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C’era un cinese negli Usa. I billionaire che tifano Dragone

Il vicepresidente di Berkshire Hathaway, Munger, ospite con il magnate americano di un salotto della Cnbc, loda senza mezzi termini l’atteggiamento cinese verso Alibaba e il fintech e sogna una replica in salsa americana. Lo stesso Buffett in poche settimane ha scaricato Apple e puntato sui costruttori di auto elettriche cinesi

A casa di Warren Buffett si tifa Cina? Altroché. Alla Berkshire Hathaway, mitica società fondata dal settimo uomo più ricco del mondo, arrivato a 90 anni con un patrimonio personale di 96 miliardi di dollari, hanno un debole per i metodi di Pechino. Proprio alla Berkshire, con un portafoglio che va dalle elettriche del Dragone a una redditizia partecipazione in Apple, applaudono l’opera di demolizione sistematica del fintech da parte del Partito comunista cinese, che proprio oggi compie 100 anni (non senza acciacchi e problemi, qui l’approfondimento di Formiche.net).

Charlie Munger, vicepresidente della Berkshire Hathaway, ha elogiato il governo cinese per aver messo a tacere Jack Ma e la sua Alibaba, ree di aver sfidato il regime dall’alto del loro monopolio su prestiti e pagamenti, che ha potuto proliferare fino all’entrata a gamba tesa del Dragone.

“I comunisti hanno fatto la cosa giusta”, ha detto Munger, 97enne amico di lunga data di Warren Buffett, a proposito dell’atteggiamento della Cina verso Alibaba e le sue controllate, senza considerare le varie Tencent&Co. “La Cina ha chiamato Jack Ma e gli ha detto: non lo farai, figliolo. E hanno fatto bene perché Ma voleva fare solo quello che gli pareva”. Poi, l’endorsement più clamoroso, proprio a pochi metri da Buffett, nel corso di uno speciale della Cnbc. “Certamente mi piacerebbe avere parte del sistema cinese negli Stati Uniti, quello finanziario almeno. La nostra meravigliosa economia di libera impresa sta permettendo a tutti questi pazzi di andare in giro a fare danni, l’intervento preventivo cinese è un esempio per fermare ogni forma di speculazione”.

Il braccio destro di Buffett non le ha mandate a dire, insomma. Arrivando ad elogiare l’approccio della Cina all’attuale crisi sanitaria. “In quanto stato totalitario, la Cina ha avuto il lusso semplicemente chiudere il paese per sei settimane in risposta alla pandemia di Covid-19. E questa si è rivelata esattamente la cosa giusta da fare”. Ad essere sinceri, non è la prima volta quest’anno che Munger ha dispensato complimenti alla Cina.

Durante l’assemblea annuale degli azionisti di Berkshire all’inizio di maggio, Munger ha affermato che “il governo cinese consentirà alle imprese di prosperare, sollevando velocemente 800 milioni di persone dalla povertà. E non c’è mai stato niente di simile nella storia del mondo”. Anche lo stesso Buffett però, ha un senso tutto suo per la Cina, come emerso dall’ultima lettera agli azionisti di Berkshire. La quale ha evidenziato come la holding del tycoon abbia in portafoglio una partecipazione maggiore nella casa automobilistica elettrica cinese BYD rispetto a quella detenuta nella General Motors.

Il tutto mentre pochi giorni fa ha annunciato l’alleggerimento del suo portafoglio dalle azioni Apple nel primo trimestre del 2021. La Berkshire possedeva circa 1 miliardo di azioni Apple alla fine del secondo trimestre 2020, ma la posizione è stata ridotta a meno di 900 milioni oggi. Insomma, America First, anche no.

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