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Perché la strada costiera libica è un’arteria fondamentale anche per l’Italia

Il portavoce di Haftar, Khaled Al-Mahjoub, denuncia a Formiche.net la presenza di gruppi armati che chiederebbero denaro come condizione per l’apertura della strada, ma da Misurata arriva un’altra versione dei fatti

Uno dei massimi ufficiali dell’autoproclamato Esercito nazionale libico (Lna) di Khalifa Haftar sta denunciando da giorni quelle che a suo dire sono le cause che ostacolerebbero la riapertura della strada costiera che collega l’est con l’ovest della Libia.

In un’intervista a Formiche.net, il maggiore generale Khaled al-Mahjoub, noto a Bengasi con il titolo di Direttore del Dipartimento per l’orientamento morale dell’Lna ma di fatto portavoce di Haftar, ha accusato le forze dell’ovest della Libia di ostacolare l’apertura della strada costiera e di impedire il completamento di quanto concordato nell’accordo di cessate il fuoco firmato a Ginevra e sui cui sta lavorando la commissione militare congiunta 5+5 a Sirte. La sua speranza è che i 5 rappresentanti militari della Tripolitania possano riuscire a persuadere questi gruppi a ritirarsi. Secondo l’ufficiale della Cirenaica “ci sono diverse ragioni dietro questa fase di stallo ma certamente a nostro avviso la causa principale è la volontà delle formazioni legate ai Fratelli musulmani di volere il protrarsi di questa situazione di incertezza e di instabilità per poter prosperare in quanto hanno interesse a che la situazione resti questa nel paese”.

L’assenza di uno Stato libico forte e unitario a suo giudizio “consentirebbe a questi gruppi armati di governare il loro territorio senza temere rivali”. Alla base però della mancata intesa all’interno della commissione militare congiunta 5+5 che si riunisce a Sirte, spiega al-Mahjoub a Formiche.net ci sarebbe “la richiesta di denaro da parte di questi gruppi armati per ritirarsi e levare il blocco alla via costiera. Noi speriamo che i membri del Comitato della Tripolitania li possano convincere a ritirarsi o altrimenti diffonderemo i nomi di chi ostacola la riapertura di questa importante arteria per il paese in modo illegale”. Al-Mahjoub sostiene che i gruppi armati di Misurata avrebbero chiesto una ingente somma per la riapertura della strada, parla di 59 milioni di dollari, ma questa versione è stata chiaramente smentita dalle formazioni armate dell’ovest.

Fonti di Misurata hanno spiegato a Formiche.net che dietro il loro no alla riapertura della strada costiera ci sarebbe altro. In particolare loro temono che la rimozione del blocco lungo la costa possa spianare la strada alle forze di Haftar per una nuova offensiva militare su Tripoli. Per questo chiedono prima il ritiro dei mercenari della compagnia russa Wagner dalla zona costiera dell’est della Libia. Spiegano da Misurata: “Haftar chiede il ritiro dei mercenari turchi e la riapertura della strada per avere il via libera e riprendere l’offensiva militare”.

Per sbloccare questa situazione, che potrebbe avere ripercussioni molto gravi sul processo di riconciliazione e di transizione della Libia, al-Mahjoub spera nell’intervento dell’Italia che a suo giudizio “può avere un ruolo molto importante per la stabilità della Libia. Fin quando ci saranno formazioni armate che portano avanti le loro provocazioni mancherà sempre la stabilità di cui l’Italia necessità per le sue forniture di gas e per fermare i flussi dei migranti illegali. Inoltre c’è il pericolo dell’infiltrazione dei terroristi dalla Libia verso l’Italia tramite i migranti illegali rispetto al quale il vostro paese deve stare molto attento”.

La denuncia dell’ufficiale di Bengasi arriva dopo che mercoledì scorso 2 giugno si è svolta una riunione a porte chiuse del Comitato 5+5 a Sirte, con la partecipazione dell’inviato delle Nazioni Unite, Jan Kubis, durante la quale i rappresentanti dell’Lna hanno confermato la propria disponibilità ad aprire la principale strada costiera della Libia, mentre l’altra parte non sono ancora in grado di garantire altrettanto. Le richieste avanzate dalle formazioni armate, in particolare di Misurata, sono definite “un chiaro ricatto al governo e al Consiglio di Presidenza, che non hanno condotto alcun serio lavoro in questa direzione per facilitare la vita dei cittadini e garantire la loro esigenza di aprire la strada costiera”.

L’apertura della strada costiera tra le città di Sirte e Misurata è un passo essenziale per l’attuazione dell’accordo di cessate il fuoco, poiché è considerata una delle questioni più spinose che rappresentano una sfida per il governo di unità nazionale del premier Abdulhamid al-Dabaiba. La Sala Operativa di Sirte e Al-Jufra, fedele al governo di unità nazionale, richiede la ritirata delle forze di Haftar e la loro uscita da Sirte per aprire la strada, richiesta che quest’ultima ha rifiuto, mentre dall’altra parte sembra che alcune formazioni armate abbiano chiesto soldi per ritirarsi dalla strada. Questo nonostante la riapertura di questa strada consentirebbe alle autorità libiche di garantire una serie di servizi ai cittadini libici ora fermi a causa di questo blocco oltre ad accorciare le distanze tra le varie città del paese e la capitale, Tripoli.

Momenti di tensione si sono registrati mercoledì scorso durante la riunione della commissione militare congiunta 5+5 a Sirte quando la delegazione delle forze di Haftar ha espresso il proprio disappunto per le dichiarazioni rilasciate dal membro del Consiglio di presidenza libico, Abdullah al-Lafi, sulla parata militare che l’Lna ha organizzato la settimana precedente a Bengasi, sostenendo che il titolo di capo supremo delle forze armate, che spetta al Consiglio di presidenza libico “è un titolo che può essere usato da tutto il Consiglio e non solo un singolo membro”. Tensioni che rischiano di acuirsi in questi giorni in quanto si celebra il 4 giugno l’anniversario della ritirata delle forze di Haftar dalla Tripolitania e nella capitale libica sono attese entro due giorni manifestazioni dei gruppi armati che fanno capo all’operazione “Vulcano di Rabbia” in risposta alla parata di Haftar che mettono in imbarazzo il governo di unità nazionale.

La fase di stallo nelle trattative per la riapertura della strada costiera libica e le tensioni tra i gruppi armati di Tripoli e Bengasi hanno ripercussioni dirette sulle attività delle aziende italiane in Libia. Al Business Forum organizzato dalla Farnesina il 31 maggio scorso a Roma, in occasione della visita del premier libico al-Dabaiba, c’erano tutti gruppi interessati alla ricostruzione della Libia. Hanno partecipato anche i rappresentanti di WeBuild. Quest’ultimo, precedentemente noto come Salini Impregilo, è interessato alla costruzione dell’autostrada costiera che dovrebbe partire nei prossimi mesi, come annunciato in quell’occasione, e dovrebbe avere bisogno di un periodo di 36 mesi per il suo completamento.

Un’infrastruttura da 2mila Km (sul tracciato della vecchia Via Balbia) che unisce Tripolitania e Cirenaica. Il primo lotto dell’opera era stato assegnato nel 2013 con una gara e prevedeva la costruzione di una prima parte dell’autostrada in Cirenaica, a Bengasi. Ora è stato spacchettato in lotti più piccoli e facilmente gestibili e prevede che si operi in contemporanea anche in Tripolitania, ma le divisioni tra gli apparati militari dell’est e dell’ovest rischiano di mettere in pericolo questo progetto.

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