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Social, responsabilità e scontro tra poteri. Riflessioni sul libro di Palmieri

Da Capitol Hill al ban di Donald Trump. La politica, i social network e le possibili tutele per gli utenti. Voci a confronto sul libro di Antonio Palmieri, Social è Responsabilità!

Un almanacco, un tuffo nelle nuove frontiere della responsabilità. La politica ai tempi dei social network tra gap normativi e spazi immateriali. Il ban al presidente degli Stati Uniti Donald Trump dalle piattaforme, Capitol Hill, il ruolo di Italia ed Europa e lo scontro fra vecchi e nuovi poteri. Questo e molto altro è contenuto nel nuovo libro “Social è responsabilità!” (Pensiero solido) scritto dal deputato Antonio Palmieri, presentato nell’evento organizzato da Formiche.net.

Un’occasione di riflessione e dibattito, animato dal presidente emerito della Camera dei Deputati Luciano Violante, dal capo ufficio stampa della Commissione europea in Italia Manuela Conte, Maria Cristina Antonucci, ricercatrice del Cnr e docente Università La Sapienza di Roma e dal docente all’università Gregoriana Paolo Benanti. A moderare il direttore di Formiche.net Giorgio Rutelli. Il primo intervento, che pone un tema dirimente – quello di una nuova forma di sovranità, esercitata dalle grandi piattaforme, paragonate alla Compagnia delle Indie – è di Violante.

“Le compagnie digitali condizionano i comportamenti di una massa indeterminata delle persone – così il presidente emerito della Camera – atteggiamento tipico di chi esercita una forma di sovranità. Nello spazio digitale ci sono tanti elementi che dovrebbero interrogarci, anche sotto il profilo giuridico, sul tipo di sovranità che i social esercitano”.

Il valore aggiunto del libro, secondo Violante, è rappresentato “dal metodo con il quale si affronta il tema dei social e della responsabilità. Ci sono essenzialmente tre livelli di lettura. Il primo di carattere informativo, molto completo, che da conto di tutte le posizioni che si sono alternate su questi temi”. Il secondo è un livello “costruttivo”, mentre il terzo è quello “educativo”. E qui, si annida “il salto concettuale: c’è un grande sforzo che indica nella sostanza cosa in effetti siano gli strumenti digitali”.

Dal canto suo Antonucci indugia sul confronto-scontro fra “vecchio e nuovo potere”. Quest’ultimo, quello che conosciamo meglio, “è localizzato, territoriale, prevede tra le altre cose l’esercizio coattivo della forza: il potere politico. I poteri che emergono dai social sono invece dematerializzati, specie nella gestione dei contenuti”. Quindi, in potenza, sono poteri “sconfinati”. Dunque il prorompere delle piattaforme digitali “ci pone il problema di comprendere la natura di questo potere globale, con regole autonome”. Secondo la ricercatrice de La Sapienza, un ulteriore merito che il volume di Palmieri porta in dote è legato “al grosso tema fake news e post verità. Sotto questo profilo il testo è un potente antidoto alle notizie false”.

Per Paolo Benanti occorre capire che le piattaforme sono “in grado di cambiare il capitalismo, offrendo servizi attrattivi per l’individuo, in cambio di una relazione particolare con loro”. Anche per questo la necessità più impellente è quella di “riconoscere nuovi diritti ai cittadini-utenti”. “Quello che accade sui social accade non solo tra elementi umani, ma c’è un agente algoritimico che non riusciamo a controllare, che ha un grande effetto sociale”. Dovremmo avere un bugiardino? Un foglio informativo? Si chiede il docente della Gregoriana.

Una risposta arriva dal capo ufficio stampa della Commissione europea in Italia Manuela Conte. “L’Europa ha iniziato a legiferare su questa materia nell’ultimo periodo, arrivando a produrre il Digital Act. La materia è complessa: non è facile stabilire in che modo regolamentare, sebbene con la nuova legge sui servizi digitali si è deciso che possono essere rimossi i contenuti illegali dalle piattaforme”. Questo anche a seguito degli episodi piuttosto spiacevoli avvenuti nel corso della pandemia. Le leggi da sole, tuttavia, non bastano. Conte sostiene che ci voglia “una sensibilizzazione dei singoli individui, della singola piattaforma e della società intera, che parta dalla scuola e dalla famiglia”.

Palmieri, che sui social si destreggia da diversi lustri – essendo peraltro il primo parlamentare italiano ad aprire un account Twitter – spiega che “i temi trattati nel libro sono decisivi per gli attuali utenti, ma soprattutto per il futuro”. Ma i social non sono uno strumento da guardare con sospetto, malgrado le insidie che presentano. “Le piattaforme social consentono iniziative che altrimenti sarebbero impossibili o costosissime – puntualizza l’autore – e la pandemia ce l’ha insegnato. Sono dunque strumenti di grande democratizzazione”.

La parte costruttiva di cui parlava Violante all’inizio del suo intervento, tra le possibili chiavi di lettura del testo, si articola in tre proposte che l’autore formula alla fine del volume. “Uno strumento di tutela per i politici dai ban, a meno che non compiano reati. Una forma di tutela per gli utenti semplici che si vedono cancellati i profili e non sanno a chi chiedere lumi e, infine, una protezione per chi fa informazione perché le testate giornalistiche rispondono già alle autorità giudiziarie delle singole nazioni”. Ce la faremo?

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