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5G per droni e basi militari. Così il Pentagono vuole superare la Cina

Il Pentagono sta testando il ricorso alla rete 5G per gestire droni e veicoli robotici (dotati di più sensori), e per abilitare “magazzini intelligenti”. Ha chiamato appositamente a raccolta industria e mondo della ricerca, assegnato contratti milionari. L’obiettivo? Guidare gli Stati Uniti nella corsa al 5G sulla Cina

Il termine “5G” è ormai onnipresente nei discorsi dei vertici militari degli Stati Uniti. Lo ha ripetuto a più riprese negli ultimi giorni il capo del Pentagono Lloyd Austin, sostenendo la richiesta che l’amministrazione guidata da Joe Biden ha presentato al Congresso per il budget del suo dipartimento nel 2022. Vale 715 miliardi di dollari, 11,3 in più rispetto al 2021. Spicca soprattutto l’incremento delle risorse per le cosiddette “tecnologie emergenti e dirompenti” (Edt), categoria in cui si inserisce il 5G. Sul tema il Pentagono si è mosso da diversi anni, iniziando a sperimentare presso le basi militari applicazioni all’avanguardia tra guida autonoma e logistica avanza. Sarà grazie alle Forze armate che gli Stati Uniti recupereranno la Cina nel campo del 5G?

LA RICHIESTA DEL PENTAGONO

La domanda pare lecita, considerando che le dotazioni chieste per le attività di ricerca e sviluppo dal Pentagono valgono 112 miliardi di euro, il 5% in più rispetto al 2021, a fronte del +1,6% della richiesta di bilancio complessiva. Alla base c’è la conferma del ritorno alla “great power competition” e la collocazione della Cina al primo posto tra le sfide. Ne deriva la forte attenzione per le Edt e l’apertura del perimetro della Difesa agli aspetti di sicurezza sanitaria, 5G, telecomunicazioni e reti. Il budget richiesto, ha ripetuto Austin al Senato, “ci consente adeguatamente di iniziare a prepararci per il le guerre del futuro, fornendoci le capacità di cui abbiamo bisogno”. Secondo il segretario alla Difesa saranno le seguenti: armi ipersoniche, intelligenza artificiale, microelettronica, tecnologia 5G, capacità cibernetiche, costruzione navale e modernizzazione nucleare.

LE NOVITÀ PER LA DARPA

Il percorso a Capitol Hill si preannuncia comunque ostico, considerando che la richiesta dell’amministrazione prevede importanti disinvestimenti su numerosi sistemi legacy. Un segnale in favore di Austin è arrivato giovedì dal Senato, che ha approvato lo “United States Innovation and Competition Act”, un pacchetto di norme che punta a garantire agli Usa le risorse per vincere la corsa tecnologica con la Cina. All’interno del pacchetto, nota BreakingDefense, c’è un emendamento che prevede il raddoppio del budget annuale della Darpa, l’agenzia del Pentagono impegnata nella ricerca avanzata sulle nuove tecnologie, da 3,5 a 7 miliardi. Nel bill complessivo sono inoltre previsti 1,5 miliardi per progetti di ricerca e sviluppo nel campo del 5G.

L’IMPEGNO

D’altra parte, è da almeno due anni che il Pentagono ha accresciuto l’attenzione al tema. A ottobre dello scorso anno il dipartimento della Difesa ha assegnato un prima tranche di contratti per 600 milioni di dollari per testare la rete 5G su cinque basi militari. Si va dai magazzini “smart” agli occhiali connessi in rete, da basi mobili di comando e controllo fino alla realtà aumentata a servizio dell’addestramento. I contratti (assegnati tra gli altri a AT&T, Nokia, General Dynamics, SSC ed Ericsson) facevano seguito all’invito di metà 2019 al settore industriale e al mondo della ricerca.

LA RICHIESTA AI PRIVATI

Le “requests of proposals” erano rivolte prima di tutto a due dei tanti consorzi (circa trenta) che la Difesa Usa ha promosso per i lavori sulle tecnologie disruptive: l’Information warfare research project e il National Spectrum Consortium. Quest’ultimo è stato appositamente pensato come partnership pubblico-privata per guidare lo sforzo nazionale nel campo del 5G, con circa 300 membri, dalle start-up ai colossi come Lockheed Martin. È stato lanciato nel 2019 con un budget di lancio da 1,25 miliardi di dollari in cinque anni, fornito dal Pentagono attraverso Other transaction agreement (Ota), formula contrattuale flessibile che gli Usa utilizzano sempre più per i progetti di alta innovazione.

LE PROVE DEL PENTAGONO

Un primo punto sui risultati dei test è stato fatto da DefenseOne, sito specializzato che organizza dal prossimo 21 giugno il Tech Summit. Per lanciare l’evento ha intervistato il colonnello Brandon Newell, direttore del “SoCal Tech Bridge”, la struttura della US Navy a San Diego, in California, che opera come “5G living lab”. Il mese scorso ha sperimentato su una base militare il ricorso alla connessione 5G per abilitare veicoli autonomi, miglioramento dell’efficienza energetica e manovre congiunte tra droni e veicoli robotici.

I TEST DEL “5G LIVING LAB”

Il test deriva dal coinvolgimento del settore privato, che Newell ha promosso a partire dal 2017 notando quanto il comparto commerciale fosse avanti (rispetto a quello militare) su 5G e automazione. È stata coinvolta prima di tutto Qualcomm, attiva nelle telecomunicazioni, per dimostrare le possibili applicazioni di connessione cellulare 5G. Le prove hanno dimostrato che tale connessione permette di gestire meglio molti aspetti di una base miliare, dalla logistica al consumo energetico, integrando il tutto in rete. A marzo, insieme a Anduril Industries, il SoCal Tech Bridge ha testato l’integrazione di più sensori in rete 5G, ricorrendo a una suite abilitata da intelligenza artificiale e machine learning.

DRONI ELETTRICI…

“Si può effettivamente espandere lo sguardo su più vettori di minacce”, ha spiegato Newell a DefenseOne. “Siamo stati in grado di mostrare come un singolo agente di polizia possa avere uno sguardo locale e regionale sulla minaccia”, ha aggiunto, notando che “più sensori collegati a un servizio cellulare più robusto hanno anche aiutato i droni a comunicare” e che “ciò ha consentito una collaborazione molto migliore con i robot robotica sul campo”. In altre parole, il Pentagono sta già testando la possibilità di applicare il 5G per gestire simultaneamente più veicoli autonomi, tra l’altro elettrici. Sul campo di battaglia ciò si tradurrebbe nella “disaggregazione delle logistica, rendendola più dinamica”, ha notato Newell. In prospettiva, permetterebbe di superare formule di rifornimento basate su grandi convogli, dimostratisi particolarmente vulnerabili ai dispositivi esplosivi improvvisati che popolano molti scenari operativi.

… E MAGAZZINI INTELLIGENTI

Tra i contratti assegnati dal Pentagono lo scorso anno ce n’è uno che riguarda la base logistica dei Marines ad Albany, in Georgia, dove si stanno testando “magazzini intelligenti”. Il progetto è guidato da Sachin Shetty, della Old Dominion University. Anche lui è stato intervistato da DefenseOne, a cui ha spiegato la sensoristica diffusa (e abilitata da rete 5G) possa migliorare le prestazioni di un magazzino militare. “I dati – si legge – hanno permesso ai manager di prevedere molto meglio quando gli articoli sarebbero stati utilizzati, consentendo ai robot di preposizionarsi per quel momento, risparmiando così energia”. Inoltre gli stessi dati consentono il “controllo predittivo dell’inventario”, aumentando la sicurezza grazie al monitoraggio di anomalie su larga scala.

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