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No Ue no party. Fabbrini e la lezione tedesca per Salvini (e Berlusconi)

Intervista a Sergio Fabbrini, scienziato politico e direttore del Dipartimento di Scienze politiche alla Luiss. In Germania la Cdu dice no all’ultradestra di Afd e riprende il volo, per battere i Verdi Laschet deve abbandonare l’austerity. Un messaggio anche per Salvini e Berlusconi: senza europeismo non esiste federazione

Un muro da fortificare, un altro da abbattere. Con la vittoria alle elezioni in Sassonia-Anhalt la Cdu ritorna in pista per la corsa al cancellierato e prende le distanze dalla destra di Alternative für Deutschland (Afd). Un messaggio in codice per la Lega di Matteo Salvini che rimane in bilico fra popolari e sovranisti, europeisti ed euroscettici, spiega a Formiche.net Sergio Fabbrini, direttore del Dipartimento di Scienze politiche della Luiss. Se vogliono battere i Verdi, i democristiani devono ora lasciarsi alle spalle una vecchia passione: l’austerity.

La Cdu è viva e vegeta.

Chi profetizzava il suo declino deve ricredersi. La crescita di 6 punti percentuali che l’ha portata al 36% non si può spiegare solo con la popolarità del premier Reiner Haseloff. Una parte dell’elettorato democristiano ha paura di Afd, sta costruendo una barriera costituzionale contro l’ultra-destra.

Perché Afd fa paura?

Perché ha successo. In Sassonia-Anhalt un elettore su cinque vota a destra. Al tempo stesso, il partito ha continuato a sostenere posizioni radicali ed euroscettiche, come dimostra l’ostilità al Next Generation Eu. C’è Afd alla base dei ricorsi che hanno costretto la Corte costituzionale tedesca a sospendere il giudizio di costituzionalità sui fondi europei per la ripresa.

Come si spiega il successo dell’ultra-destra a Est?

Sono i postumi di una “normalizzazione” della Ddr che non ha mai funzionato. Trent’anni fa l’unificazione fu pianificata in modo molto discutibile, con il riassorbimento dei 5 land orientali nella Germania Ovest. Non è un caso se oggi la Germania orientale abbia una sensibilità politica simile ad alcune ex repubbliche sovietiche nell’Est europa, come l’Ungheria o la Polonia. Anche questi Stati, nonostante la mole di fondi strutturali europei che ogni anno finisce nelle loro casse, non hanno mai accettato del tutto il processo di integrazione europea.

Il voto è una sconfitta per chi, nella Cdu, aveva aperto alla destra?

Il voto testimonia anzitutto che la leadership della Cdu, a Berlino e nei Land, è convintamente europeista e contraria a qualsiasi apertura a destra. La Merkel ha posizionato una volta per tutte il partito al centro togliendo terreno ai socialdemocratici. Nonostante la scalata nei sondaggi, la natura anti-sistemica di Afd la rende vittima di una conventio ad excludendum, come quella che ha tenuto per decenni il Partito comunista italiano lontano dal governo.

Armin Laschet è l’uomo giusto per il dopo-Merkel?

È un uomo ragionevole, con un afflato europeista che neanche la Merkel aveva in origine. Le aperture a destra sono già costate il posto ad Annegret Kramp-Karrenbauer, a Laschet spetta il salto europeista della Cdu. Non sarà facile, finché rimangono certi arroccamenti.

Quali?

L’austerity, ad esempio. In un recente intervento al Bundestag Merkel ha ribadito che il Next Generation Eu è un programma ad hoc, transitorio, e che un ritorno al vecchio regime fiscale è improrogabile.

I Verdi guidati da Annalena Baerbock hanno fatto del superamento dell’austerity un cavallo di battaglia. Vincente?

Credo di sì. A differenza dei socialdemocratici, vincolati al mondo dei sindacati che difendono con i denti il sistema di welfare tedesco, i Verdi non rispondono a gruppi di interesse con profonde radici nell’economia nazionale. Questa loro libertà, insieme alla spinta su temi come innovazione e ambiente, sono la chiave di volta per vincere nelle grandi città e un problema per la Cdu.

In Italia la Lega di Matteo Salvini, alleata di Afd in Europa, vuole federarsi con Forza Italia, che è dentro al Ppe. Le elezioni tedesche hanno un messaggio per Silvio Berlusconi?

Il contesto tedesco è molto diverso da quello italiano. Una lezione però si può trarre. C’è un solo vincolo che può tenere il centrodestra unito ed è quello europeo. In Germania la scelta europeista è ormai entrata nella costituzione materiale. Senza una prospettiva europea, il dibattito su una federazione o addirittura un partito unico fra Lega e FI si riduce a un’operazione di palazzo.

Si spengono le ultime speranze per il gruppo unico dei conservatori in Ue proposto da Salvini?

Direi di sì, il voto in Sassonia-Anhalt dimostra che non c’è spazio per un “supergruppo” a Bruxelles. Identità e democrazia (Id) è un gruppo anti-sistemico, isolato al Parlamento Ue, raramente riceve incarichi da rapporteur. Se vuole parlare con i popolari e il mondo moderato, la Lega deve prima risolvere questa ambiguità, e farlo con un dibattito aperto, franco. Un tweet non basta più.

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