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Meno Cina e più alleati. Così gli Usa difendono la base industriale

La task force del Congresso americano dedicata alla base industriale della Difesa ha pubblicato il suo atteso report. Contiene sei raccomandazioni per il Pentagono, già impegnato ad aumentare il controllo sulla filiera per ridurre la dipendenza dalla Cina sulle terre rare ed evitare l’esposizione a investimenti backdoor. E c’è anche un invito agli alleati…

La Difesa inizia dalla base industriale. È per questo che gli Stati Uniti hanno intrapreso negli ultimi mesi una serie di iniziative per aumentare il controllo delle filiere coinvolte nella sicurezza nazionale. L’ultima in ordine di tempo arriva dal Congresso, con la pubblicazione del report predisposto dalla “Defense critical supply chain task force”.

LA TASK FORCE

Il tema non è nuovo. Da anni la Difesa americana ragiona su come incrementare la sicurezza della filiera industriale. L’esigenza è aumentata con la pandemia, che ha provocato ovunque ristrettezze di liquidità, esponendo le piccole realtà dell’enorme filiera a investimenti backdoor di avversari (Cina in testa). E così la nuova amministrazione ha accresciuto il suo focus. Già a febbraio Ely Ratner, scelto da Joe Biden per guidare la task force del Pentagono specificatamente dedicato alla Cina, definiva “a huge priority” il controllo della catena di fornitura dell’industria americana rispetto alle azioni del Dragone, tra la dipendenza sui metalli rari e gli investimenti backdoor.

L’IMPEGNO DI BIDEN

A fine febbraio il presidente Biden ha firmato un apposito ordine esecutivo per le catene di fornitura coinvolte nella sicurezza nazionale, richiedendo un approccio whole-of-government per identificare strategie di rafforzamento. Cento giorni dopo, il mese scorso, la Casa Bianca ha pubblicato la “Supply chain review”, rivolta a molteplici dipartimenti (Commercio, Energia, Difesa e Sanità). Il documento ha rilanciato l’attenzione su alcune criticità per la sicurezza Usa. Dalla produzione di semi-conduttori alle batterie ad elevata capacità, dalla ricerca farmaceutica ai materiali critici, invita ad aumentare la “resilienza” delle catene di forniture.

LA TASK FORCE DEL CONGRESSO

Intanto, lo scorso marzo, sulla scia delle diffuse preoccupazioni si è mosso anche il Congresso. Il comitato Armed services della Camera, presieduto da Adam Smith, ha attivato un task force bipartisan per identificare opportunità di rafforzamento della base industriale, la “Defense critical supply chain task force”. Ne ha affidato la co-presidenza alla democratica Elissa Slotkin e al repubblicano Mike Gallagher, impegnati negli ultimi mesi ha incontrare i vari protagonisti del settore, esperti, funzionari del Pentagono e rappresentanti industriali. Il frutto del loro lavoro è confluito in un report di circa venti pagine che riassume audizioni, interventi e contributi, producendo sei raccomandazioni per il dipartimento. Il tutto è stato presentato ieri dai due co-presidenti all’evento organizzato dal Cnas, autorevole think tank di Washington, moderati da Martijn Rasser, senior fellow e direttore del programma “Technology and national security”.

I SUGGERIMENTI PER LA DIFESA

La prima raccomandazione non ammette distrazioni: il Pentagono “deve trattare la sicurezza della catena di fornitura come una priorità strategica per la Difesa”. Il dipartimento è già tenuto a valutazioni periodiche sulla sicurezza della filiera, ma al momento manca “una strategia onnicomprensiva tra il dipartimento e le forze armate”. In tal senso, la task force suggerisce di rendere obbligatorio per il Pentagono (mediante atto legislativo) un sistema per monitoraggio continuo, valutazione e mitigazione di rischi a livello “department-wide”.

IL CONTROLLO CHE MANCA

La seconda raccomandazione mira ad aumentare “la visibilità sulla catena di fornitura” da parte del Pentagono, in particolar modo per i prodotti disponibili sul mercato commerciale, per cui “non dovrebbe fare esclusivamente affidamento sulle informazioni fornite dall’industria”. Anche in questo caso si suggerisce dunque di rendere obbligatorio per il dipartimento la mappatura, entro un anno, degli strumenti disponibili in commercio impiegati dalla Difesa americana e delle relative catene di approvvigionamento.

AUTONOMIA NELLA FILIERA

Il punto più delicato resta tuttavia “l’affidamento sugli avversari per materie prime e produzione”, per cui la task force raccomanda una “riduzione” non solo al Pentagono, ma “agli Stati Uniti nel complesso”. Una “quantità significativa di materiali utilizzati dalla base industriale della difesa proviene esclusivamente dalla Repubblica popolare cinese”, nota la task force. Dunque, dopo aver mappato la questione, “il Dipartimento deve lavorare lavorare con l’industria, gli alleati e le nazioni partner per ridurre la dipendenza dalla Cina”. Anche per questo si raccomanda di rendere obbligatori per legge l’identificazione di forniture e materiali in arrivo da avversari e l’attuazione di un piano per ridurne il peso nella filiera Usa.

IL TEMA DELLA PRODUZIONE

A tal fine si lega la quarta raccomandazione: “facilitare lo sviluppo della forza lavoro”, ridottasi drasticamente negli ultimi anni. Già a gennaio del 2018 un report della Casa Bianca dedicato alla filiera della Difesa metteva in guardia: “Molte società multinazionali ad alta tecnologia hanno stabilito strutture di ricerca e sviluppo in Paesi come India e Cina per la possibilità di accesso a manodopera a basso costo e altamente qualificata”. Per invertire il trend, la task force della Camera propone di “creare una partnership costruttiva tra dipartimento, industria, accademia, mondo del lavoro e altre entità federali e locali”, concentrando gli sforzi sulla formazione di nuove competenze da impiegare nel ciclo produttivo. L’obbligo suggerito riguarda la creazione di una “coalizione” tra i soggetti coinvolti, industria, scuola e università per “concentrarsi sullo sviluppo della carriera nei settori manifatturieri e altre aree necessarie per preservare catene di approvvigionamento critiche”.

LA COLLABORAZIONE CON GLI ALLEATI

La quinta raccomandazione guarda oltre i confini nazionali e si riferisce alla “National technology and industrial base” (Ntib), il framework dei soggetti coinvolti in ricerca, sviluppo, produzione e mantenimento di prodotti e servizi entro gli Stati Uniti, allargato dal 2017 anche a Canada, Australia e Regno Unito. La task force invita a “enfatizzare il valore di un’ampia collaborazione con la Ntib”, promuovendo anche aggiornamenti regolatori per aumentare il grado di cooperazione, anche oltre il perimetro attuale del framework, con riferimento ad “altri stretti alleati e partner che indubbiamente affrontano le stesse sfide di over-dipendenza da fornitori russi e cinesi”.

LE TERRE RARE

Infine le terre rare, tema già da tempo all’attenzione del Pentagono (e di altri dipartimenti Usa), considerando che Pechino può vantare pressoché un monopolio globale, coprendo il 60% della produzione globale (secondo alcune stime anche l’80%). Sono i famosi 17 elementi della tavola periodica, risorse essenziali per realizzare tecnologie di base e avanzate, il cui utilizzo è in crescita, pervasivo e trasversali a molti settori. La task force suggerisce al Pentagono di schierare “l’intera forza dell’innovazione americana” per proteggere la filiera che coinvolge terre rare. Dunque, “diversificare le fonti, ridurre al minimo la dipendenza dalla Cina, ricercare soluzioni globali con accordi e collaborazioni con alleati e partner”. Di più: “Lo sviluppo di tecnologie e metodi alternativi per l’estrazione, la lavorazione e il riciclaggio a sostegno della diversificazione è fondamentale”.


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