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Meno soldi e meno inflazione. Biden trova il compromesso (in chiave anti-Cina)

Il presidente trova un compromesso con i repubblicani ma riduce la gittata del piano per strade e ponti a 1.200 miliardi, ed è costretto a cancellare l’assistenza sanitaria a casa. L’obiettivo è competere con la Cina. Ma ora deve superare gli ostacoli parlamentari

Joe Biden piazza il primo colpo, anche se corregge il tiro al ribasso. Ma è il prezzo da pagare per un sì repubblicano che non era certo scontato, soprattutto da un partito che ha sempre visto col fumo negli occhi l’aumento dell’imposta fiscale sui profitti della grandi imprese. Ma nella notte italiana, l’accordo è arrivato e l’ex sleepy Joe ha finalmente il suo piano per le infrastrutture, che vale 1.200 miliardi di dollari. Cifra ben lontana dai quei 3 mila miliardi che erano il target iniziale, ma tuttavia sufficiente a dare un scossa di magnitudo sufficiente a un’economia che quest’anno potrebbe crescere del 6,5%.

E forse, il governatore della Fed, Jerome Powell, potrà dormire sonni più tranquilli sapendo che la gittata del piano per le infrastrutture è stata pressoché dimezzata, limitando i rischi di un surriscaldamento dell’economia e dunque dei prezzi, con possibile anticipazione di una stretta monetaria che per ora rimane confermata al 2023.

Ed ecco che Biden in modo trionfale ha dichiarato che sì, ha mantenuto la sua promessa della campagna elettorale, quella sul ritorno delle leggi bipartisan dopo anni di veti e norme a colpi di maggioranza. “Abbiamo l’accordo”, ha esordito circondato dalla delegazione di 10 senatori (5 democratici e 5 repubblicani) che benedice l’intesa sul piano per le infrastrutture da 1.200 miliardi di dollari, per proiettare l’America nel futuro e competere con la Cina. Sì perché, per stessa ammissione del successore di Donald Trump, questo è un piano pensato per fronteggiare il nuovo rivale globale, Paese aggressivo oltre i suoi confini ma profondamente fragile al suo interno.

Come ha spiegato lo stesso Biden nel suo discorso post-intesa, “lasciatemi essere chiaro: siamo in corsa con la Cina e il resto del mondo per il 21esimo secolo. In Cina non stanno aspettando. Stanno investendo decine di miliardi di dollari su tutta la linea. Decine di miliardi”. Messaggio chiaro a Pechino. Attenzione però, perché il compromesso deve ancora affrontare seri ostacoli alla Camera e al Senato.

Lo stesso Biden ha subito ammesso che il via libera del Congresso non è affatto scontato: “Non mi fermerò fino a quando il provvedimento non sarà sul mio tavolo da entrambe le parti”. E non sono certo parole campate per aria. Il leader della minoranza al Senato Mitch McConnell non ha ancora firmato l’accordo e se vi fosse qualche defezione tra i senatori dem, sarebbe lui a decidere le sorti della legge, in un’Aula spaccata.

E poi c’è da fare i conti con l’ala progressista del partito democratico è sul piede di guerra, visto che nel novero dei tagli al piano originale, c’è l’assistenza sanitaria a casa. Alcuni, come il senatore Bernie Sanders hanno minacciato di ribellarsi se il compromesso non includerà anche le loro priorità chiave, come l’assistenza domestica. Senza dimenticare la partita fiscale: 1.200 miliardi di dollari sono tanti, impossibile finanziare il piano senza un inasprimento delle tasse, che però i repubblicani non digerirebbero. Insomma, la partita è ancora aperta.

Di sicuro, visto il ridimensionamento del piano, il rischio inflazione può essere rivisto al ribasso. Secondo gli economisti di Oxford Economics, “l’utilizzo costantemente elevato delle risorse del governo americano potrebbe rappresentare un rischio al rialzo per l’inflazione. Ma dato l’impulso fiscale negativo nel 2022 (il possibile aumento delle tasse alle fasce alte, ndr) e il persistente rallentamento del mercato del lavoro, riteniamo che il rischio sia limitato. Inoltre, una forte risposta dell’offerta all’elevata domanda potrebbe portare a una maggiore crescita della produttività e a dinamiche inflazionistiche sane”.


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