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Perché papa Francesco rifiuta le dimissioni del cardinale Marx

Bergoglio colpisce e in profondità scrivendo che la vergogna riparatrice aprirà le porte alla compassione e alla tenerezza del Signore. Qual è l’altra strada? La politica dello struzzo non porta da nessuna parte, ammonisce il vescovo di Roma. L’approfondimento di Riccardo Cristiano

Francesco risponde al cardinale Reinhard Marx, arcivescovo dimissionario di Monaco e Frisinga chiamandolo “caro fratello” e dicendogli “innanzitutto grazie per il tuo coraggio cristiano che non teme la croce”. Poco dopo aggiunge: “La Chiesa non può fare un passo avanti senza assumere la crisi”. Assunzione individuale e comunitaria: “Sono d’accordo con te nel descrivere la triste storia degli abusi sessuali e il modo in cui la Chiesa l’ha affrontata fino a poco tempo fa come una catastrofe. Rendersi conto di questa ipocrisia nel modo in cui viviamo la nostra fede è una grazia, è un primo passo che dobbiamo fare. Dobbiamo farci carico della storia, sia personalmente che come comunità. Non possiamo rimanere indifferenti di fronte a questo crimine. Accettare significa mettersi in crisi”.

Ancora in queste ore non è difficile leggere che quella inviata dal cardinale Marx al papa era una lettera choc. Ma forse il vero choc è l’idea che la ferita riguarderebbe chi l’ha provocata. Certo questo è indiscutibile, ma non basta e la profondità, la bellezza e la forza della lettera del cardinale tedesco, che chiedeva di lasciare la guida della diocesi di Monaco anche per testimoniare la sua assunzione di responsabilità, non poteva lasciare indifferente Francesco, che infatti ha autorizzato la pubblicazione della missiva. Nella risposta, scritta in spagnolo, Francesco non accetta le dimissioni, confermando la sintonia con l’autorevole porporato tedesco: “Ci viene chiesta una riforma, che – in questo caso – non consiste in parole ma in atteggiamenti che hanno il coraggio di affrontare la crisi, di assumere la realtà qualunque siano le conseguenze. E ogni riforma comincia da sé stessi. La riforma nella Chiesa è stata fatta da uomini e donne che non hanno avuto paura di entrare in crisi e lasciarsi riformare dal Signore”.

Qui è difficile non sentire la eco di quanto scrisse il cardinale chiedendo di essere sollevato dall’incarico: “Le indagini e le perizie degli ultimi dieci anni mi dimostrano costantemente che ci sono stati sia dei fallimenti a livello personale che errori amministrativi, ma anche un fallimento istituzionale e ‘sistematico’. Le polemiche e discussioni più recenti hanno dimostrato che alcuni rappresentanti della Chiesa non vogliono accettare questa corresponsabilità e pertanto anche la co-colpa dell’Istituzione. Di conseguenza rifiutano qualsiasi tipo di riforma e innovazione per quanto riguarda la crisi legata all’abuso sessuale. Io la vedo decisamente in modo diverso”.

Per Francesco dunque non servono ideologi della riforma, ma mettere in gioco la propria carne, come ha fatto Marx. Il papa gli dà atto di questo dicendo che è “il modo che tu stesso, caro fratello, hai assunto nel presentare la tua rinuncia”, perché “seppellire il passato non ci porta a nulla. Il silenzio, le omissioni, il dare troppo peso al prestigio delle istituzioni portano solo al fallimento personale e storico”.

Preoccuparsi del prestigio ha portato discredito, perché è mancato il coraggio: “Né i sondaggi né il potere delle istituzioni ci salveranno. Non ci salverà il prestigio della nostra Chiesa, che tende a nascondere i suoi peccati; non ci salverà il potere del denaro o l’opinione dei media (così spesso siamo troppo dipendenti da loro). Ci salveremo aprendo la porta a Colui che può farlo e confessando la nostra nudità: ‘ho peccato’, ‘abbiamo peccato’… e piangendo, e balbettando come meglio possiamo quell‘allontanati da me, perché sono un peccatore’, l’eredità che il primo Papa ha lasciato ai Papi e ai Vescovi della Chiesa”.

Bergoglio colpisce e in profondità scrivendo che la vergogna riparatrice aprirà le porte alla compassione e alla tenerezza del Signore. Qual è l’altra strada? La politica dello struzzo non porta da nessuna parte, ammonisce il vescovo di Roma.



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