunitense.

In tal caso, uno degli scenari in cui ci potremmo trovare è qualcosa del tutto nuovo in Occidente, ossia una sorta di partito del Bene, dei giusti, di natura pseudo-confessionale, costruito attorno al culto di Trump, dell’esule, fortemente sostenuto on/offline da una dorsale movimentaristico-connettiva che poggia su gangli REMT a livello locale. Occorre, pertanto, continuare ad osservare con attenzione l’evolversi dei predetti fenomeni in quanto rappresentano, anche in termini di popolazione, un substrato incandescente, pronto ad infiammare la società americana.

Ciò anche per poter anticipare le traiettorie di mutamento della devianza collettiva e dell’estremismo violento, nella loro proiezione digitale e individualizzazione globalizzata, a livello globale. Inoltre, risulta particolarmente utile l’individuazione delle dinamiche di contaminazione e/o ibridazione che possono coinvolgere le altre infosfere, tanto quanto l’evoluzione dell'”internet jihadism” attraverso la propaganda ha influenzato lo sviluppo delle narrazioni REMT.

La predetta esperienza di deplatforming, qui citata, consente di segnalare l’opportunità di dar vita ad una nuova direttrice di analisi fondante sull’esplorazione profonda delle dinamiche sociali, culturali e mediali delle “digitaspore” – le diaspore digitali di riposizionamento su piattaforme altre -, con l’obiettivo di implementare lo strumento legislativo, nonché prevenire, ma soprattutto anticipare l’emergere di nuove minacce alla sicurezza.

Si intende, inoltre, affermare l’importanza di uscire dalla mera prospettiva piattaforma-centrica, top-down, gerarchizzata, che affida principalmente al take down la soluzione delle criticità all’interno del rapporto sicurezza/sociomedialità, per iniziare a porre l’attenzione, in termini di mitigazione, prevenzione e protezione, sulla pervicace orizzontalità individualizzata della minaccia, che vede ognuno di noi essere potenziale vittima quantomeno dell’information disorder.

I fenomeni quali culture jamming, cyber swarming e le nuove forme di hybryd warfare, come attivatori di insorgenza, interna/esterna – con i limiti che tra l’altro tale dicotomia rappresenta nell’odierno scenario delle minacce -, evidenziano come l’evoluzione (cyber-)sociale dell'”infrastruttura “umana” stia portando all’emersione di vulnerabilità 0-day, di natura sociale, culturale e politica, in grado di compromettere seriamente l’equilibrio democratico. Ciò impone una seria riflessione in merito all’efficacia della prospettiva quasi esclusivamente tecnologica attraverso cui, in questo secolo, le democrazie occidentali globalizzate hanno interpretato e costruito la propria sicurezza, tanto pubblica, quanto nazionale.

In tal senso, se solo immaginiamo in termini di radicalizzazione estremistico-violenta, il potenziamento che può derivare, ad esempio, dall’integrazione di Intelligenza Artificiale (AI) a basso costo, come nel caso del DeepFake, nonché di ulteriori modalità di Malicious Use of Artificial Intelligence (MUAI), appare evidente l’imprescindibile necessità preventiva di sviluppare, sia a livello pubblico che privato, una conoscenza profonda di fattori cruciali quali: identità, religiosità, percezione, socialità e devianza, nel loro continuo mutamento multidominio.

Auspico, pertanto, che quanto prima, istituzioni pubbliche e private compiano quel salto di prospettiva dato dalla strutturazione/implementazione di unità di ricerca, sviluppo e innovazione in cui possano trovare spazio organicamente operativo, accanto alle scienze computazionali, quelle sociali, umanistiche in senso più ampio, quelle teologiche, filosofiche, nonché le discipline emergenti come digital humanities, in un quadro di reciproca osmosi necessaria ad assicurare l’elaborazione di prospettive di analisi, finalmente e fattivamente sistemiche, della complessità (cyber-)sociale, soprattutto in relazione alla sicurezza.

Il Memetic Warfare è solo uno degli esempi che ci consente di comprendere quanto sia vitale, nello scenario della post-verità, predisporre tutte le risorse necessarie per mitigare e prevenire quella che definisco “radicalizzazione informazionale”, ecosistemicamente favorita tra l’altro, in estrema sintesi, dall’information disorder e dalla dispercezione. Ciò anche in considerazione del fatto che la pandemia in corso, in quanto acceleratore del conflitto sociale, culturale, politico ed economico, generando un riposizionamento repentino del rapporto on/offline, ha rapidamente conferito un’ulteriore centralità alla prospettiva (cyber-)sociale che non può non mettere in luce le vulnerabilità che ciò comporta soprattutto per le nuove generazioni.

L’information disorder è essenziale per la propagazione dell’estremismo violento attraverso l’ecosistema (cyber-)sociale. Pertanto, occorre predisporre al più presto tutte le risorse necessarie per prevenire e anticipare la minaccia rappresentata dalla radicalizzazione e auto-radicalizzazione informazionale che ritengo in prospettiva una delle minacce sistemiche più pericolose per le democrazie.

Infine, alla luce del moltiplicarsi negli ultimi anni delle minacce ibride, interne e esterne, che si sostanziano attraverso la weaponizzazione della cittadinanza, dell’elettorato, la radicalizzazione e auto-radicalizzazione online soprattutto per i giovani, così come per mezzo della convergenza digitale di importanti fenomeni criminali, mi auguro che il Legislatore valuti la necessità di istituire un osservatorio nazionale strategico permanente sulla sicurezza (cyber-)sociale.



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