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Dopo l’incontro Biden-Putin, a che punto è l’Ucraina?

Dopo il summit di Ginevra, appare chiaro che tra Russia e Stati Uniti sull’Ucraina c’è un tacito consenso a mantenere lo status quo. Ed è il massimo che ci si poteva aspettare. L’analisi di Dario Quintavalle

Il vertice ginevrino tra i presidenti Joe Biden e Vladimir Putin può essere riguardato come un successo o un fallimento, a seconda delle aspettative, modeste o eccessive, che si nutrivano su di esso.

Di certo, era impossibile aspettarsi una sorta di reset o di grande patto strategico. Di positivo c’è che le due grandi potenze – e i due leader – hanno ripreso a parlarsi con reciproco rispetto, seppur rimarcando tutte le note differenze.

Se ha ragione Dmitri Trenin, che il rischio di un conflitto militare tra Occidente e Russia non è mai stato così alto, l’opportunità per i capi delle due potenze di incontrarsi e parlarsi è stata certamente preziosa per ridurre tale rischio.

Perché, non si abbiano dubbi, se un conflitto tra Occidente e Russia dovesse mai scoppiare, sarà in o per l’Ucraina, la grande pietra d’inciampo nei rapporti tra i due blocchi.

Putin ha allora messo in chiaro ufficialmente a Biden senza mezzi termini quali sono le “linee rosse” della Russia in questa materia. Queste includono: invitare l’Ucraina a unirsi alla Nato; schierare forze e impiantare basi militari statunitensi, o armamenti, in particolare missili Inf, in Ucraina; assecondare i tentativi di Kiev di recuperare il Donbass o peggio la Crimea con la forza.

Nelle dichiarazioni finali, gli accenni all’Ucraina sono stati veramente scarni. Putin ha detto – forse minimizzando – che il tema dell’Ucraina nella Nato è stato appena toccato, mentre Biden ha detto che sosteneva l’implementazione degli accordi di Minsk, e di aver ribadito a Putin l’“incrollabile” sostegno statunitense alla sovranità dell’Ucraina.

All’atto pratico, ciò si traduce nel rilascio di un pacchetto di aiuti di 150 milioni di dollari in military preparedness, nell’ambito di un programma noto come Ukraine Security Assistance Initiative. Il sostegno occidentale all’Ucraina si esprimerà inoltre in rinnovati rapporti commerciali. La recente missione del ministro degli Esteri Luigi Di Maio a Kiev ha fatto in un certo senso da apripista consentendo al nostro Paese di fare un’aperta scelta di campo che fa giustizia di passate ambiguità.

A gennaio scrivevamo che un uomo con l’esperienza internazionale di Biden avrebbe sulla Russia certamente puntato al negoziato piuttosto che allo scontro. Ginevra è forse il principio di un dialogo strategico fondato sulla chiarezza delle rispettive posizioni.

Dunque, l’Ucraina non viene lasciata sola sul piano militare e viene rafforzata in caso di nuove aggressioni o esercizi militari volti a minacciarla, come nello spiegamento di forze russo dello scorso aprile, ma al tempo stesso non viene incoraggiata a prendere velleitarie iniziative militari finalizzate a una riconquista dei territori secessionisti. L’assistenza occidentale riguarderà come da tradizione lo state building e la lotta alla corruzione, con programmi mirati di assistenza tecnica, oltre che una rinnovata cooperazione commerciale.

Se viene confermata la tradizionale linea americana che non riconosce alla Russia il diritto a sfere di influenza, nondimeno le preoccupazioni russe vengono tenute in debita considerazione e le aspirazioni ucraine di entrare nella Nato sono per il momento congelate. Questo naturalmente a patto che la Russia si dimostri un partner responsabile.

Al termine del summit di Ginevra, appare chiaro che tra Russia e Stati Uniti sull’Ucraina c’è un tacito consenso a mantenere lo status quo, e ad evitare che la situazione possa degenerare pur in un quadro di aspro confronto.

Francamente, è il massimo che ci si poteva aspettare.



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