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Una poltrona per due. Ghisleri spiega la tentazione di Conte e Letta

Un conto è tenere le redini da una segreteria di partito, o uno studio di avvocati. Un altro farlo in trincea, nel Parlamento, da leader. Alessandra Ghisleri, direttrice di Euromedia Research, spiega l’onorevole tentazione di Enrico Letta e Giuseppe Conte. Centrodestra? Ecco chi teme Giorgia Meloni

Sarà il fascino della scheda elettorale. Sarà la curiosità, o la nostalgia, di tenere le arringhe dall’altra parte della barricata, sotto la volta di Montecitorio. Enrico Letta e Giuseppe Conte alle urne. Due ex premier, due capi partito. Uno a Siena, dopo il trasferimento di Pier Carlo Padoan alla presidenza Unicredit, l’altro a Roma, nel collegio di Prima Porta, appena lasciato dall’ex viceministra Emanuela Del Re, ora inviata speciale in Sahel. Per il primo sarebbe un ritorno, per il secondo un battesimo di fuoco, nella veste ancora non ufficializzata di leader del Movimento Cinque Stelle. Per entrambi, dice a Formiche.net Alessandra Ghisleri, direttrice di Euromedia Research, è un’occasione d’oro.

Un’onorevole chance.

È sempre importante essere presenti. Basta pensare a cosa è successo a Berlusconi quando ha abbandonato il Senato. Avere un incarico, una rappresentanza, essere concretamente in campo è tutta un’altra storia. A differenza dello zio, che ha sempre giocato al fianco di Berlusconi, Letta è fatto per la prima linea.

Siena e periferia di Roma. Sulla carta, due fortini di Pd e Cinque Stelle.

Sulla carta. Di questi tempi i fortini non durano a lungo. Più dei territori, contano i referenti. Letta e Conte, a quanto si apprende, giocherebbero in coalizione, questo li renderebbe più forti, almeno nelle aspettative.

Un escamotage per tutelarsi da eventuali imprevisti…

Il Pd in particolare non può permettersi di perdere, o di vincere male in Toscana. Un “fortino” che è già stato in parte violato dal centrodestra, specialmente in determinate aree della costa.

Quali sono i partiti più in competizione?

E’ in atto principalmente una competizione fra schieramenti. Interna al campo progressista, fra Pd e Cinque Stelle. Letta non a caso sta proponendo politiche progressiste per abituare gli elettori grillini alla nuova linea dem. Anche nel centrodestra c’è competizione, fra le sirene ammalianti di chi vuole un fronte unico fra Lega e Forza Italia e i dubbi di Fdi. C’è solo un grande ombrello che impedisce alle tensioni di deflagrare.

Ovvero?

Mario Draghi. Il premier sa che gli italiani, oggi, vogliono solo che la politica si occupi di fatti concreti: vaccini, ristori, sicurezza, controlli sanitari. C’è un vero e proprio “mercato della rinascita” da conquistare. L’ultima cosa di cui si preoccupano sono le liti fra leader di partito. Gli elettori vedono in Draghi competenza e capacità per andare oltre la bagarre politica.

Ma la bagarre c’è. Da quattro mesi Letta ha messo la felpa e ingaggia un duello al giorno con Salvini. Chi ne sta uscendo meglio?

Salvini ha probabilmente compreso la strategia di Enrico Letta: di emarginarlo per spingerlo fuori dal governo. E ha realizzato che il suo elettorato, proprio come quello del Pd, ha invece maggiormente necessità di essere rassicurato e di vedere -il prima possibile- risultati concreti.

A chi fa paura il successo di Giorgia Meloni?

La Lega è il principale competitor, inutile nasconderlo. I dati sui flussi di voto fra i due partiti tra il 2019 e oggi segnalano un trend costante di migrazioni di voti nell’area di centro destra. La Meloni cresce comunque anche perché avvantaggiata dal suo ruolo di opposizione in “monopolio”, e da un importante presidio sul territorio che fa la differenza. Anche se la vera competizione si gioca altrove.

Dove?

All’esterno del centrodestra. Tutti i sondaggi oltre a registrare l’aumento di FdI, fotografano la coalizione ferma tra il 47% e il 50%, Lega, Fdi e Fi si scambiano i voti fra loro. Per avere la meglio devono riuscire a catturare consensi al di fuori dell’area, ma al momento questo non si registra ancora. Forza Italia soffre sicuramente lo stallo dovuto all’assenza mediatica del suo leader. Quel 6-8% rimane  un’eredità legata al nome di Berlusconi e difficilmente è trasmissibile.

Chiudiamo con le amministrative. Il Pd sarà ancora il partito della Ztl?

Siamo in una fase in divenire. I messaggi che stanno inviando Letta e Salvini indicano una corsa ai voti al di fuori dalla Ztl. Ma i nomi dei candidati non ci sono ancora ed è presto per fare previsioni.

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