Intervista a Regina De Albertis, presidente di Ance Giovani e di Assimpredil, l’associazione delle aziende edili di Milano, Lodi, Monza e Brianza. Dopo le semplificazioni – ha affermato – occorre mettere mano alla disciplina dei contratti pubblici. Stop alla cultura del sospetto, ci vuole una nuova partnership tra pubblicato e privato. “Mario Draghi? Sa interloquire con l’impresa e comprenderne ragioni ed esigenze”
“Bene le semplificazioni, ma non è sufficiente: è arrivato il momento di riscrivere il codice degli appalti”. E ancora, sull’eterno dibattito in corso in Italia in merito al ruolo esercitato dall’Autorità Nazionale Anticorruzione: “Basta con la cultura del sospetto: occorre una nuova alleanza tra impresa e pubblica amministrazione”. Parola di Regina De Albertis, presidente di Ance Giovani e di Assimpredil, l’associazione delle imprese edili di Milano, Lodi, Monza e Brianza.
Ad avviso dell’imprenditrice, “il Pnrr riconosce finalmente l’importanza del settore delle costruzioni”. Come ha ricordato anche questa mattina Il Sole 24 Ore, dei circa 222 miliardi di investimenti previsti nel complesso, ben 107,7 – quasi la metà, il 48% – “interesseranno l’edilizia, il 40% dei quali coinvolgerà direttamente i territori e i rispettivi enti locali”. In quest’ottica – ha sottolineato ancora De Albertis – “è fondamentale che si riescano a spendere effettivamente queste risorse. Sappiamo da questo punto di vista che la tempistica è davvero strettissima: il 70% dovrà essere impegnato entro la fine del 2022 e il restante 30 entro il 2023”.
Anche perché i nostri trascorsi in questo senso sono a dir poco negativi. Non è così?
Altroché. Secondo l’ultimo aggiornamento Ance dello scorso marzo, sono 739 i cantieri fermi nel nostro Paese per problemi amministrativi: una miriade di piccole e grandi opere pubbliche, il cui valore complessivo ammonta a circa 72 miliardi di euro, bloccate da colli di bottiglia e intoppi burocratici di vario tipo.
Teme che anche gli interventi del Pnrr possano fare la stessa fine?
Con queste regole ho paura che le risorse rimangano incagliate. Bene quanto si sta facendo con il decreto semplificazioni e con gli altri provvedimenti allo studio, ma non è sufficiente. Allocare i fondi non basta, occorre poterli spendere e riuscire ad aprire i cantieri nei tempi prescritti.
Cosa chiedono i costruttori?
Il decreto semplificazioni contribuisce certamente a creare un clima più favorevole agli investimenti e interviene su alcuni dei nodi che impattano sul sistema di realizzazione delle opere nel nostro Paese. Però allo stesso tempo bisogna mettere mano alle riforme strutturali indispensabili per ridare al Paese l’efficienza perduta: è da troppo tempo che viaggiamo con il freno a mano tirato.
Si riferisce al codice degli appalti?
Esattamente, è arrivato il momento di riscriverlo. Penso che su questo siano tutti d’accordo. Basta modifiche spot e interventi derogatori che creano sovrapposizioni normative di sempre più complessa applicazione. Ci vuole una riforma organica della materia.
Senta De Albertis, sempre secondo i dati diffusi oggi dal Sole 24 Ore, il Superbonus ha iniziato a ingranare la marcia. E’ questa la strada giusta?
Il Superbonus è una misura di straordinaria importanza, che però necessita ancora di alcuni accorgimenti: innanzitutto lato amministrativo come si sta facendo anche con il decreto semplificazioni all’esame del Parlamento e poi anche sotto il profilo della tempistica. La proroga è fondamentale: dobbiamo dare ai cittadini e ai condomini tempistiche certe e di media gittata. Si tratta di lavori che richiedono una programmazione il cui orizzonte temporale deve essere per forza di cose chiaro e sufficientemente lungo.
E in tutto questo, a suo avviso, quale deve essere il ruolo dell’Anac? Pensa sia necessario rivederne in qualche modo il raggio d’azione?
Per troppo tempo in Italia siamo partiti dal presupposto che il costruttore sia un ladro da limitare e imbrigliare con una serie infinita di lacci e lacciuoli. Ma in realtà le cose sono esattamente il contrario: questo groviglio di regole e di norme finisce per favorire il malaffare e danneggiare gli imprenditori seri e corretti, che ovviamente rappresentano la quasi totalità. Un clima che si ripercuote pesantemente anche sull’efficienza delle stazioni appaltanti. Per queste ragioni penso occorra darsi una nuova ottica di partnership tra pubblico e privato, anche perché gli interessi in gioco sono condivisi: dobbiamo remare tutti nella stessa direzione. Basta con la cultura del sospetto.
Con il governo Draghi pensa che la percezione nei vostri confronti abbia iniziato a cambiare?
Il nostro settore, come associazione lo ricordiamo a ogni piè sospinto, ha una valenza centrale, innanzitutto dal punto di vista economico visto che con tutta la filiera vale il 20% del prodotto interno lordo italiano. Ciononostante non ha ottenuto, soprattutto negli ultimi anni, un riconoscimento adeguato sotto il profilo istituzionale. Basta pensare alla legge sulla rigenerazione urbana che ufficialmente si chiama sul consumo di suolo. Anche qui un’accezione negativa, che prima di tutto emerge dalle parole utilizzate.
E adesso invece?
Mi pare ci siano tutte le condizioni affinché Mario Draghi possa portare avanti il suo programma. Avvertiamo il carisma del presidente del Consiglio, la sua capacità di interloquire con il mondo dell’impresa, di comprenderne le ragioni e le esigenze. Non ci resta che sperare che questo clima resista nel tempo e vada oltre questo governo.
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