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Un comitato, tre auspici. Il Fintech all’italiana visto da Barbanti

Il neo Comitato potrà costituire un punto di presidio molto importante per lo sviluppo del settore in Italia, per l’attrazione di capitali dall’estero, per la nascita delle startup con conseguente indotto occupazionale. Il commento di Sebastiano Barbanti

Il 17 luglio è entrato in vigore il regolamento che disciplina la creazione del Comitato Fintech e della sandbox. Si tratta sicuramente un passo molto importante ed atteso sin dal dicembre 2017 quando, nella legge di Bilancio 2018, proposi un emendamento che disegnava, seppur in maniera lievemente diversa, il Comitato e poneva le basi per l’introduzione della sandbox.

Era un progetto, possiamo dire ora col senno di poi, lungimirante e che ha finalmente visto l’avvio. D’altronde, è sotto gli occhi di tutti ormai non solo la pervasività nella vita finanziaria quotidiana di ognuno di noi del Fintech, ma anche l’attenzione che le istituzioni vi hanno posto in questi anni con diversi progetti quali l’hub di Banca d’italia, l’acceleratore di Cdp, il progetto Consob-Tech, il sostegno del Fondo Nazionale Innovazione solo per citarne alcune.

Il neo costituito Comitato potrà costituire un punto di presidio molto importante per lo sviluppo del settore in Italia, per l’attrazione di capitali dall’estero, per la nascita delle startup con conseguente indotto occupazionale, per il ruolo che la nostra nazione potrà giocare in Europa e, più in generale, in ambito internazionale. Allo stato dell’arte, sono tre gli auspici che mi sento di formulare affinché, a mio modo di vedere, il progetto possa dispiegare appieno gli effetti positivi per il settore.

Il primo attiene alla forza del presidio: in aiuto ai membri del Comitato è prevista l’istituzione di una segreteria tecnica che mi auguro diventi un vera e propria entità con autonomia amministrativa, finanziaria e dotata di un organico congruo per l’ingente lavoro che sarà chiamato a svolgere. Il secondo auspicio riguarda la prevista possibilità di “allargare” le riunioni ad esperti del settore, associazioni di categoria, imprese, enti e operatori del settore Fintech.

La partita della semplificazione normativa, dell’evoluzione normativa, del presidio di sana e prudente gestione a tutela degli investitori può e deve andare di pari passo con la conoscenza, lo sviluppo e la crescita del mondo Fintech che non può che avere un approccio olistico. Un Comitato che rappresenti un ecosistema, in cui tutti gli attori portano il loro contributo di conoscenza, di esperienza, di visione, di necessità faciliterà il raggiungimento di quei risultati.

Ultimo auspicio, ma non meno importante, che nel tempo possa realizzarsi un processo di graduale apertura alla sperimentazione. Una sandbox è sì anche utilizzata da attori con organizzazioni e disponibilità economiche ampie e robuste, ma anche e soprattutto da startup che hanno, per definizione, poche risorse economiche ed organizzative e competenze molto spesso soltanto nella “verticale” del core business.

Se l’obiettivo è quello di consentire uno sviluppo del settore “dal basso” (sullo stile del modello anglosassone), allora bisognerebbe spostare l’onere di incombenze burocratiche e normative, che distoglierebbero soltanto l’attenzione dell’applicante alla sandbox dal suo core business, quanto più possibile dall’azienda alla PA e alle Autorità di Vigilanza.


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