La mano tesa di Biden ai repubblicani sta avendo i suoi effetti. Tra alleanze in Congresso e conferenze stampa congiunte, ecco come cambia il clima politico in Usa (in vista del 2024)
Nel parlare di politica statunitense è quasi lapalissiano fare riferimento alla polarizzazione politica, all’immensa frattura che divide i Repubblicani e i Democratici. Il Congresso, come la società americana, è solcato da linee di faglia, i punti d’incontro e le collaborazioni sono talmente rari da essere diventati l’eccezione. Eppure la promessa del presidente democratico Joe Biden di tendere una mano ai propri rivali qualche risultato lo sta portando.
Nel Gop quasi tutti sostengono ancora (senza prove) che l’elezione sia stata truccata, mentre dall’altra parte i Dem sono agguerriti dopo il quadriennio di Donald Trump. Ma negli ultimi tempi si è assistito a piccoli segnali, che se non sono propriamente di distensione perlomeno fanno affiorare la possibilità di dialogo. Come la visita di Biden a Miami, Florida, in visita al memoriale improvvisato per le vittime del crollo del palazzo avvenuto settimana scorsa.
Al momento le morti accertate sono 18 a fronte di altri 145 dispersi, per i quali continuano le ricerche. La tragedia è diventata un’occasione per una dimostrazione di unità tra Biden e il governatore dello stato, Ron DeSantis, astro in ascesa del Partito repubblicano vicinissimo all’ex presidente (che vive in in Florida) e feroce oppositore di quello attuale. “C’è di buono che facciamo sapere alla nazione che possiamo cooperare,” ha detto Biden a DeSantis, che ha annuito e risposto: “grazie, signor presidente. Ha riconosciuto la gravità di questa tragedia sin dal primo giorno ed è stato di grande supporto”.
Il governatore della Florida è tra i favoriti per le primarie repubblicane del 2024, prospettiva che potrebbe avvalorarsi ulteriormente se il cerchio legale che si sta stringendo attorno all’organizzazione di Trump gli impedirà di correre. DeSantis ha criticato aspramente le politiche di Biden fin dal suo insediamento e si è distinto per le riaperture in periodo di lockdown, che gli hanno permesso di consolidare le sue credenziali. Si è anche fatto promotore di una legge contro il deplatforming, ispirata dalla messa a bando di Trump dai principali social network dopo l’assalto al Congresso lo scorso sei gennaio, che ieri si è arenata di fronte a un giudice federale appena prima di entrare in vigore.
Un trumpiano doc, dunque? Dipende a chi si chiede; in un’America in cui più della metà dei repubblicani crede che le elezioni siano state rubate a Trump, e in cui la minoranza parlamentare del Gop che sostiene il contrario è ostracizzata, DeSantis si è sempre rifiutato di commentare la questione, pur essendo annoverato tra i suoi fedelissimi sostenitori. Scelte che denotano lungimiranza politica: il governatore non farà la fine di Liz Cheney, la leader repubblicana declassata che ora siede nella commissione d’inchiesta sull’assalto al Congresso, e nemmeno finirà nell’angolo al tramonto dell’era Trump nel Gop (ammesso e non concesso che ciò avvenga entro il 2024).
Oltre a DeSantis ci sono altri repubblicani che con meno clamore mediatico si dedicano a collaborare con i democratici, ove possono, travalicando le linee oltranziste dei trumpiani di ferro. La battaglia antitrust che le istituzioni stanno conducendo per regolamentare Big Tech è un raro esempio di sforzo assolutamente bipartisan. Come è diventato bipartisan il piano infrastrutturale di rilancio post-pandemia (da $579 miliardi) presentato da Biden stesso e sottoposto a un travaglio di revisioni, cambiamenti e compromessi. “We have a deal”, ha detto il presidente; “penso che si davvero importante che siamo tutti d’accordo sul fatto che nessuno di noi ha ottenuto tutto quello che voleva”.
Il polarizzatore-in-capo Trump ha ancora il mano il Gop, per cui avversare i democratici senza se e senza ma sembra pagare elettoralmente. Anche a sinistra ci sono personalità che rifiutano il confronto e utilizzano la stessa tattica di denuncia e critica via web per ritagliarsi uno spazio. Ma a distanza di pochi mesi dall’assalto al Congresso (e al netto della commissione d’inchiesta voluta dalla Speaker democratica Nancy Pelosi, che accentuerà le divisioni) gli sforzi di collaborazione bipartisan aumentano gradualmente. In fin dei conti, un riavvicinamento tra le due realtà politiche è meno improbabile di sei mesi fa. Specie se i repubblicani riusciranno, in un modo o nell’altro, a sganciarsi da The Donald.