Dopo il comunicato finale del G7 anche quello del summit della Nato dedica ampia parte allo Spazio. L’attenzione dell’Alleanza è per la militarizzazione dello orbite, mentre i sette grandi hanno lanciato l’invito per nuove norme extra-atmosferiche. A coglierlo sarà il G20, con la proposta italiana sullo “Space law”
L’impegno del G7 per “un uso sicuro e sostenibile” dello Spazio è stato seguito ieri dalla decisione dei leader della Nato di “approfondirne ed espanderne l’uso come dominio operativo”. Il prossimo appuntamento sarà al G20 a presidenza italiana, destinato a riunire a Roma alla fine ottobre i capi di Stato e di governo dei venti grandi del mondo, corrispondenti alle principali potenze spaziali. Per l’occasione, come raccontato da Formiche.net, l’Italia è al lavoro per una proposta che lanci un nuovo “Space law”, a fronte dell’addensamento delle orbite e delle prospettive di sfruttamento commerciale di risorse extra-atmosferiche.
LA SPINTA DELLA NATO
Ieri, a Bruxelles, i capi di Stato e di governo della Nato hanno ufficialmente inserito lo Spazio tra i domini in cui è possibile attivare l’articolo 5 del Patto atlantico, la clausola di difesa collettiva su cui si fonda l’Alleanza. Già dal 2019 lo Spazio è stato inserito tra i domini operativi, alla stregua di mare, terra, aria e cyber. Con il comunicato finale di ieri si va oltre, specificando che “gli attacchi verso, dallo o all’interno dello spazio rappresentino una chiara sfida alla sicurezza dell’Alleanza, il cui impatto potrebbe minacciare la prosperità, la sicurezza e la stabilità nazionali ed euro-atlantiche e potrebbe essere dannoso per le società moderne quanto attacco convenzionale”. Dunque, “tali attacchi potrebbero portare all’invocazione dell’articolo 5”, con decisione che spetta al Consiglio del nord Atlantico “caso per caso”.
LO SPAZIO MILITARE
Come notato dall’esperto Marcello Spagnulo su queste colonne, è una naturale prosecuzione di un trend ormai evidente: la militarizzazione dello Spazio. Tutte le grandi potenze si sono ormai dotate di comandi o forze spaziali. Dallo Spazio sono abilitate innumerevoli applicazioni militari, dall’osservazione alla navigazione, dalle telecomunicazioni al puntamento. Ma dallo Spazio dipende anche gran parte della nostra vita quotidiana, con numerosi servizi affidati a infrastrutture in orbita che possono diventare facile bersaglio di malevoli avversari. Il range di “armi spaziali” è ormai codificato e piuttosto ampio, dai missili ascendenti contro satelliti, ai droni che riescono ad avvicinarsi a strutture orbitanti, spiandole o modificandone la traiettoria. Per questo, “accelereremo il nostro lavoro per approfondire ed espandere il nostro uso dello Spazio come dominio operativo, anche attraverso il Centro spaziale della Nato in Germania e l’imminente istituzione del Centro spaziale di eccellenza in Francia”, hanno deciso ieri i capi di Stato e di governo della Nato.
LA NOTA DEL G7
L’attenzione della Nato si inserisce in una rinnovata consapevolezza internazionale sul valore dello Spazio come terreno di confronto geopolitico, di opportunità di crescita economica e di sviluppo industriale. Non è un caso che il tema sia finito sul tavolo del G7 in Cornovaglia, né che nel comunicato finale dei sette grandi ci sia un punto (il 35esimo) specifico per lo Spazio. “Ci impegniamo a un uso sicuro e sostenibile dello Spazio per sostenere l’ambizione dell’umanità ora e in futuro”. Di più: “Riconosciamo l’importanza di sviluppare standard comuni, migliori pratiche e linee-guida relative alle operazioni spaziali sostenibili insieme alla necessità di un approccio collaborativo per la gestione e il coordinamento del traffico spaziale”. L’invito a lavorare insieme è aperto a “tutte le nazioni”, sfruttando i canali già esistenti come il Comitato dell’Onu per l’uso pacifico dello Spazio, l’Organizzazione internazionale per la normazione (l’Iso, sempre in ambito Onu) e il Comitato inter-agenzia per i detriti spaziali (l’Iadc, che riunisce molteplici agenzie spaziali nazionali).
LA SPACE DEBRIS
D’altra parte, a preoccupare di più sono proprio i detriti spaziali, noti come “space debris”. Secondo i numeri dell’Esa, i satelliti attualmente operativi intorno al nostro Pianeta sono circa 4.300. Il numero di oggetti che rappresentano “debris”, da un millimetro fino a oltre dieci centimetri, si stima possa aggirarsi intorno ai 130 milioni, a fronte degli 28.600 “debris” che si riescono a tracciare. Il numero è destinato a crescere, considerando i grandi programmi per nuove costellazioni (a partire dalla Starlink di Elon Musk) e le innovative esigenze di controllo e monitoraggio dallo Spazio. Il riferimento attuale sull’uso delle orbite è il Trattato sullo spazio extra-atmosferico, risalente al 1967, evidentemente datato rispetto agli scenari attuali.
UNO SPAZIO COMMERCIALE
Anche perché non ci sono solo i detriti spaziali da normare. Grande attenzione è rivolta all’uso dello Spazio in senso stretto, visti i programmi già calendarizzati per la colonizzazione di corpi celesti differenti dalla Terra. Il primo caso sarà la Luna, con gli Stati Uniti determinati a posizionarvi una presenza stabile. Per questo hanno lanciato gli Artemis Accords (in cui propongono un set di regole comuni) e coinvolto i grandi attori privati, desiderosi di partecipare non solo per il valore immaginifico dell’esplorazione spaziale, ma anche per la prospettiva di allettanti ritorni economici. Questi dipenderanno pure dallo sfruttamento delle risorse lunari. Già si parla di estrazioni in situ, mentre non sono in pochi a considerare la Luna un’enorme potenziale fonte di preziose terre rare (con evidenti ripercussioni geopolitiche). Anche per questo serve un nuovo diritto spaziale.
VERSO IL G20
La spinta del G7 lascia ora spazio al G20. Per un obiettivo di questo tipo il format allargato è ovviamente più adatto, vista soprattutto l’adesione della Cina, potenza spaziale in forte ascesa, con un approccio alle attività oltre l’atmosfera non sempre attento a sicurezza e sostenibilità. Si ricorderà in tal senso la preoccupazione globale generata dalla caduta incontrollata di un razzo cinese, solo poche settimane fa. L’Italia è al lavoro per presentare al G20 romano una proposta sul tema. Il sottosegretario Bruno Tabacci, delegato dal premier Mario Draghi alle politiche del settore, lo ha ribadito a più riprese in diverse occasioni pubbliche. l’esigenza di un maggior impegno internazionale per uno sviluppo “sostenibile e sicuro” della nuova economia spaziale.
I LAVORI ITALIANI
Al G20 di ottobre, ha spiegato Tabacci all’Asi, l’Italia sarà “in prima fila nel promuovere una cooperazione internazionale sicura e responsabile”. A studiare le possibile novità c’è la Fondazione Leonardo – Civiltà delle Macchine. Il suo presidente, Luciano Violante, è intervenuto a fine maggio a un evento dedicato al tema dal Centro alti studi per la Difesa, spiegando che è “particolarmente opportuno che le politiche dello spazio rientrino nel quadro delle iniziative del G20”. La libera navigazione e lo sfruttamento delle risorse dei corpi celesti, notava, dovranno essere regolamentati il prima possibile per evitare le derive del passato, come nelle Americhe nel XV e XVI secolo, col trionfo del diritto della forza. “Evidentemente – ha concluso Violante – le economie più avanzate del mondo, quelle del G20, non possono sottrarsi a questa sfida”.