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Salvini alleato dei radicali, il Pd succube dei 5 Stelle. Giachetti sulla giustizia

Il parlamentare di Italia Viva Roberto Giachetti sui quesiti referendari sostenuti da Salvini e i radicali. “È una rivoluzione culturale, per invertire la rotta”. E sul Pd? “Bene Bettini, ma sia Zingaretti che Letta mi sembrano diretti verso un ritorno agli anni ’70, al partito dei magistrati”

I quesiti referendari sono stati depositati in Cassazione. Non prima però di un’azione che ha del teatrale: uno striscione esposto dinnanzi al palazzo di piazza Cavour. Referendum Giustizia, recitava la scritta. Ma la cosa più bizzarra è che a sorreggerne i lembi erano da un lato l’esponente radicale Maurizio Turco – e fin qui tutto bene – dall’altro il leader del Carroccio Matteo Salvini. A ben guardare però, tutto questo è molto ‘pannelliano’, come suggerisce l’esponente di Italia Viva Roberto Giachetti. Lui, che a Pannella dava del tu, cresciuto davanti ai microfoni dell’emittente di via di Torre Argentina, può dirlo con una buona dose di certezza. “Se poi Salvini è ondivago sul tema della Giustizia, in fondo sono problemi suoi: l’importante è che si arrivi a raccogliere sufficienti firme per la buona riuscita del referendum”.

Giachetti, se è vero che fa strano vedere Salvini accanto a Turco, è altrettanto vero che anche il Pd ha, in ordine alla Giustizia, una posizione piuttosto altalenante con rigurgiti giustizialisti piuttosto marcati. Bettini, ad esempio, si è schierato con i quesiti che sono adesso al vaglio della Cassazione.

Ma non c’è dubbio. Salvini è garantista verso i suoi e con se stesso. Non si può certo dire che abbia avuto un approccio garantista quando uscì il caso dell’ex capo di gabinetto del presidente della Toscana Giani. Ho letto con favore la posizione di Bettini. Ma il Pd sotto l’egida di Zingaretti prima e di Letta ora sta ritornando alla fase più giustizialista del vecchio Partito Comunista. Un’involuzione frutto della totale subalternità al Movimento 5 Stelle. Quasi un ritorno agli anni ’70, al partito dei magistrati. Sta di fatto che il bollino di garanzia a questo referendum è sancito dalla presenza dei radicali.

Sul caso di Uggetti, il ministro degli Esteri Di Maio ha fatto un mea culpa non indifferente inviando la lettera di scuse. Come interpreta questa retromarcia?

E’ un’azione che io ho valutato molto positivamente, differentemente da altri che ne hanno messo in dubbio la buona fede. Certo, è una mossa politica. Una lettura un po’ meno superficiale va data, a mio giudizio, in questi termini: la parte più vicina a Di Maio nel Movimento, probabilmente in ordine alla Giustizia si sta riposizionando su istanze più garantiste.

Come valuta il piano di riforme promosso dalla ministra Cartabia?

La ministra sta mettendo in campo, giustamente, azioni che si muovono nel solco del Piano nazionale di ripresa e resilienza. Ma queste misure escludono tutte quelle che invece sono contenute nel nostro referendum. Dalla separazione delle carriere alla riforma della custodia cautelare, dalla Severino alla responsabilità civile dei magistrati. Su questi punti bisogna lavorare, anche per cercare di invertire una tendenza culturale che, ormai da trent’anni, si sta stratificando nel Paese».

Nel piano Draghi-Cartabia però, c’è un passaggio dirimente sul tentativo di riordinare il Consiglio Superiore della Magistratura. Qual è la sua idea sotto questo profilo?

La mia idea di riforma del Csm, corroborata dai fatti che sono emersi ultimamente dal caso Palamara in avanti, combacia esattamente con quella espressa dalle Camere Penali. Dunque impedire che siano solo le correnti a decidere gli avanzamenti di carriera e legarli ai risultati dei singoli magistrati. Ma deve essere una riforma conseguente alla separazione delle carriere. Peraltro personalmente non sono neanche convinto che il sorteggio sia la soluzione ideale per l’elezione. La via da percorrere dovrebbe essere quella dei listini bloccati.

Prima ha parlato di rivoluzione culturale nel Paese. Che cosa significa, in concreto?

Significa che la presunzione di innocenza prevista dalla Carta deve tornare a essere il principio cardine che regola il nostro ordinamento giudiziario, ad esempio. Per questo credo fervidamente che il referendum, cioè l’espressione della volontà popolare possa invertire una china negativa, particolarmente acuita in questi anni da un certo giustizialismo sbandierato dal Movimento 5 Stelle, ma dal quale non si sono certo sottratti neanche Lega e Fratelli d’Italia.

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